[ 1. Chiesa e mass-media ] [ 2. Verso un marketing del sociale ] [ 3. Comunicare l'invisibile ] [ 4. Solidarietà e inganno ]
[ 5. I soldi dei poveri per fare informazione ] [ 6. La testata informativa "Caritas Insieme" ] [ Un pò di storia ]


1) Chiesa e mass media

1.1) Strumenti della comunicazione sociale

Il dibattito sul rapporto Chiesa e mass media non sarebbe completo se non comprendesse il contributo autorevole del magistero. Il Papa, per indicare la stampa, il cinema, la radio-televisione e gli altri mezzi di comunicazione dalle stesse caratteristiche, ha preferito la terminologia "strumenti della comunicazione sociale".
"Sociale" ha un senso specifico e non generico in quanto riferito ad "uno degli aspetti che caratterizzano la nostra epoca", cioè la socializzazione, "intesa come progressivo moltiplicarsi di rapporti di convivenza, con varie forme di vita e di attività associata, ed istituzionalizzazione giuridica" .


1.2) Etica nelle comunicazioni sociali

Tutte le comunicazioni, "devono essere aperte alla comunione fra persone. Per diventare fratelli e sorelle è necessario conoscersi. Per far ciò è importante comunicare più estesamente e più profondamente" . Inoltre non bisogna perdere di vista "il benessere e la realizzazione dei membri della comunità nel rispetto del bene di tutti. Per discernere il bene comune sono tuttavia necessari la consultazione e il dialogo. È fondamentale che gli operatori delle comunicazioni sociali si impegnino in un dialogo di questo tipo e accettino la verità su ciò che è bene. E in questo modo che i media possono adempiere al loro obbligo di testimoniare la verità sulla vita, sulla dignità umana, sul significato autentico della nostra libertà e mutua interdipendenza" .
"I mezzi di comunicazione sociale possono diffondere la disinformazione e l'informazione fuorviante, promuovere la volgarità e la banalità. La riduzione a stereotipi, basata sulla razza e sull'appartenenza a diverse etnie, sul sesso e sull'età e su altri fattori, fra i quali la religione, è una realtà dolorosamente diffusa. […]
Invece di essere una comunità mondiale, la rete del futuro potrebbe trasformarsi in una rete vasta e frammentata di individui isolati, api umane nelle loro celle, che interagiscono mediante dati invece che direttamente fra loro. Che cosa ne sarebbe della solidarietà, che cosa ne sarebbe dell'amore in un mondo così? […]
Le difficoltà intrinseche della comunicazione spesso vengono ingigantite dall'ideologia, dal desiderio di profitto e di controllo politico, da rivalità e conflitti fra gruppi."


1.3) Comunicare la vita reale

La religione cattolica non si esaurisce in pratiche di culto privato, ma investe l'uomo in tutta la sua vita interiore ed esteriore; polarizzandone interessi e comportamenti verso un fine personale e sociale ultraterreno, escatologico, ma non per questo estraniandolo dalla storia, bensì impegnandolo a realizzare lo sviluppo umano integrale voluto da Dio, creatore e redentore di tutto l'uomo e di tutto il suo universo. La Chiesa ha dunque la missione, primordiale ed universale, essenziale ed irrinunciabile, di comunicare agli uomini il "messaggio della salvezza" non solo trasmettendolo loro nelle fonti scritte, ma anche mediante il suo magistero vivo.
"Fondata per portare la salvezza a tutti gli uomini, e posta perciò nell'urgente necessità di diffondere il Vangelo, la Chiesa cattolica ritiene suo dovere predicare loro l'annuncio della salvezza anche con questi strumenti. Spetta, dunque, alla Chiesa il diritto nativo di usare e possedere questi strumenti, in quanto necessari o utili alla sua globale opera salvifica delle anime" . Basti ricordare che, dopo venti secoli di cristianesimo, proprio questi due strumenti hanno reso tecnicamente possibile l'esecuzione dell'ordine dato da Gesù Cristo agli apostoli ed ai loro successori: "Andate e predicate il Vangelo a tutte le genti sino agli estremi confini della terra" (At 1,8). Dato che l'opera di evangelizzazione della Chiesa sino ad oggi ha potuto contare quasi soltanto sulla debole voce dei predicatori e sul lento passo dei missionari, i mezzi di comunicazione sociale hanno reso tecnicamente attuabile un altro comandamento di Cristo: "Quel che avete udito nelle orecchie, predicatelo sui tetti" (Mt 10, 27).
Tuttavia, l'interesse prevalente della Chiesa per questi strumenti non s'ispira alle loro potenzialità di predicazione diretta, ma piuttosto alla loro azione globale sull'uomo e sul mondo odierno. Stampa, cinema e radio-televisione fanno e sono la "cultura" dell'umanità odierna, cumulando e livellando quanto dagli individui e dai gruppi viene acquisito, appreso e trasmesso; investendo e rappresentando la totalità della vita sociale, inducendo forme comuni del vivere, del pensare, dell'agire; sempre più avanzando sull'azione propriamente educativa svolta in passato quasi esclusivamente dalla famiglia, dalla scuola e dalla Chiesa.
In questa situazione, l'interesse della Chiesa va, in primo luogo, alla quantità e alla qualità dei contenuti che vengono comunicati dagli strumenti, e poi anche al modo proprio di comunicare degli stessi, secondo che vi rilevi fattori più o meno favorevoli ad un autentico ed integrale perfezionamento dei singoli e della società.
Quel che la Chiesa auspica è che i contenuti delle "comunicazioni sociali" rispettino sempre l'uomo nella sua integrale realtà esistenziale umana. Perciò che "l'informazione, nel suo contenuto, sia sempre vera e, fatte salve la giustizia e la carità, anche intera"; che nelle opere di ingegno o di arte si ricorra pure "alla narrazione, descrizione e rappresentazione del male morale..., che può indubbiamente contribuire ad una più profonda conoscenza ed analisi dell'uomo, ed a manifestare ed esaltare lo splendore del vero e del bene, oltre che a creare più felici effetti drammatici"; e che in ogni caso, anche "mediante l'uso di questi strumenti, si formino e prevalgano opinioni rette". Il mondo dei mezzi di comunicazione sociale a volte appare come un ambiente ancor più ostile all'evangelizzazione di quello pagano in cui agivano gli apostoli. I comunicatori cristiani hanno un compito profetico, una vocazione: parlare contro i falsi dei e idoli di oggi, il materialismo, l'edonismo, il consumismo, il gretto nazionalismo."


1.4) Pastorale della formazione

L'odierna pastorale della Chiesa in merito alle comunicazioni sociali punta a creare le condizioni oggettive per assicurarne un uso retto: pilastro diventa dunque la formazione. Da un lato dei promotori della comunicazione: a conoscere ed a padroneggiare con senso di responsabilità sociale le prestazioni degli strumenti per poi "regolare i propri interessi economici, politici ed artistici in modo da non andar mai contro il bene comune". Da l'altro lato dei ricettori della comunicazione, dato che di fatto "comunicazioni sociali di ogni tipo, contenuto e qualità sono messe alla portata di ricettori di qualsiasi età e livello culturale"; così che essi siano resi capaci di "scelte sempre libere e responsabili..., di comprendere bene e a fondo quanto vedono, leggono o ascoltano... e darne giudizi oggettivamente motivati".
Come in ogni borgo, anche nel villaggio globale gli abitanti, per diventare grandi, devono avere dei riferimenti visibili: forse con i mezzi di comunicazione al posto del campanile e del pulpito, la Chiesa sarà sempre in mezzo alla piazza e nel cuore degli uomini.


1.5) Tra pubblico e privato: una sussidiarietà tutta da imparare

Il mercato mediatico europeo è ormai liberalizzato, anche se con modalità differenti da Paese a Paese. La Svizzera, secondo alcuni è l'ultimo "baluardo sovietico" in materia televisiva. Il monopolio statale è saldamente ancorato ai sui privilegi e lo spazio reale per la libertà d'iniziativa è alquanto ridotto. Facendo un po' di conti il Ticino risulta essere, nonostante tutto, il Cantone svizzero con più alta densità di mezzi di comunicazione. "Il giudizio che si può dare su questa vivacità comunicativa è sicuramente positivo. […] La mentalità elvetica è molto chiusa verso lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione soprattutto se privati. E' molto chiusa nei confronti della comunicazione elettronica."
Evidentemente non è oro tutto quello che luccica, le cose non sono così facili come potrebbero sembrare a prima vista, perché "la televisione, lo sappiamo tutti, è particolarmente macchinosa e costosa. Allora bisogna fare il passo secondo la gamba, è necessario avere i mezzi per poter costruire ed utilizzare adeguatamente la televisione, un mezzo molto più caro, molto più dispendioso di quanto non siano la radio e la stampa scritta. Di questo bisogna tener conto per raggiungere quel livello minimo di professionalità, richiesta per utilizzare la televisione con criteri televisivi e non trasferire la radio o i giornali sullo schermo. La messa in onda di un messaggio, di una comunicazione televisiva richiede un sacco di soldi." Quindi non si può improvvisarsi giornalisti televisivi, ma l'esperienza di Caritas Insieme è positiva anche dal punto di vista qualitativo. "Il fatto che Caritas Insieme vada in onda su TeleTicino è un fatto importante, perché dimostra che una sana collaborazione con i privati si può creare. Chiudersi alla televisione è assolutamente negativo. Non si può più pensare di comunicare il messaggio della Chiesa, solo attraverso le trasmissioni settimanali che parlano del Vangelo di domani. Non può essere questa l'informazione del mondo cattolico di oggi se si vuole raggiungere una vasta fetta di pubblico."


1.6) Rinnovare la cultura ecclesiastica

Per usare i media bisogna diventare mediatici, ma soprattutto è necessario rinnovare la cultura ecclesiastica. Non basta un adeguamento di tipo professionale e tecnico.
"Probabilmente c'è dietro un impianto mentale un po' clericale in molta parte della Chiesa. Intendo, più ancora della gerarchia ecclesiastica, dell'establishement intellettuale-culturale della Chiesa, nella Svizzera tedesca in particolare. E forse anche un po' nella Svizzera romanda. Il fatto cristiano è ancora molto identificato riduttivamente, e questo è uno dei grandi drammi della Chiesa contemporanea, con una dottrina, con un'etica, con dei riti. Questa in realtà non è l'essenza dell'avvenimento cristiano. Non è prima di tutto dottrina, i dieci comandamenti, la Santa Messa; è un fatto, proprio come il Papa ha ricordato più volte. Questo fatto si chiama Gesù di Nazareth, cioè un uomo che ha preteso di essere Dio, che è morto e risorto e grazie al fatto che è risorto è continuamente presente negli uomini che ha chiamato e che ha messo insieme, cioè la Chiesa. Se la Chiesa comincia a essere ricompresa e vissuta così, probabilmente si scongela e si decongestiona anche un modo piuttosto rigido, gerarchicamente controllato, attento ai punti e alle virgole come se si trattasse fondamentalmente di trasmettere un messaggio astratto, intellettuale. Credo che dentro ad una concezione più ampia, reale, cattolica e libera del fatto Cristiano, ci si potrebbe muovere con meno rigidità, evitando questa eccessiva prudenza che colgo anch'io in tanti colleghi che hanno posizioni di comando nell'establishment della Chiesa svizzera."