Chi
ha PAURA del LUPO cattivo?
Finanza
ed etica sono davvero inconciliabili? Qualche parola sul mondo apparentemente
intoccabile dell’economia finanziaria per una ecologia sociale
Di Dante Balbo
Da
anni Caritas Ticino si è impegnata in una riflessione sul rapporto economia
e lavoro, bene comune e società civile, sviluppo economico e salvaguardia della
dignità della persona.
Non si tratta naturalmente
di un vezzo nostro, né di un’attenzione originale, visto che è il tema essenziale
della dottrina Sociale della Chiesa degli ultimi cento anni.
Cade perciò particolarmente a proposito un contributo della rivista La Società
edita dalla Cooperativa "Cercate", che nell’ultimo numero del 1999
insieme al trimestrale, ha pubblicato un mini dossier su "Etica e Finanza".
Come molti di questi fascicoli, preparati appositamente per una sintesi che
sia di aiuto agli animatori di dibattiti o di corsi sui temi socio-economici,
anche questo condensato ci illustra egregiamente la situazione, il punto di
vista della chiesa, le prospettive e i segni che le accompagnano.
Quello che troverete qui di seguito non è un riassunto del fascicolo, che sarebbe
come tentare di liofilizzare il latte in polvere, ma una breve riflessione a
partire da esso.
La sua lettura del resto è agevole e rapida e la consigliamo vivamente.
La "Finanza", serva-padrona dell’economia.
Nel 1997, in una sola notte, qualcosa come 12 miliardi di dollari
si volatilizzarono letteralmente dai mercati asiatici, provocando quella crisi
che rallentò l’economia mondiale e preoccupò non poco gli organismi di controllo
economico e le banche centrali di molti paesi.
Le conseguenze sull’economia reale dei paesi dell’est asiatico furono impressionanti
e 13 milioni di persone persero il posto di lavoro.
Tutto questo non per una crisi effettiva delle economie di produzione di beni
e servizi, ma per la fluttuazione dei mercati finanziari.
E’ una sensazione diffusa nel pubblico medio, ma anche fra gli operatori, che
il mercato della finanza, arricchitosi negli ultimi decenni di strumenti sempre
più sofisticati, sfugga al controllo di chiunque, abbia, per così dire, una
vita propria, autonoma.
Il dato più evidente è la separazione sempre più accentuata dall’economia reale,
di questa parte del mercato, nata al servizio delle imprese pubbliche e private,
ma che ora è più vera del vero, più reale del reale.
La inclusione di un certo settore del mercato economico di prodotti e di servizi
è funzionale al suo vantaggio finanziario, più che sociale ed economico in senso
proprio.
La chiusura o lo spostamento di un’impresa non è solo funzionale al minor costo
della manodopera, ma risente delle possibilità di investimento in quei paesi
o alla convenienza di mantenere o trasformare in un reddito puramente finanziario,
quel capitale immobilizzato in un processo produttivo.
La globalizzazione dei mercati ha prodotto un movimento vertiginoso di capitali
con cifre che anche chi le possiede, non riesce a immaginare tutte insieme.
Si pensi ad esempio che l’ebraico non conosce numeri superiori alle migliaia
nel suo vocabolario e oggi circolano oltre 5 miliardi di dollari al giorno,
viaggiando alla velocità della luce, sui terminali di borse, banche, fiduciarie
ecc.
Come ogni regnante, la finanza non porta con sé solo devastazione per i più
deboli, ma anche benefici che indirettamente ricadono sulla massa dei suoi sudditi.
Lo sviluppo dei mass media, delle telecomunicazioni, dell’informatica, di cui
tutti in Occidente godiamo ogni giorno, è una conseguenza diretta e funzionale
dello sviluppo dell’economia finanziaria.
Un effetto della globalizzazione è la diversificazione delle risorse finanziarie
e la possibilità anche se limitata, di offrire spazi economici ad imprese un
tempo senza speranza di integrazione.
Se è vero che il processo degli scambi finanziari sfugge al controllo individuale
e addirittura degli stati, la partecipazione ai mercati finanziari è aperta
anche al piccolo risparmio e ad investimenti minimi. La tendenza dei consumatori
quindi non è un elemento irrilevante nel gioco complessivo.
Dall’ostilità alla prudenza
Con buona pace per coloro che ritengono la Chiesa una specie
di istituzione parallela, di fatto assoggettata, che sfruttando il contenuto
religioso di fatto sostiene il capitale e il capitalismo, si osserva che nel
suo magistero l’attacco contro il capitalismo selvaggio è stato tanto duro quanto
quello contro l’ideologia marxista.
La Domina sociale della Chiesa non ha ancora elaborato una riflessione sistematica
sul problema dell’avvento dell’economia finanziaria, probabilmente perché come
tutti è stata spiazzata dalla velocità di sviluppo di questo sistema di sviluppo
mondiale.
Tuttavia vi sono alcune linee che sono chiare nei documenti ecclesiali:
- Il principio di solidarietà, come valore che garantisca democrazia e trasparenza
nelle decisioni economiche;
- Il principio della responsabilità etica personale, che non può essere eluso
dall’anonimato dell’intervento finanziario;
- Il principio della destinazione universale dei beni, che implica una dimensione
etica nella scelta degli investimenti;
- Il principio di sussidiarietà, per ricondurre la finanza nel suo giusto rapporto
di sussidio all’economia reale.
Oggi sarebbe anacronistico contestare la finanza integralmente e senza possibilità
di scorgerne gli aspetti di sviluppo reale e di beneficio effettivo.
Lo sa bene anche la Chiesa che soprattutto nel pontificato di Giovanni Paolo
II sta sviluppando un rapporto più articolato e dialettico fra i principi della
dottrina sociale e lo sviluppo dell’economia finanziaria.
Alcuni
esempi di interventi del Magistero
1. "E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza del’economia in mano a pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui però dispongono a loro piacimento". 2. "Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il danaro, lo fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima del’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare". 3. "I facili guadagni, che l’anarchia del mercato apre a tutti, allettano moltissimi allo scambio e alla vendita, e costoro unicamente agognando di fare guadagni pronti e con minima fatica, con le sfrenate speculazioni fanno salire e abbassare i pressi secondo il capriccio e l’avidità loro, con tanta frequenza che mandano fallite tutte le previsioni dei produttori". 4. "Ciò [il coordinamento del’economia con le esigenze della politica] implica anche la ricerca di strumenti giuridici idonei, per un effettivo "governo" sovranazionale del’economia: a una comunità economica internazionale deve poter corrispondere una società civile internazionale capace di esprimere forme di soggettività economica e politica ispirate alla solidarietà e alla ricerca del bene comune in una visione sempre più ampia, fino ad abbracciare il mondo intero". 5. "I processi di globalizzazione dei mercati e delle comunicazioni non possiedono di per se stessi una connotazione eticamente negativa, e non è pertanto giustificato di fronte ad essi un atteggiamento di condanna sommaria e aprioristica. Tuttavia, quelli che, in linea di principio, appaiono come fattori di progresso, possono generare, e di fatto già producono conseguenze ambivalenti o decisamente negative, specialmente a danno dei più poveri". 6. "Non è sufficiente rispettare leggi locali o regolamenti nazionali; è necessario un senso di giustizia globale, pari alla responsabilità che sono in gioco, prendendo atto della strutturale interdipendenza delle relazioni tra uomini al di là delle frontiere nazionali. Nel frattempo, è assai opportuno appoggiare ed incoraggiare quei progetti di "finanza etica" di micro-credito e di "commercio equo e solidale" che sono alla portata di tutti e possiedono una positiva valenza anche pedagogica nella direzione della corresponsabilità globale". 7. "Oggi è in atto la cosiddetta mondializzazione del’economia, fenomeno, questo, che non va deprecato, perché può creare straordinarie occasioni di maggior benessere. Sempre più sentito, però, è il bisogno che a questa crescente internazionalizzazione del’economia corrispondano validi organi internazionali di controllo e di guida, che indirizzino l’economia stessa al bene comune, cosa che ormai un singolo Stato, fosse anche il più potente della terra, non è in grado di fare". 8. "Ormai funziona ventiquattro ore su ventiquattro, su scala planetaria, un mercato monetario e finanziario a carattere largamente speculativo. Esso contribuisce ad aumentare, in un modo che alcuni stimano eccessivo, il peso degli aspetti finanziari delle decisioni rispetto a quello dei loro aspetti economici e umani; in questo modo, molti paesi diventano sempre meno padroni del proprio destino". |
Solo pie illusioni?
La forza delle idee è straordinaria e non possiamo escludere
che i principi della dottrina sociale della Chiesa possano affermarsi, per una
serie di ragioni, non solo riconducibili alla signoria di Dio sulla storia.
Il valore del segno
Anzitutto si deve osservare che realtà finanziarie eticamente
orientate già esistono, per cui non si può non tenerne conto.
Valgano per tutti due esempi: le esperienze di microcredito in Asia, Africa
e America Latina, le banche etiche, due in Svizzera e una in Italia.
Che questa tendenza stia prendendo piede, d’altra parte lo dimostrano i pacchetti
a valenza etica offerti anche da istituti di credito che non hanno fatto questa
scelta come prioritaria.
Basta d’altra parte accendere il televisore e osservare ad esempio la presenza
di spots pubblicitari per il commercio equo o il marchio Max Avelar, per scopertine/coprire
che questo tipo di produzione è uscito dal cerchio ristretto delle botteghe
alternative.
Un
aiuto insospettabile
Infine, non è impensabile che la cultura ecologica, che si è diffusa
ampiamente in questa ultima metà di secolo potrebbe venire in aiuto proprio
alla regolazione dell’economia finanziaria.
Allargare infatti il mercato alla massa enorme dei piccoli investitori comporta
la necessità di adeguarsi ai loro gusti, tentando di manipolarli, ma inevitabilmente
includendoli necessariamente nei progetti di investimento.
Spetta dunque a coloro che ritengono che l’economia debba essere a misura d’uomo,
trovare il linguaggio per tradurre i principi della dottrina sociale della Chiesa
in valide ragioni economiche di sviluppo reale della civiltà.
L’amplificazione del pensiero ecologico, che non si limiti alla difesa dei panda,
forse, potrebbe essere una strada.