La Pastorale giovanile del Vescovo Eugenio Corecco: 2° parte
Salvare a tutti i costi la giovinezza
Il Vescovo Eugenio al pellegrinaggio diocesano dei giovani a Czestochowa per al VI giornata mondiale della gioventù - agosto 1991


A
cura di Don Carmelo Andreatta


Vescovo Eugenio, aiutaci a capire cosa sono i doni dello Spirito Santo!
(una breve risposta - 9 agosto 1991 - durante il cammino)

Proviamo a capire cosa sono i doni dello Spirito Santo.
Sono convenzionalmente sette perchè è il numero che nella Bibbia definisce la perfezione, la totalità. Ma non è questo l'importante. Si parla di "doni" dello Spirito Santo perchè una persona rivela se stessa attraverso i doni che è capace di fare.
Quando uno regala un sassolino pitturato alla sua fidanzata rivela tutto il suo cuore, perchè quel sassolino pitturato è il segno che prima bisogna aver avuto l'idea di farlo, con passione: se uno non è innamorato, appassionato, non lo fa!
Questo per dire che anche lo Spirito Santo si rivela (attraverso i suoi doni): è l'Amore. Dobbiamo cercare anche noi di capire chi Egli è, e possiamo farlo attraverso il libro della Sapienza e la riflessione della Chiesa.
I sette doni dello Spirito Santo sono riassumibili nel "Dono della conoscenza della Salvezza" che dovremmo possedere anche noi. Quest'ultimo, a sua volta, si presenta con sfaccettature diverse, i diversi doni che ci aiutano ad avere una sempre più chiara conoscenza della Salvezza.
La sapienza, l'intelletto, il consiglio, la fortezza, la scienza, la pietà e il timore di Dio sono tutti doni che vogliono dire fondamentalmente una stessa cosa: lo Spirito Santo è il Signore che è presente in noi e bussa alla nostra porta, alla nostra intelligenza per farci capire il Mistero della Salvezza.
Un esempio: quando parliamo dei doni dello Spirito Santo c'è anche il dono del "timor di Dio". Questo non significa "aver paura di Dio", ma sentire la riverenza, il gran rispetto, la grande stima nei confronti del Signore che è presente e ci vuol bene.
Leggete la sequenza del "Veni Creator Spiritus" secondo la prospettiva che brevemente vi ho tracciato e la rileggerete con una apertura di cuore più grande.

Confessarsi significa "dire se stessi" a qualcuno

Desidero farvi una catechesi sulla confessione: chissà da quanto tempo qualcuno non si confessa, anche perchè non sempre si capisce cos'è la Confessione.
La confessione è il sacramento più umano che si possa immaginare. Confessarsi, infatti, significa "dire se stessi" a qualcuno. Abbiamo un primo esempio che è il paradigma di tutte le confessioni e ci aiuta a capire come una persona possa "dire se stessa": è il rapporto del Figlio nei confronti del Padre, all'interno del Mistero della Trinità (cf Gv 17,21). Il Figlio fin dall'origine dice se stesso al Padre: questo è il nostro modello (cf Gv 1,1; Mc 1,35). Infatti siamo stati creati ad immagine del Figlio (cf Rm 8,28-30).
Dice S. Giovanni che "tutto è stato fatto per mezzo di Lui" (Gv 1,3): anche noi abbiamo dentro questa somiglianza, fatti a immagine del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, per cui anche per noi la confessione non è qualcosa da vivere di nascosto ma è un momento nel quale diciamo tutto di noi al Padre e alla comunità dei cristiani (cf Gc 5,16; Ef 4,23-32). Quello che siamo e facciamo (in bene o in male), e lo dobbiamo capire sempre di più, si ripercuote anche sugli altri (cf 1Gv 1,6-7.9), per questo ci confessiamo davanti al ministro che rappresenta tutta la comunità.

Impariamo a chiarire e a dire chi siamo nei confronti del Signore e degli altri

Al di là di questo però quello che dovete capire è quanto sia profondo ed importante, bello e ricco di soddisfazioni poter dire tutto di sè a qualcuno, il bene e il male, perchè la confessione non consiste nel raccontare semplicemente una serie di cose, ma è un giudizio che diamo su noi stessi, davanti al Signore: questo ci aiuta a capirci e a capire il Signore che sempre ci comprende.
Il rapporto tra l'uomo e la donna è l'esempio più ricco attraverso il quale possiamo imparare a rapportarci con il Signore. Dentro il mistero del rapporto tra l'uomo e la donna c'è il mistero di Dio in quanto siamo fatti a Sua immagine e somiglianza (Gn 1,26-28). Essere "a immagine e somiglianza" non nella fisionomia ma nelle forze spirituali che abbiamo dentro, nell'amore che abbiamo dentro, nella capacità di rapporto e comunione perchè Dio è comunione trinitaria. Ecco perchè quando due persone si vogliono bene sul serio dicono se stessi in un rapporto di reciprocità.
Detto questo credo che siamo chiamati a superare il puerilismo dal quale siamo colpiti fin dalla più tenera età, di fronte al sacramento della confessione.
E' un sacramento da vivere come il momento nel quale diciamo noi stessi al Signore, attraverso la mediazione della Chiesa, la comunità dei credenti, che abbiamo senza dubbio offeso.
Perchè questo "dire noi stessi" sia vero, chiamati a vivere come siamo nella verità di noi stessi e nella verità con gli altri, il Concilio di Trento (1545 - 1563) a riguardo del sacramento della confessione ha dato alcune regole (cf Conc. Trid., Sessio XIV, De sacramento Paenitentiae). In quel Concilio si è detto che la prima cosa da fare è prepararsi perchè una persona, volendosi confessare, si predispone ad un dialogo sincero con il Signore, non a chiacchierare con la prima persona che capita. Poi, lo stesso Concilio, ha detto che è necessario scavare fino ad arrivare al fondo di se stessi, là dove si annidano i peccati gravi, quelli che, proprio per la loro gravità, segnano in profondità la nostra vita: il peccato è grave quanto più scava in profondità (producendo grandi ferite che il Signore vuol sanare). Non possiamo rimanere alla superficie delle "caramelle rubate" e arrivare a novant'anni a dire che "ho disobbedito alla mamma".
I dieci comandamenti ci possono aiutare a capire a che punto siamo. Però...

Non possiamo limitarci ai soli dieci comandamenti

Il vero oggetto della confessione è il nostro atteggiamento di fronte alla Chiesa, il nostro vivere individuale, il nostro non preoccuparci di conoscere la Salvezza. Insomma, non possiamo limitarci ai soli dieci comandamenti (...) Noi, infatti, abbiamo la conoscenza di Cristo, siamo battezzati, siamo inseriti nella comunità dei cristiani ed è questo che deve diventare il punto di riferimento del nostro agire e del nostro pensare.
Dicevo ieri che dobbiamo essere fondatori di qualche cosa, per cui è ora di finirla di confessare le sciocchezze. E' tempo di cercare di scavare in profondità. Il peccato grave, evidentemente, lo facciamo oltre i dieci comandamenti: ce ne sono altri più importanti per noi cristiani. Il decalogo è solo l'inizio. Dopo, uno che ha ricevuto la Grazia, pecca gravemente se la rifiuta, se rimane distratto, se non si adopera per la conoscenza della Salvezza.
Solo se riusciamo a cambiare poco a poco, perchè ci vuole del tempo, il nostro modo di confessarci, progressivamente impareremo cosa vuol dire e vi assicuro che lo sentirete come il Sacramento più umano.
I Sacramenti sono una realtà nella quale siamo chiamati a crescere come persone, non sono delle cose che dobbiamo fare o utilizzare.
Il Sacramento della confessione, in particolare, ci fa crescere nella nostra capacità di dire noi stessi al Signore, sull'esempio di Cristo che ha detto se stesso al Padre fin dall'eternità.
La confessione deve diventare "confessione della vita", non perchè uno deve dire tutto e non dimenticare niente, ma perchè uno impara a parlare con il Signore, ogni volta di più, come non ha mai fatto prima. In un rapporto di amore. (9 agosto 1991 - al termine della prima giornata di cammino).

(fine della 2ª parte)