SINTESI della presa di posizione di Caritas Ticino sulla proposta di Caritas Svizzera per la creazione di una rete di coordinamento chiamata
"Strategia della rete-Caritas 2005"

Inviata alla Conferenza Episcopertine/copale Svizzera

 

A) La direzione di Caritas Ticino e il lavoro preparatorio

La direzione di Caritas Ticino fin dal nascere di questo lavoro di creazione di una rete Caritas ha manifestato il suo scetticismo, ma essendo la sola Caritas regionale ad avere questa posizione radicalmente opposta alle motivazioni di fondo - l’uniformità è una forza - e soprattutto sugli obiettivi - livellare le differenze -, ha scelto di rimanere in disparte per evitare un inutile quanto estenuante conflitto che si sarebbe verificato a ogni tappa della preparazione del documento. Le differenze con Caritas Svizzera e ormai anche con le altre Caritas Regionali che sembrano essersi perfettamente allineate sulle posizioni della centrale, appaiono infatti incolmabili sia sul piano dell’analisi storico-ecclesiale e della metodologia di intervento, sia sul piano del concetto di autonomia della nostra realtà locale che ha caratteristiche uniche in Svizzera dovute alla sovrapposizione di una regione linguistica e di una Diocesi con un territorio cantonale. La direzione ritiene che queste differenze cresciute e radicate negli ultimi dieci anni dovrebbero semplicemente essere accettate come un dato di fatto e, quando possibile, dovrebbero essere valorizzate come possibile ricchezza comune nella diversità, interrompendo questo continuo tentativo da parte di Caritas Svizzera di livellamento delle differenze.

Le difficoltà di relazione fra le due Caritas infatti risiedono, secondo il direttore Roby Noris, esclusivamente in questo punto nodale: Caritas Svizzera riconosce formalmente un’autonomia solo fino a quando la nostra realtà locale non esprime giudizi di varia natura, - dalla politica sociale alle analisi metodologiche o alla concezione della pastorale della carità - che diventano scelte operative e/o prese di posizione. Se ad esempio non siamo d’accordo con la creazione di una rete codificata come quella esaminata di seguito, il riconoscimento autentico di autonomia, giustificata storicamente e sancita nei nostri statuti, dovrebbe significare il diritto di non allinearsi sulle posizioni della maggioranza, senza essere penalizzati o ignorati da parte di Caritas Svizzera come sta invece avvenendo ormai da diversi anni.



B) 58 anni di Caritas Ticino

(...) (Omettiamo la descrizione della struttura e delle attività di Caritas Ticino).



C) Una distanza strutturale e non solo formale

Leggendo il documento, sempre più ci si rende conto che le differenze di concezione non sono solo marginali, legate alla formulazione di questo o quel passaggio del piano strategico, ma vedono Caritas Ticino distante dalle posizioni di Caritas Svizzera in molti dei nodi che costituiscono il complesso dei principi esposti nell’elaborato.

In particolare si evidenziano differenze nei seguenti argomenti trattati:

- Sviluppo della società post-industriale e emergenza della "nuova povertà" (pag 7)

Il documento ricalca in parte le posizioni sulla povertà presentate nel testo proposto dalle chiese svizzere "Quale futuro vogliamo costruire?" che suggerisce, secondo noi, interpretazioni errate sulla valutazione della realtà elvetica, come abbiamo già più volte espresso.

La vera sfida quindi, non si vince solo con generiche condanne contro la globalizzazione economica che ha portato ad una ristrutturazione del mercato del lavoro con, in alcuni casi, diminuzioni di salari, ma ricominciando ogni giorno a ricostruire una società diversa.

A fronte di questa impostazione, uno dei punti forti della dottrina sociale della Chiesa (Centesimus Annus) è proprio il concetto di lavoro come espressione della libertà umana di assumersi la propria responsabilità di imprenditore per il bene comune.

- Retrospettiva storica (pag 11)

La lettura storica proposta dal documento, in particolare quella riguardante la rivoluzione industriale, ci appare alquanto semplicistica, attribuendo un ruolo marginale alla Chiesa e affermando che solo nel "1891, in seguito all’enciclica "Rerum Novarum" di Papa Leone XIII, la Chiesa cattolica si è fondamentalmente riorientata". Per il documento l’Enciclica è la reazione tardiva della Chiesa di fronte al rafforzamento del movimento operaio.

l’Enciclica invece, a nostro avviso, sostenuto da storici della Chiesa come Guy Bedouelle, è stata un punto di arrivo a quanto la Chiesa aveva già realizzato in precedenza in opere e attenzione pastorale.

- Relazione fra principi e strategie (pag 13)

La differenza sostanziale sta nel scegliere le priorità di intervento con criteri fondati sulla pastorale della carità in rapporto ai bisogni incontrati, e solo successivamente cercare il modo di finanziamento, e non viceversa partire da ciò che è sussidiato dallo Stato praticamente escludendo tutto il resto a priori perché non ci sono garanzie finanziarie statali.

Si denota nel documento una lettura di tipo utilitaristico, proponendo delle sinergie che mirano unicamente ad un sistema che dovrebbe essere più funzionale senza tener conto dell’aspetto di pastorale della carità, quale priorità strategica che precede, senza escluderla, la valutazione di finanziabilità dei progetti.

- Adeguamento ai principi di contratto di prestazione e relazione alla Pastorale della Carità (pag 15)

Nel documento si mescola la necessità di reperire fondi con un tema a carattere culturale come la penetrazione della Chiesa nel mondo contemporaneo.

Riteniamo che Caritas dovrebbe avere nel suo mandato di diaconia l’evangelizzazione e quindi, la pretesa di stabilire ad esempio che la Carità non è risposta semplice ad un bisogno, ma espressione della sovrabbondanza dell’amore di Dio che abbiamo ricevuto e trabocca diffondendo se stesso, come più volte affermato dal Vescovo Mons. Corecco, che sul futuro di Caritas si esprimeva così: il vero problema è quello di riuscire a fare della Caritas un’espressione sempre più eloquente della missione pastorale della Chiesa (in Diocesi di Lugano e Carità: dalla storia uno sguardo al futuro p.206).

- Esclusione delle Caritas Regionali dall’ambito più strettamente di analisi politica e riduzione del loro intervento ad animatori parrocchiali

- Omogeneizzazione delle Caritas Regionali in vista di obiettivi comuni non chiaramente definiti;

Questi due punti sono evidenti soprattutto nelle enunciazioni operative nella parte relativa alle 7 strategie descritte per l’applicazione dei principi sopra esposti.

In esse infatti le parole chiave sono centralizzazione, uniformazione, ridimensionamento delle Caritas Regionali appiattimento del loro ruolo ad animatori parrocchiali con un modello di animazione obsoleto.

Nel documento infatti, si trascura l’ambito delle comunicazioni sociali come strumento di animazione, di evangelizzazione, e di difusione della Cultura Cristiana.

L’informazione invece, viene concepita solo come moderno strumento di rastrellamento di fondi.

Dobbiamo ricordare che l’attività informativa di Caritas Ticino non è un elemento di dettaglio, non si sta parlando di un foglio informativo diffuso per comunicare con i propri sostenitori, ma di utilizzo dei media per raggiungere (sondaggio del CIRM aprile 2000) 30.000 spettatori televisivi e 43.000 lettori per la rivista: per le dimensioni del Canton Ticino un risultato decisamente apprezzabile.



D) Conclusioni

Riassumendo le considerazioni appena esposte ci sembra che questo documento sia una svolta decisiva per Caritas Svizzera e per le Caritas Regionali che punti risolutamente verso una uniformazione delle realtà locali e un appiattimento delle loro peculiarità.

Se questo fosse funzionale ad una pastorale più organica, ad un progetto ecclesiale altrimenti impraticabile, non avremmo alcuna obiezione ad aderire a questo processo di unificazione. In realtà ci sembra una strategia di sopravvivenza in uno stato sociale che cambia i criteri di funzionamento, nel tentativo di adeguarsi per non perdere le possibilità di finanziamento, senza un reale spessore innovativo che dall’adesione ai principi evangelici e magisteriali faccia discendere una seria riflessione sull’identità di Caritas nel millennio della nuova Evangelizzazione dell’occidente scristianizzato.

Sono queste differenze sostanziali ad impedirci di condividere questo documento e le sue conseguenze operative.

Ciò non ci impedirà di collaborare con Caritas Svizzera come abbiamo fatto fin ora quando si è reso necessario: l’esempio più tipico è stata la collaborazione nell’ambito dell’aiuto ai rifugiati in cui la necessità di codificare i numerosi aspetti tecnici costitutivi di questa azione, ha trovato una soluzione ottimale nella formula dei contratti fra Confederazione e Caritas Svizzera e in subordine fra questa e i partner regionali. Un altro esempio di collaborazione fra Caritas regionali, più informale, che dimostra ancora una volta l’esistenza di fatto di una rete potenziale che non ha bisogno di codifiche particolari per essere attivata, è la nascita dei programmi occupazionali in Ticino sul modello elaborato da Caritas Giura. Evidentemente se la codificazione della rete si fosse limitata a formalizzare questo tipo di collaborazione non ci sarebbe stata nessuna opposizione.

È doveroso precisare che la posizione di Caritas Ticino qui espressa non intende sanzionare negativamente le scelte di Caritas Svizzera e della conferenza delle Caritas regionali o mancare di rispetto al lavoro svolto, semplicemente non possiamo condividere una linea progettuale che non risponde assolutamente alla storia di Caritas Ticino e alla sua evoluzione culturale e operativa.