Intervista
a Suor Marti, monaca cistercense a Kismaros
Abbiamo un capo in gamba che veglia su
di noi
Da diversi anni un ponte di solidarietà unisce il Ticino al monastero ungherese
di Kismaros. Su richiesta di Padre Mauro, il ticinese abate di Hauterive, Antonia
Asioli farmacista di Lugano ha iniziato un rapporto di amicizia e di aiuto nei
confronti di un’opera realizzata dal monastero di Madre Agnese: un dispensario
medico. Antonia ha coinvolto altre persone, soprattutto diversi medici cattolici
ticinesi che si sono recati recentemente in Ungheria. A gestire il dispensario
sono il dottor Gabor, oblato del monastero e due monache.
In occasione del loro recente viaggio in Ticino dove hanno ritirato il materiale
sanitario che è stato raccolto per loro, ci hanno raccontato cosa li muove:
Suor Marti:
Innanzitutto devo dire che prima che fisioterapista o studentessa in teologia
sono monaca. Questa è la cosa più importante della mia vita. Vado incontro ai
malati e posso curarli grazie al fatto che ho dedicato delle ore alla preghiera
e alla contemplazione. Se uno è vuoto dentro non ha niente da offrire agli altri,
per avere un equilibrio, per avere una vita equilibrata dobbiamo avere delle
buone fondamenta.
Ho fatto degli studi di teologia, grazie alla nostra Madre badessa, e questo
ci aiuta a servire meglio le persone quando siamo sul posto, ma non siamo sempre
con i nostri malati, c’è un tempo per stare con loro e uno per fare altro. Dobbiamo
vivere in modo equilibrato altrimenti alla fine non abbiamo più niente da offrire.
Il mio lavoro richiede molte forze e a volte nella comunità sono inquieti perché
pensano che io mi stia strapazzando, ma la preghiera delle mie sorelle, che
me le rende presenti sul lavoro mi dà una grande forza e ogni giorno posso cominciare
di nuovo.
E’ vero che per poter andare al passo con i tempi e con le conquiste nel campo
della ricerca sanitaria ci vorrebbe molto più tempo, le cose da imparare sono
sempre tante. Credo che bisogna stare attenti nel rincorrere sempre la novità
e la specializzazione per non rischiare di perdere o trascurare il resto, soprattutto
lo sguardo che occorre sui malati. Chi investe tutto nella formazione non diventa
necessariamente un professionista migliore. La cosa più importante è trovare
un vero equilibrio in tutto quello che si fa.
Lo scopertine/copo
della nostra vita non è risolvere problemi sociali, abbiamo cercato di incontrare
le persone e metterci al loro servizio affinché possano incontrare il Signore.
Durante il comunismo la gente non aveva la possibilità di conoscere la vita
trascendentale e la vita della Chiesa e non capisce il significato della vita
religiosa. Solo attraverso le parole non si possono spiegare queste cose, è
necessario che la gente veda attraverso le opere. Per questo motivo, malgrado
la nostra sia una vita contemplativa, abbiamo scelto di incontrare le persone
e poiché fra di noi ci sono due suore con una formazione sanitaria, io fisioterapista
e una altra suora specializzata in ginnastica sanitaria , assieme al dottor
Gabor abbiamo iniziato questa fondazione che presta cure sanitarie.
Abbiamo costituito un’équipe che offre alle persone un ambiente con un clima
diverso da quello a cui sono abituati. Noi cerchiamo, con il nostro lavoro,
di testimoniare il Cristo e di offrire qualcosa di diverso rispetto agli ospedali
statali.
La nostra è una missione, quando accogliamo i malati non accogliamo solamente
un paziente ma una persona e vorremo dare loro non solamente quello che serve
al corpo ma anche quello che serve al cuore. Cerchiamo di occuparci veramente
dei malati. Non facciamo niente di eccezionale, penso che nelle relazioni umane
questo sia normale, ma nell’epoca in cui viviamo ho l’impressione che le cose
normali siano andate perse.
I valori normali si sono persi e quello che cerchiamo di dare sono cose semplici,
ascoltiamo le persone, le ascoltiamo per davvero.
Credo che questo sia capito dalle persone perché abbiamo gente che viene da
tutta l’Ungheria malgrado noi lavoriamo in un piccolo villaggio. La gente capisce
che non riceve solamente una cura ma che viene accolta e guardata nella maniera
giusta.
Abbiamo
scelto di fare un lavoro completamente gratuito, di non accettare compensi perché
troviamo che quando qualcuno accetta, magari anche delle cose piccole, la relazione
prende una brutta piega, le persone pensano di dover dare qualcosa per ottenere
una prestazione migliore .
Ho dovuto combattere parecchio con i pazienti per far capire che non accetto
niente e quando in seguito hanno capito, c’è stato, da parte loro, un grande
sollievo e i rapporti sono diventati più liberi e molto cordiali. Trovo che
questo aspetto sia molto importante soprattutto rispetto a quello che abbiamo
vissuto nei tempi passati.
I pazienti hanno la possibilità di fare un’offerta, se lo vogliono, alla fondazione,
ma non alle nostre persone. Chi ha capito la bontà di questa cosa e desidera
che continui ad esistere, fa quindi una donazione all’opera stessa, per partecipare
alla causa e aiutare altri malati. Diventa così la possibilità per tutti di
costruire insieme.
Comunque sempre, anche nei momenti più difficili e ne abbiamo passati di veramente
molto difficili, arrivava sempre qualcuno a darci una mano, siamo sempre stati
sorpresi e raggiunti dalla manifestazione della Provvidenza.
Dottor Gabor:
Molti dicono che sia impossibile vivere così, ma nel profondo si capisce che
abbiamo scelto la forma di vita migliore. I soldi deformano sempre la mentalità,
è difficile trovare dei colleghi che pensano come noi, ma fortunatamente ce
ne sono.
Nell’amicizia nata con i medici ticinesi la cosa più importante non è stato
il sostegno tecnico o finanziario che evidentemente è stato prezioso, l’aiuto
più grande è aver potuto incontrare persone che credono a quello che crediamo
noi, che pregano per noi e partecipano al nostro lavoro.
Ci sono molte persone che non capiscono o non possono accettare che abbiamo rinunciato alla possibilità di far carriera, a una vita lussuosa e spesso nascono dei sospetti, delle gelosie. Un giorno è arrivata una persona che lavora nella sanità pubblica che si è presentata da noi come un paziente perché voleva smascherarci credendo che ci fosse qualcosa di losco nel nostro servizio. Quando ha visto che veramente noi abbiamo fatto una scelta diversa - che veramente lavoriamo così e non lo facciamo per i soldi - quando questa persona ha capito che è davvero come diciamo, ha incominciato a piangere. E’ stata una reazione che mi ha molto stupito ma credo che nel profondo del cuore quando qualcuno capisce ciò che ci muove non può fare altro che commuoversi.
Ora la situazione in Ungheria sta cambiando, abbiamo un nuovo governo cristiano, vengono proclamati dei valori e è in atto una riforma. Ci vorrà qualche tempo ma qualcosa si muove e possiamo avere uno sguardo ottimista, inoltre non dimentichiamo che abbiamo un capo molto in gamba che veglia su di noi.