Qui di seguito
trovate uno stralcio della sua relazione che si è sviluppata su tre piste: famiglia
e progresso tecnologico, lavoro domestico e sue prospettive nell’attuale sviluppo
socioculturale e, infine, qualche indicazione su un corretto approccio dei cristiani
per il prossimo futuro.
La famiglia non è un’isola
Non è necessario ricorrere ad internet per descrivere i mutamenti profondi che
negli ultimi secoli hanno caratterizzato l’evoluzione sociale e, in particolare,
del lavoro in occidente.
Basti pensare allo sviluppo delle città, come le intendiamo noi, grandi agglomerati
urbani per milioni di persone, alveari complicati con nuclei cellulari che hanno
frantumato completamente la gran famiglia patriarcale, collegato all’avvento
della rivoluzione industriale.
La tecnologia medica ha ribaltato gli equilibri fra le generazioni, sconvolto
la relazione fra sessualità e procreazione, introdotto la possibilità di convivenze
che possono durare anche cinquant’anni, impensabili solo un secolo fa.
La notevole diminuzione della mortalità infantile ha ridotto la necessità d’avere
molti figli, liberando la donna dalla funzione di fattrice.
La tecnologia che ha trasformato radicalmente il lavoro sia nei modi, che nei
luoghi, come anche nei tempi, è un secondo aspetto che ha contribuito alla modifica
della famiglia, modellandone relazioni, stili di vita, problemi.
Fino a qualche tempo fa, i soldati, i marinai, i mercanti, spesso erano non
sposati, proprio perché il loro lavoro li portava lontani dalla famiglia, mentre
questa era strettamente legata al lavoro vicino a casa, agricoltura e artigianato.
Dopo un periodo di concentrazione in grandi complessi industriali con conseguenti
ondate migratorie e spostamenti di masse verso le città, oggi assistiamo al
ritorno verso la campagna, alla riscopertine/coperta del lavoro a domicilio, al crescere
di piccoli nuclei di produzione di servizi e di tecnologie avanzate, ridisegnando
gli equilibri di rapporti dentro la famiglia.
La riduzione del lavoro classicamente inteso, perché demandato alla tecnologia,
offre all’uomo uno spazio di tempo più grande di prima, ristrutturando i suoi
rapporti nella famiglia.
La figura paterna, il grande assente dell’era industriale del secolo scorso,
sta tornando a rivendicare uno spazio all’interno della famiglia e della relazione
educativa.
Restando in
quest’ambito di rapporto fra famiglia e tecnologia, non possiamo trascurare
la rivoluzione comunicativa, sotto gli occhi di tutti e protagonista di una
fetta importante del mercato mondiale economico.
Non è un caso che siano nate teorie psicologiche che descrivono la famiglia
come una rete comunicativa, come un sistema aperto e complesso di relazioni,
quasi meccanico.
L’informatica e la comunicazione virtuale trasforma il nostro modo di pensare
i rapporti, si sposta dall’ambito lavorativo a quello privato, rendendone più
fluidi e incerti i confini, invadendone gli spazi, reinterpretandolo alla luce
delle modalità comunicative acquisiste dalla tecnologia.
Non è solo una questione di linguaggio, ma un abito mentale, un modo di concepire
le nostre relazioni.
Non a caso sono fiorite le scuole di sessuologia, che oltre agli aspetti di
cura positivi, portano spesso con sé o favoriscono un’idea del sesso come efficiente,
tecnologico, da esercitare come un fatto di consumo e di prestazioni.
Lo stesso problema dell’eutanasia, potrebbe essere reinterpretato alla luce
di una necessità di adattamento alla mentalità tecnologica, che non potendo
conciliare questo momento con i propri schemi, tenta di controllarlo, di programmarlo.
Il "sesso" degli angeli ... del focolare
Il secondo grande tema trattato dal prof. Campanini è quel tipo particolare
di lavoro che non rientra ancora nel computo del prodotto interno lordo della
stragrande maggioranza dei paesi industrializzati: il lavoro domestico.
Anche noi come il relatore, ci siamo resi conto che non si tratta qui solo di
ridistribuire i compiti all’interno della casa, in funzione della più ampia
autonomia professionale della donna o alla sua formazione culturale, ma di ripensare
le nostre relazioni, lo stesso ruolo sessuale, la nostra identità.
Sono in gioco mutamenti a lungo termine, culturali, sociali, politici.
Ma questo è terreno del "progetto Sigrid Undset", e non voglio rubare
spazio per ribadire concetti già espressi dalle pagine di Caritas Insieme o
dagli schermi del club che ha visto animarsi il dibattito su questi temi negli
ultimi mesi dell'anno scorso.
Posso solo rimandare il lettore agli sforzi prodotti da Caritas Ticino in questo
ambito e che continuiamo a profondere per contribuire a quel processo lento
e faticoso di trasformazione del pensiero attorno al tema del rapporto uomo-donna
e alla ridefinizione dei rispettivi ruoli.
Qui posso solo sottolineare la sorprendente comunanza di vedute con il prof.
Campanini che osservava come questioni che fino ad oggi sono state considerate
attributi naturali dell’identità sessuale, possano essere discusse.
Penso ad esempio ad una delle puntate del progetto Sigrid Undset in cui la signora
Marilena Fontaine, responsabile per la condizione femminile in Ticino, ci ricordava
che il concetto di angelo del focolare è strettamente legato alla rivoluzione
industriale e alla ripartizione dei ruoli di lavoratore e di casalinga determinatasi
con l’avvento della rivoluzione industriale e la separazione dei luoghi di lavoro
da quelli della vita famigliare o all’intervento dello psicologo che sottolineava
come il cosiddetto istinto materno è in gran parte culturalmente definito, in
relazione agli stili di vita delle famiglie e non un patrimonio esclusivamente
femminile, geneticamente iscritto nel legame fra la donna e la generazione biologica.
Né caccia alle streghe della modernità, né idolatria telematica, ma paziente discernimento e visione profetica a lungo termine
Infine lasciamo
allo stesso prof. Campanini la conclusione, che in realtà è apertura su un dibattito
in fermento.
"Sotto il profilo culturale è necessario, ancora una volta, cercare di
leggere correttamente il proprio tempo, senza cedimenti allo "spirito mondano",
ma anche senza inutili demonizzazioni. La storia della Chiesa è tutta intessuta
di questo difficile rapporto con quella che era, di volta in volta, la "modernità"
(dall’invenzione della cambiale a quella della stampa, dalle nuove scopertine/coperte
dell’astronomia alle teorie dell’evoluzione); una "modernità" che
è stata spesso, inizialmente, demonizzata e poi alla fine, sia pure faticosamente,
accettata. Così sta avvenendo anche per il lavoro e per la tecnica, nelle sue
varie applicazioni, dai nuovi orizzonti della globalizzazione alle nuove frontiere
della procreazione. Ciò che si impone non è l’acritica accettazione, ma nemmeno
il preconcetto rifiuto, bensì il difficile esercizio del discernimento, la capacità
di decifrare gli insegnamenti evangelici, e conciliare "i segni dei tempi".
Non vi è posto, in questa prospettiva, né per un chiuso conservatorismo, né
per passivo adeguarsi alle mode.
Dal punto di vista politico, è necessario rendersi conto di quanto la sfera
privata sia condizionata dalla sfera pubblica. E’ una pericolosa illusione ritenere
che la famiglia - anche la famiglia cristiana - possa essere compiutamente se
stessa prescindendo dal corso complessivo della società. Certo, vi è una sorta
di ultima soglia di residenza oltre la quale nemmeno la società dovrebbe penetrare
- e che la famiglia deve sapere gelosamente difendere da ricorrenti ingerenze
esterne - ma occorre non enfatizzare oltre misura la capacità della famiglia
media - non della famiglia "eroica" - di andare contro corrente. E’
dunque importante che le politiche sociali, e la stessa legislazione, operino
in direzione della riconciliazione, piuttosto che della divaricazione, tra famiglia
e lavoro, adottando una serie di scelte che favoriscano l’armonizzazione delle
responsabilità professionali e di quelle familiari, tanto per l’uomo quanto
per la donna. I credenti che operano in campo politico e sociale svolgono, da
questo punto di vista, una preziosa opera di sostegno della famiglia.
Per quanto riguarda infine la vita quotidiana, si impone la necessità di adottare
una precisa scala di valori in cima alla quale sta non tanto l’autorealizzazione,
o anche il "successo" dei singoli, quanto il benessere della famiglia
considerata come unità. A volte i percorsi professionali possono svolgersi senza
entrare in rotta di collisione con le esigenze della famiglia; ma in altri casi
si apre una pericolosa conflittualità che va risolta attraverso la riflessione
comune e il dialogo, ma sempre tenendo presente la gerarchia dei valori. Quando
il lavoro diventa tanto impegnativo ed assorbente da mettere a repentaglio lo
stesso rapporto di copertine/coppia e l’attitudine educativa nei confronti dei figli,
occorre seriamente interrogarsi, ed agire di conseguenza.
Si tratta in conclusione, di una sintesi non facile da realizzare fra l’insieme
dei cambiamenti e delle innovazioni che riguardano il mondo del lavoro e quell’area
di relativa sicurezza e stabilità che è rappresentata dalla famiglia. Rappresentare
non una presunta "oasi felice" in un deserto di valori e di sentimenti,
ma un punto di equilibrio e una risorsa di serenità e di gioia, è l’arduo compito
che incombe sulla famiglia, è la difficile scommessa che essa è invitata a vincere."