Danzare la Parola
Di Marco Dania
Assistente diocesano della pastorale giovanile
Nella società attuale, sempre più, si ravvisa il bisogno di riscoprire appieno la dimensione spirituale, poiché lo sviluppo del materialismo e del consumismo hanno fatto perdere il senso più vero della vita. L’uomo postindustriale, affetto da una profonda crisi d’identità, avverte l’urgenza di ritrovare la propria unità interiore e riscoprire la corporeità come luogo delle relazioni col mondo e con Dio. A tale proposito la danza sacra può rivestire un ruolo determinante, perché attraverso di essa l’uomo cerca la comunione con il divino ed esprime corporalmente la sua spiritualità.
Ma può esistere una forma di danza sacra cristiana che sia coerente con la nostra cultura occidentale? Per dare una risposta è necessario ricorrere ad un’indagine biblica e storica e verificare poi l’attendibilità delle esperienze attuali. Non è possibile, infatti, prescindere, nell’intento di ricercare una forma di danza sacra valida per l’oggi, da un’analisi di questo tipo, attraverso la quale poter scoprire le radici culturali e religiose di tale fenomeno.
Irradiare la Bellezza
«Nel contesto del nostro mondo occidentale, caratterizzato da demotivazioni e stanchezze - afferma il cardinal Martini -… che cosa ci può dare un colpo d’ala, un cambiamento di marcia, un orizzonte di gioia e di speranza? Non basta deplorare e denunciare le brutture del nostro mondo. Non basta neppure per la nostra epoca disincantata parlare di giustizia, di doveri, di bene comune, di programmi pastorali, di esigenze evangeliche… Bisogna irradiare la bellezza di ciò che è vero e giusto nella vita, perché solo questa bellezza rapisce veramente i cuori e li rivolge a Dio».
Spesso la vita di fede è stata concepita come l’osservanza di alcuni obblighi, mentre è dono dello Spirito, rappresentato biblicamente con immagini vive: fuoco, acqua, vento, dono che gratuitamente si riceve e solo gratuitamente si offre. La Chiesa, attraverso l’arte, può rendere non solo percepibile, ma anche affascinante il mondo dell’invisibile. La bellezza, infatti, come sostiene Giovanni Paolo II: «è richiamo al trascendente. È invito a gustare la vita e a sognare il futuro. Per questo la bellezza delle cose create non può appagare, e suscita quell’arcana nostalgia di Dio che un innamorato del bello come sant’Agostino ha saputo interpretare con accenti ineguagliabili: “Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!” ».
Nell’ambito di questa ricerca del Bello con la B maiuscola, nel tentativo di rendere in qualche modo visibile la realtà futura del paradiso, la sua armonia e la sua gioia, anche la danza sacra riveste un ruolo determinante, come autentica forma di trasfigurazione dell’uomo, come apertura al trascendente, come proposta di preghiera contemplativa.
La danza sacra nel mondo biblico
Presso gli Ebrei la danza è una viva manifestazione della vitalità, dell’esultanza e della festa di un popolo, che vive i rapporti in modo naturale, in cui tutte le dimensioni umane sono perfettamente integrate: istinti, mente, cuore, spirito. Nelle feste più importanti d’Israele la danza riveste un ruolo determinante. Pur se non codificata, fa parte delle cerimonie ufficiali con cui tutto il popolo esprime la propria lode ed il riferimento al ruolo delle danzatrici nelle processioni, in alcuni passi, è molto esplicito.
Le danze ebraiche trovano la loro origine nelle danze orientali tipiche d’altri popoli che ne fanno anche un uso espressamente rituale, idolatrico e propiziatorio. Ma quando gli Ebrei se ne appropriano lo fanno con profondo senso del sacro e con l’intento di rivolgersi unicamente a Jhwh. La danza di ringraziamento di Maria per l’attraversata del mar Rosso, le altre danze con le quali si celebrava la vittoria, ritenendone Jhwh l’artefice, ed in particolare la danza di lode di Davide sono una manifestazione del culto vitale del popolo verso Dio. Davide danzando, non solo esprime gioiosamente col suo talento artistico la lode al Signore, ma esercita anche la sua funzione regale, sacerdotale e profetica. La sua danza è una danza processionale per l’intronizzazione dell’Arca e quindi un’autentica danza sacra, cultuale, religiosa e rituale. Anche nel libro dei Salmi, i diversi riferimenti alla danza, ci fanno supporre l’uso processionale liturgico.
L’immagine della danza, infine, è usata anche in senso metaforico per designare sia la gioia dei tempi messianici (cfr. Ger 31, 13), sia il rapporto trinitario che intercorre nella creazione (cfr. Pr 8, 27-31). La Bibbia, quindi, ci conferisce diverse informazioni sull’effettivo utilizzo della danza in senso sacro da parte del popolo ebraico e dei suoi maggiori esponenti, ed esprime, simbolicamente con essa, anche la profondità delle relazioni tra le persone divine.
Nella storia della Chiesa
Non abbiamo documenti che attestino, nei primi secoli, la presenza della danza nelle celebrazioni liturgiche, sappiamo, però, che era utilizzata nei riti di alcune sette ed in occasione di determinate feste, in onore dei santi martiri.
I Padri della Chiesa esprimono, attraverso l’immagine della danza celeste ed il ricorso al commento di alcuni brani biblici, la realtà del paradiso ed invitano i fedeli a tendere verso la loro destinazione futura, danzando nello Spirito. Tra essi Ambrogio afferma che il vero cristiano può danzare di fronte a Dio, come Davide, senza temere di vergognarsi, ma con l’attiva partecipazione dell’anima e del corpo.
Nel medioevo e nei secoli successivi si sviluppa un’ostilità dell’autorità della Chiesa nei confronti della danza, dovuta da un lato agli abusi del popolo e dall’altro alla progressiva diffidenza della Chiesa nei confronti della corporeità. Si riscontrano alcune influenze pagane per via di usi derivati dal mondo romano e germanico, che raggiungono il culmine col fenomeno della danza dei folli. Parallelamente si diffondono anche la pratica delle danze macabre e della danza, come preghiera individuale. Diversi, inoltre, sono in quest’epoca gli inni sacri che invitano i cristiani alla danza.
Nel periodo che va dal rinascimento al XIX sec. si sviluppano da un lato il fenomeno delle danze frenetiche di gruppo, dovute secondo alcuni autori all’estasi, per altri a malattie, dall’altro quello delle danze del clero, che rivestono carattere paraliturgico ed hanno un grande valore simbolico. Sono eseguite nei chiostri in occasione delle feste più importanti, senza regole coreografiche ed accompagnate da canti sacri. Nell’opera dei gesuiti, e dei francescani, inoltre, la danza riveste una funzione educativa o didattica, come forma di rappresentazione della fede.
Quasi tutte le manifestazioni, però, si sono perse nell’arco dei secoli, per via del giudizio negativo da parte dell’autorità ecclesiastica, tranne la processione dei santi danzanti di Echternach in Lussemburgo, in occasione della festa di S. Willebrod e il Baile de los seises nella cattedrale di Siviglia in Spagna, per la festa del Corpus Domini. Possiamo ritenere, infine, il fenomeno della danza spirituale, che si manifesta in persone ispirate come unione mistica, quello più interessante. Il suo carattere è spontaneo e spesso le persone che assistono sono anch’esse coinvolte nella preghiera. Lungo la storia della Chiesa, perciò, anche se non esiste una vera e propria danza liturgica, la pratica della danza sacra è diffusa e complessa.
Alcune nuove esperienze
All’inizio del ‘900, è avvenuta una vera e propria rivoluzione nel mondo della danza che ha influenzato in modo determinante quasi tutte le esperienze di danza sacra sorte negli anni successivi, in particolare negli Stati Uniti. I maggiori esponenti di questa corrente sono: I. Duncan, R. Saint Denis e T. Shawn, D. Humphrey e M. Graham, R. Laban e M. Bejart, ciascuno dei quali o si è occupato direttamente di tematiche religiose, o ha inteso recuperare una dimensione più ricca e profonda della danza come autentica forma di comunicazione col divino.
Tra i diversi pensatori americani che si sono occupati di danza sacra H. Cox è sicuramente il più conosciuto. Egli sottolinea l’importanza del recupero della dimensione festiva della fede, considera la danza un modo di pensare col corpo e ritiene necessario valorizzare la dimensione della corporeità nel culto. In questa direzione procede il Movimento Pentecostale che nei propri incontri di preghiera favorisce l’espressione spontanea, ricorrendo all’uso di gesti e di danze improvvisate, che manifestano la presenza del dono dello Spirito. Molteplici sono inoltre le esperienze in atto negli Stati Uniti, che mirano ad utilizzare principalmente i modelli gestuali provenienti dalla danza contemporanea e da quella terapeutica. Queste esperienze comportano, però, il rischio di perdere di vista la dimensione sacramentale della fede e denotano un certo narcisismo.
In India esiste una tradizione millenaria di danza sacra che in antichità era parte integrante del rituale del tempio. Attualmente nel mondo cattolico si sta cercando di conservare il patrimonio della danza sacra classica, come forma d’evangelizzazione e di recuperare l’esperienza più vivace delle danze d’origine tribale. Non si è trovato, però, il giusto rapporto tra le due forme. Risulta molto interessante l’esperienza del sacerdote verbita F. Barboza che ha fondato a Bombay una scuola di danza sacra all’interno della quale forma alcuni professionisti coll’intento di rappresentare i misteri della fede attraverso la danza tradizionale e giungere ad una sintesi tra vita interiore e gestualità.
La cultura africana considera la corporeità il luogo che consente di entrare in comunione col mondo circostante e col soprannaturale, attraverso la danza, perciò, l’africano manifesta la propria appartenenza alla comunità ed il proprio senso religioso. La danza, pertanto è entrata a far parte anche della liturgia, come compare ufficialmente dal Messale romano per le diocesi del Congo. Lo scopo è creare un ambiente caloroso che favorisca l’incontro con l’altro. Secondo la struttura della liturgia eucaristica la danza è ammessa al Gloria e alla presentazione dei doni. I fedeli possono, inoltre, accompagnare con movimenti ritmici anche il canto d’ingresso e quello finale.
In Europa sorgono le prime esperienze a partire dalla Francia, dove negli anni ‘50 le sorelle Foatelli, costituiscono a Parigi la loro école de danse religieuse dans l’église de rite catholique utilizzando la tecnica del balletto classico. Anche C. Golovine, la più affermata delle praticanti di danza sacra, che ha ricevuto, fra l’altro, il mandato dal vescovo di Avignone di annunciare Cristo attraverso la danza, si basa sulla tecnica del balletto classico, mentre Michaëlle si ispira alla tecnica yoga e realizza delle sequenze gestuali, piuttosto che danze vere e proprie.
In Germania, R. Guardini già negli anni ‘20 prende in considerazione la liturgia come gioco evidenziandone, quindi, l’intensità, la creatività e la dimensione contemplativa. H. Rahner e S. Sequeira, approfondiscono successivamente le sue intuizioni e trattano in modo più specifico l’argomento danza sacra. T. Berger prende in considerazione la danza liturgica che considera come l’espressione corporea dell’esercizio della fede e ritiene che sia possibile danzare in diversi momenti della celebrazione eucaristica, ma le sue proposte sembrano più che altro successioni di movimenti. Particolarmente interessante è il contributo offerto da E. Kohlhaas col suo studio sulla danza nel monastero, dove presenta la propria esperienza, considera la liturgia un evento ricco di movimento e ritiene che possa essere danzato. Ella si domanda, infine, quale possa essere la forma più idonea, sobria e distinta, per realizzare danze sacre rispettose della cultura e della tradizione europea.
La danza meditativa
La danza meditativa ideata da Gazelle all’interno della comunità dell’Arca di Lanza del Vasto e realizzata su canto gregoriano, può rispondere a questa esigenza. Gazelle, infatti, approfondisce la dimensione sacrale delle danze popolari e, attraverso l’ascolto orante del canto gregoriano, realizza una forma totalmente nuova di danza sacra dallo stile sobrio, che consiste nell’imprimere la Parola su di sé, e nel conservare uno stato di autentica preghiera, come riposo sul canto ed abbandono fiducioso nel Signore. La sua danza meditativa rappresenta, perciò, una valida sintesi culturale tra la spiritualità del gregoriano ed il patrimonio gestuale delle danze europee e mediterranee, purificato secondo criteri universali di tecnica di danza sacra.
Essa, infatti, è autenticamente danza, vale a dire movimento ritmico, secondo una sequenza musicale, non semplice espressione corporea. È arte perché corrisponde a delle leggi di stile e d’equilibrio. È popolare, cioè viva e ricca di significati esistenziali, non prettamente tecnica ed artificiale come può essere la danza classica. È sacra perché si svolge nello spazio e nel tempo sacro, in modo simbolico, e perché è concepita esclusivamente come forma di preghiera sul canto sacro. È ecclesiale perché nasce da un’autentica esperienza di fede e d’ubbidienza all’interno di una comunità con una regola ben precisa. È spirituale perché idonea ad esprimere liberamente la lode a Dio attraverso il corpo. Ed infine è liturgica perché, rispettando la spiritualità del canto gregoriano, canto proprio della Chiesa, può essere utilizzata in un contesto liturgico.
L’esperienza della nostra diocesi
Nella nostra diocesi, da alcuni anni e precisamente dal 1997, è in atto una sperimentazione, attraverso la quale, un gruppo di ragazze svolge un servizio di animazione spirituale e liturgica nell’ambito della Pastorale Giovanile. L’iniziativa è nata in occasione della giornata mondiale della gioventù di Parigi; in quella circostanza, è stata realizzata la prima danza sul canto “le mani alzate” che è stata eseguita alla Messa conclusiva dell’incontro di preparazione avvenuto alla Salette. La stessa danza, poi, è stata realizzata alla celebrazione eucaristica presieduta da Mons. Amedeo Grab al Monte Tamaro, durante il primo incontro nazionale dei giovani cattolici svizzeri nel settembre del 1998.
Da allora il gruppo si è allargato e si incontra regolarmente. Sono state create altre danze, rappresentate in varie circostanze, in particolare lo scorso anno a Roma, durante una delle diverse Messe organizzate per gruppi linguistici prima dell’incontro di Tor Vergata, dove è stata eseguita anche una danza realizzata sull’inno della GMG. Di recente, il 5 gennaio a Bellinzona il gruppo ha dato vita ad un incontro di preghiera, rappresentando quasi tutte le danze che sono state create ed ha animato la presentazione del tema del Sacrifico Quaresimale svoltasi l’11 marzo a Lugano.
L’aspetto più interessante della nostra esperienza è che si ispira a quella di Gazelle, e ne conserva la stessa dignità, pur se le danze sono realizzate su musica usuale e non su canto gregoriano. Evidentemente sono meno complesse, ma lo stile è il medesimo, molto sobrio ed estremamente interiore, non ha, quindi nulla a che fare, per esempio, con quello della danza classica. Infatti quando la gestualità della danza classica viene utilizzata per la danza sacra risulta eccessivamente aggraziata e quasi artificiosa.
Il linguaggio gestuale delle danze sacre del gruppo della nostra diocesi è piuttosto semplice basato sulla combinazione armonica di alcuni gesti universali di preghiera e sulla rappresentazione mimica stilizzata del testo sacro, proposto dal canto. Non si ricorre a nessun artificio, ma ci si lascia condurre in modo armonico dalla melodia e soprattutto dal testo. Chi danza non esprime tanto se stesso, quanto piuttosto cerca di imprimere su di sé il testo sacro. Le danzatrici, perciò, sotto l’azione dello Spirito, diventano icone viventi della Parola, dimenticano se stesse e si abbandonano con fiducia nel Signore che, teneramente, plasma la loro vita. Si comprende, allora, che la danza sacra non è uno spettacolo, ma una disciplina spirituale, un mezzo per trasfigurare se stessi, e rendere visibile la gioia e la pace del paradiso.
Io danzavo
Una preghiera scritta da Sydnei Carter, che è un vero e proprio inno a Cristo danzatore, in conclusione, può aiutarci a comprendere ancora meglio l’autentico spirito della danza sacra.
Io danzavo il mattino in cui nacque il mondo,
danzavo circondato dalla luna, dalle stelle e dal sole.
E discesi dal cielo a danzare sulla terra quando venni al mondo a Betlemme.
Io danzavo per lo scriba e per il fariseo,
ma essi non hanno voluto né danzare, né seguirmi;
danzavo per i pescatori, per Giacomo e per Giovanni,
essi mi hanno seguito e sono entrati nella danza.
Io danzavo il giorno di sabato, ho guarito il paralitico,
la gente per bene diceva che era un onta.
Mi hanno frustato, mi hanno lasciato nudo,
mi hanno appeso ben in alto su una croce per morire…
Io danzavo il venerdì santo quando il cielo divenne tenebra
(è difficile danzare con il demonio alle spalle).
Hanno seppellito il mio corpo ed hanno creduto che fossi finito,
ma io sono la danza e conduco sempre io il ballo.
Hanno voluto seppellirmi, ma sono rimbalzato ancora più in alto,
perché io sono la vita, la vita che non può morire:
io vivo in voi e voi vivete in me, perché io sono il Signore, il Signore della danza.
Danzate, ovunque voi siate,
perché io sono il Signore, il Signore della danza
e io conduco la vostra danza, ovunque voi siate,
io
condurrò la vostra danza.