UNITAS: cinquant'anni e in forma smagliante

A cura di Dante balbo


Un anniversario per ripercorrere mezzo secolo di solidarietà con il vice presidente dell'Associazione dei Ciechi ed Ipovedenti della Svizzera Italiana, con un occhio al dopoguerra e l'altro nel duemila.

Seconda Parte


Ecco la continuazione dell'intervista a Rino Bernasconi, vice presidente dell'Unitas, in cui l'Associazione si dispiega in tutta la sua complessità e articolazione, mostrando una realtà di appartenenza solidale, senza steccati, concreta e viva.

Unitas e Caritas in parallelo: dalle scommesse incredibili alle colonne del volontariato


D: Il computer usato dall'Unitas come strumento di aggregazione, anche se me ne hai parlato come di un mezzo interno, ha messo in moto molte energie come in qualche modo fa Caritas quando scommette sui disoccupati di lunga durata. Una seconda analogia con Caritas è il ricorso al volontariato, ma all'Unitas come si attua in pratica, cioè come sono impegnati i volontari?

R: Prima di entrare nel vivo della tua domanda, vorrei precisare che è vero in parte che la posta elettronica è cominciata come un mezzo di contatto interno all'Associazione, ma per soddisfare la prima fase del nostro progetto: facilitare l'accesso al computer a chi non credeva di poterlo usare. Ora stiamo già assistendo alla seconda fase, in cui gli utenti ciechi della posta elettronica aggregano a questo servizio amici e collaboratori vedenti, allargando il loro campo di interessi e scopertine/coprendo la potenzialità del mezzo informatico. La posta telematica è per così dire solo uno strumento, per quanto utile, che risponde ad un obiettivo più ampio: favorire l'integrazione sociale del cieco, sfruttando al meglio le opportunità tecnologiche.
Per venire adesso alla tua domanda sul volontariato, è una delle componenti della nostra Associazione che merita di essere sempre, sempre, sempre, ricordata e sottolineata perchè senza questa schiera di persone disponibili, molte iniziative di quelle che abbiamo voluto portare avanti in questi 50 anni non si sarebbero mai potute realizzare.
In altre parole se siamo quì oggi a festeggiare, è perchè c'è gente che ci ha creduto, che ha dato un impegno impensabile allo sviluppo dell'Associazione, ma anche perchè abbiamo avuto sulla strada sempre tanti volontari che, quasi tutti in silenzio, hanno collaborato, ognuno nel modo in cui poteva.
C'è chi lo fa regolarmente, chi sporadicamente, chi lo fa da anni, chi magari ci ha conosciuto solo negli ultimi tempi.
Oggi abbiamo più di cento volontari e sono tutti veramente importanti, indipendentemente dalla disponibilità che hanno in termini di tempo. Si tratta infatti di avere la persona giusta al momento giusto per il servizio o le prestazioni necessarie.
Mi spiego. Un problema concreto che abbiamo sempre è quello dell'accompagnamento. Allora, non è necessario avere 50 persone a disposizione per organizzare i trasporti, ma che, se un cieco ha bisogno di spostarsi, possa trovare la disponibilità di un volontario sensibile e attento, capace di entrare in sintonia con lui, senza opprimerlo con il peso di un'organizzazione macchinosa, che lo metterebbe a disagio alla prossima richiesta.
Allora i volontari che gli permettono, con spontaneità, da un momento all'altro, di risolvere i problemi, sono quelli che hanno permesso all'Unitas di svilupparsi e di arrivare dove è arrivata.
I volontari sono impiegati in svariate mansioni, dall'accompagnamento all'organizzazione di incontri, ma soprattutto sono stati e sono numerosi coloro che hanno registrato libri per la biblioteca, per ore, giorni e notti intere. E fino a qualche tempo fa, vi sono state persone appassionate e sensibili che hanno lavorato alla trascrizione di libri in braille.
Oggi i volontari sono coloro che collaborano attivamente alla gestione delle nostre case, penso alla caffetteria di casa Andreina a Lugano, alla casa Sorriso a Tenero e alla Casa dei bambini ciechi pluriminorati. Mi vengono gli scrupoli di coscienza perché a nominarne alcuni, se ne dimenticano altri, impegnati nelle funzioni più disparate: come dicevo, le persone giuste al momento giusto.


Un quadro breve quasi come un depliant pubblicitario, ma è un mare di solidarietà che si "tocca"


D: A proposito dei molti settori in cui è articolata l'Unitas e le sue iniziative, puoi tracciarmi un quadro riassuntivo?

R: Anzitutto parlerei del servizio sociale che comprende tre operatrici itineranti che, oltre a dividersi il Cantone in senso geografico, hanno anche specialità diverse. Una ad esempio, si occupa di mobilità, cioè insegna ai ciechi come muoversi sulle strade con un bastone bianco. Un'altra è ortottista, insegna agli ipovedenti il recupero di funzioni semplici come leggere il giornale o fare le faccende domestiche.
L'Unitas è l'Associazione dei ciechi e degli ipovedenti, che negli ultimi anni sono in aumento, perché proporzionati all'innalzamento della longevità media.

La possibilità di muoversi al meglio delle proprie risorse, penso sia un fatto di qualità della vita che dobbiamo a tutti gli anziani, e, anche se magari all'inizio il fatto di non più vedere non sembra la cosa principale, se l'anziano negli ultimi anni della sua vità riesce a ricuperare quel minimo visivo che ha ancora e lo sfrutta, credo che gli possa dare dei bei momenti. Questo è un grosso impegno che siamo fieri di poter realizzare.

C'è poi il campo legato ai mezzi ausiliari. Noi abbiamo a Tenero un punto di vendita per gli strumenti ausiliari, di cui i ciechi generalmente hanno bisogno. Si tratta di un catalogo di oltre cinquecento articoli, dai più semplici come il bastone bianco, all'orologio tattile, alla bilancia per il diabetico che è anche cieco, che ha bisogno di pesare quello che mangia.
Il lavoro di reperimento dei mezzi, di consegna ai ciechi, di istruzione sul loro uso non è semplice ed è uno degli svariati compiti delle operatrici itineranti.
Devo integrare quello che abbiamo detto della biblioteca braille accennando alla biblioteca sonora e soprattutto al servizio di Lettura Rapida di Mendrisio, a cui ognuno può inviare libri, riviste o documenti, che gli vengono letti su cassette.

Veniamo ai corsi, nei settori più disparati, dalla ceramica alle lingue, dalla dattilografia al rilassamento, al teatro ecc. L'attenzione della nostra Associazione è evidentemente quella di favorire i ciechi che altrimenti non troverebbero sul territorio proposte analoghe, o perché specifiche, o perché necessitano di essere adattate all'apprendimento dei ciechi. In altri casi non ci interessano i doppioni e preferiamo che i ciechi frequentino i corsi già esistenti sul territorio.

Ci sono poi le attività di svago, tre periodi di vacanza all'anno, uno al mare, uno in montagna e l'altro di villeggiatura, frequentati soprattutto da anziani, ma anche gite a cui partecipano tutti.
Il Gruppo Ticinese Sciatori Ciechi è il ramo sportivo dell'Unitas, formalmente separato per ragioni giuridiche e amministrative, ma di fatto una nostra emanazione. Nato attorno all'attività sciistica, organizza corsi di tandem, giri in bicicletta ed escursioni, oltre allo sci di fondo e allo sci alpino. Inoltre, a settimane alterne, si può fare ginnastica o nuotare in piscina. Molto apprezzata è la sfida sportiva che conclude in pizzeria questi incontri settimanali.

Infine vi sono le nostre strutture più grosse, che sono servizi specifici. La casa Sorriso per ciechi pluriminorati, la nuova casa Sorriso per anziani, il centro diurno di Mendrisio e il centro diurno di Lugano, l'ultimo nato, conosciuto come casa Andreina.
Quest'ultima realizzazione, ha visto la collaborazione di diversi Enti, l'Unitas, la pro Ciechi Lugano, e la generosità del donatore del lascito che ne ha permesso la costruzione.
Questa struttura risponde a molte esigenze: punto di incontro per i ciechi del luganese, luogo di incontro tra gli anziani del Ricordone e i frequentatori del centro, una caffetteria per gli ospiti della casa per ciechi anziani, adiacente, che nella loro sede non ne hanno una.
Questi ultimi due progetti, il centro di Mendrisio e la casa Andreina, sono il risultato di un orientamento preciso, che si è prospettato fin dagli anni ottanta: rispondere al bisogno di aggregazione dei ciechi e fornire delle strutture idonee per le nostre necessità di organizzazione di corsi e momenti di incontro. Del servizio di informatica abbiamo già parlato.

Al di là dei bisogni, l'uomo


D: Una domanda però, sorge spontanea, oggi che i ciechi hanno così tante opportunità e strumenti a disposizione. Ha ancora senso che esista un'Associazione di ciechi e per ciechi?

R: Questa è una domanda molto difficile, ma altrettanto bella.
Io stesso me la sono posta a metà degli anni '70, quando, quasi per caso, sono entrato in contatto con il Signor Bisi e lui mi ha voluto subito al suo fianco, nel Comitato dell'unitas.
Mi ha anche fatto una sorpresa-trabocchetto, nel senso che alla prima assemblea, in cui sono stato nominato, il Comitato mi ha eletto vicepresidente, quasi a mia insaputa.
Devo dirti che, con l'andare degli anni, ho capito effettivamente che il poter scambiare delle esperienze con altre persone che prima o dopo di te, si trovano nella stessa necessità di affrontare la propria vita senza più vedere, era una cosa di un'importanza incredibile. Me ne sono accorto anch'io stesso sulla mia persona.
Probabilmente a questo punto uno dice:
- Va beh, ma l'incontrarsi, lo scambio di esperienze ecc. non è di per se stesso motivo sufficiente per creare un'Associazione. Perchè poi questa Associazione diventa promotrice di altre attività nei campi più diversi? -
Qui si inserisce ciò che avevo sottovalutato.
Se determinate prestazioni, determinati servizi, non vengono presi in mano da chi ne ha bisogno, e da chi ne conosce anche poi i requisiti qualitativi necessari per garantirne l'efficacia, i tempi di realizzazione inevitabilmente si allungano.
Se noi, ad esempio, dovessimo fare in modo che qualcuno ci risolva i problemi legati all'impiego dell'informatica, io non metto in dubbio che prima o poi ci saremmo arrivati. Avremmo demandato a qualcuno questo compito e noi avremmo aspettato che altri ci avessero offerto la soluzione.
Il fatto di aver preso noi l'iniziativa, di averla voluta con molta determinazione, ha permesso prima di tutto di realizzarla in tempi molto più brevi. Secondariamente, ci ha fatto crescere ma, soprattutto, siamo noi giudici della qualità di quello che stiamo offrendo, abbiamo potuto decidere noi come questo Servizio doveva essere realizzato, stabilendone i livelli e le modalità di organizzazione, noi promotori, noi attori.
E questo può essere riportato a tutti gli ambiti della nostra attività. Pensiamo ad esempio alla casa per anziani, che abbiamo potuto seguire dalla nascita, decidendone il livello di adeguamento alle esigenze specifiche di ciechi anziani.
Ovviamente quì chiediamo anche all'Autorità, in questo caso, Cantonale, di collaborare con noi. E quì si apre un altro capitolo. L'Autorità Cantonale, l'Autorità politica in genere, sostiene chi prende l'iniziativa e poi la porta avanti. Allora questo dimostra, se vuoi, quello che dicevo all'inizio, che se tu non lo fai non c'è nessuno che lo farà, se tu lo fai, se tu prendi l'iniziativa, troverai anche il sostegno, tra l'altro anche dallo Stato, ma non solo, e se farai le cose bene magari troverai anche chi ti darà i mezzi finanziari, ti fornirà anche i volontari con i quali poter portare avanti questo progetto.
Da quì nasce l'esigenza di avere un'Associazione nella quale discutere i nostri problemi, determinare un pochino i servizi, le prestazioni che vorremmo avere, poi diventare noi stessi i protagonisti nel proporli e nel realizzarli cercando di essere coerenti con il progetto.
Infine, non lo devo dire a te, dato i tuoi studi, possiamo fare una riflessione. L'uomo ha bisogno di appartenere, di realizzarsi in compagnia con altri, di sentirsi parte di un progetto più grande delle sue esigenze personali. In America lo chiamano il "virus del club". l'uomo ha bisogno di avere qualcosa in comune, di appartenere ad un club, ad una Associazione, ad un gruppo. Credo che tutto questo risponda a una necessità che è dentro nell'uomo, che, anche se non ne abbiamo coscienza, sia una esigenza che va al di là dei bisogni primari, ma alla quale si deve rispondere.

Se la nostra Associazione riuscisse ad incanalare questo bisogno, senza diventare un ghetto, senza chiudersi su se stessa, sarebbe importante, come ulteriore motivazione di esistenza.

Caritas nelle radici


D: Per concludere la nostra conversazione, mi sembra di notare che l'Unitas abbia molte analogie con Caritas, forse a causa delle sue radici comuni alla nostra organizzazione. L'Unitas è nata da un bisogno religioso, se non sbaglio...

R: Precederei le radici e parlerei di seme, che ha generato poi radici e albero e rami dell'Unitas. Questo seme, è stata l'esigenza di un gruppetto di ciechi di volersi sostenere a vicenda in un cammino religioso.
Di fatto l'Unitas è nata come sezione della Caritas dei Ciechi, un organismo religioso a livello svizzero.
In seguito ci si è accorti che per rendere un servizio a tutti i ciechi ticinesi, pur senza rinunciare alla identità originaria, si doveva allargare la propria base coinvolgendo persone che non necessariamente condividessero gli scopertine/copi originari. Di qui l'intuizione del fondatore, che ha voluto che l'Unitas si associasse anche alla Federazione Svizzera dei Ciechi, una Associazione dichiaratamente apolitica e aconfessionale.
Queste due anime coesistono a tutt'oggi, in un impegno di rispetto e di arricchimento reciproco e quella che potrebbe apparire una contraddizione, risulta una sfida quotidiana per rendere concreta la solidarietà, cioè calata nello sforzo di ogni giorno di cooperare al bene comune, conciliando in una sola Associazione l'impegno e le esigenze di tutti i ciechi ticinesi, approfittando delle differenze, più che viverle come un problema.
L'Unitas è quindi cattolica in senso pieno, non solo per la sua appartenenza alla Caritas dei ciechi, ma perché abbraccia l'universo dei ciechi, promuovendo l'uomo nella sua integralità.