La Pastorale
giovanile del Vescovo Eugenio Corecco: 3° parte
Salvare a tutti i costi la giovinezza
Il Vescovo Eugenio al pellegrinaggio diocesano dei giovani a Czestochowa per
al VI giornata mondiale della gioventù - agosto 1991
A cura di Don Carmelo Andreatta
Quando siete
"Forti nella fede?"
La meditazione di oggi è sulle frasi che troviamo nel Nuovo Testamento
e che ci sono proposte per il cammino di tutta la giornata: "Ricevete lo
Spirito Santo" (Gv 20,22) e "siate forti nella fede" (1 Pt 5,8-9).
Ognuno di noi deve domandarsi cosa significa concretamente questa parola nella
sua vita; essere forti nella fede infatti non vuol dire solo non avere dubbi
sulla verità della fede, sulla Chiesa, sulla sua esistenza: vuol dire
prima di tutto e come cosa discriminante e decisiva quella di aderire fortemente
a Gesù Cristo.
Uno potrebbe anche passare la vita senza avere alcun dubbio, ma poi dimostrarsi
debole nell'adesione personale, esistenziale e riduce la fede ad un corpo di
dottrine, di idee che ha dentro nella testa, ma che non lo portano ad un coinvolgimento
della sua persona con la persona di Gesù Cristo.
Anche una giornata come quest'oggi e quelle passate e quelle che ci aspettano
nei prossimi giorni, sono momenti nei quali dobbiamo cercare di collocarci veramente
di fronte al Signore per misurare se lui esiste realmente nella nostra vita
o se siamo solo schierati da una parte. Perché un conto è essere
schierati dalla parte di Dio, come si può essere schierati con un partito,
e un conto è essere "per lui" veramente.
Quando S.Pietro diceva ai Cristiani: "siate forti nella fede", diceva
questo, perché si accorgeva che la tentazione, già dei primissimi
tempi dell'annuncio del Vangelo, era quella di scindere il sapere, la conoscenza
della salvezza che è importante e che dobbiamo approfondire, dalle conseguenze
che essa può avere sulla nostra persona.
La fine della giornata è il momento buono per domandarci retrospettivamente
quello che abbiamo fatto oggi, come abbiamo vissuto questa giornata, cosa ha
significato per noi in ordine all'adesione forte della nostra persona alla persona
di Gesù Cristo.
Il rinnovamento spirituale dell'Europa, al quale il Papa ci invita, può
avvenire solo da questo contatto forte, interiore, che abbiamo con Gesù
Cristo.
Se uno oggi, dopo aver messo migliaia di passi uno davanti all'altro, ha fatto
anche solo un unico passo in questa direzione della sua vita, tutto questo cammino
non è stato inutile.
Un passo sui molti che compiamo dobbiamo ben riuscire a farlo!
L'importanza di "trovare se stessi" per sapere esattamente "dove
stiamo di fronte al Signore".
È necessario avvicinarsi a se stessi: è molto difficile trovare
se stessi e ci vuole un lungo cammino per farlo. Il Vangelo ci dona la regola
per incontrare la nostra persona nella sua intimità: è quella
di perdersi nella logica di questo pellegrinaggio. È una logica per la
quale dobbiamo rinunciare a noi stessi, abbandonandoci al silenzio, all'amore
reciproco. Dunque io vi auguro di essere capaci di arrivare alla fine del pellegrinaggio,
ma anche di pensare a voi stessi, alla vostra persona, perchè questo
pellegrinaggio deve coincidere con la conversione della vostra persona.
L'uomo deve essere continuamente richiamato allo scopertine/copo del suo vivere: e abbiamo
bisogno anche noi di richiamarci tutti i giorni al significato di quello che
stiamo compiendo; non possiamo mai, purtroppo, dare per scontato nulla, perché
deviamo immediatamente, anche senza volerlo, presi dalla nostra istintività.
Si fa fatica a tenere il riferimento vero per la nostra vita, proprio come sul
mare bisogna continuamente tenere il timone e orientarsi. In questo pellegrinaggio,
che sta riuscendo magnificamente, non dobbiamo però fermarci ad un giudizio
estetico. Camminiamo dunque verso lo scopertine/copo vero che è quello di incontrarci
ai piedi della Madonna con tutta la Chiesa che è rappresentata dal Papa
e dai Vescovi che ci saranno, da quella parte di Chiesa che siete voi che siete
la generazione più giovane, ma nella quale il Papa e i Vescovi ripongono
tutta la loro speranza per la rievangelizzazione della società.
Un incontro che abbiamo capito deve essere, in fondo, una promessa collettiva,
una promessa fatta assieme di spendere la nostra vita con quello che abbiamo
di meglio dentro di noi, per ricostruire il mondo e dare un contributo spirituale
alla rinascita di una società che abbia ancora dentro la coscienza della
propria appartenenza all'Assoluto, al Signore.
È un po' come un giuramento che andiamo a fare, in fondo dobbiamo continuamente
rimanere coscienti, perché quando ci ritroveremo a casa non dovrebbe
essere più come prima: dovremmo tornare a casa con dentro una prospettiva
nuova, un cambiamento, qualche cosa che è avvenuto in noi e di cui diremo
grazie al Signore, non potremo dare nessun contributo agli altri.
Una persona deve essere consapevole fino in fondo di se stessa, per poter dire
la parola giusta che sappia trascinare dentro un movimento spirituale anche
altre persone.
Qualcuno, per esempio, stamattina si è confessato: non è che voglio
impostare tutto su quello, ma è solo il segno, quello della confessione,
un mezzo, un sacramento che ci permette, dicendo noi stessi, di conoscerci e
di capire quali sono le vere forze spirituali, affettive che ci muovono dentro.
I lunghi silenzi che ci tocca fare, i tanti passi che compiamo, in una apparente
monotonia, ci facilitano questo compito: di incontrare la nostra persona nella
sua verità e, dicevo stamattina, che la condizione, perche questo possa
avvenire, è quella del seme che deve morire. (Gv. 12,24)
Sono persuaso che lo state facendo, ma è importante che questo non sia
solo frutto di una nostra disponibità, di una nostra generosità,
ma sia un atto consapevole di realizzazione della comunione cristiana.
Vi rendete conto di cosa vuol dire compiere un atto consapevole, nel quale uno
realizza l'essenza della sua vocazione e di se stesso, che è quello di
vivere nella comunione con gli altri cristiani?
È quello di compiere, come dicevo all'inizio, questo pellegrinaggio come
un atto consapevole di santità.
Noi siamo qui - il Vescovo e gli altri sacerdoti - tutti per cercare di mantenervi
costantemente consapevoli di quello che stiamo facendo, perchè la cosa
più bella del mondo è essere consapevoli dei gesti che compiamo
ed è l'espressione pù umana della nostra vita.
La logica e la dinamica cristiana è quella di lasciarci affondare dentro
la comunione e la comunità che ci circonda e questo è il significato
della parola di San Giovanni che dice: "Se uno non perde la sua vita non
la ritrova, non la salva" (Gv. 12,25). Dobbiamo lasciarci giudicare dagli
altri, se vogliamo spogliarci dell'egoismo che abbiamo addosso.
La vita comunitaria è lo strumento più efficace per educare la
nostra persona, cioè per salvare la nostra persona. Evidentemente ci
chiede di rinunciare a decidere noi quello che vogliamo fare, a porci in una
condizione di autorità nei confronti degli altri, di sentire gli altri,
invece, come parte di noi stessi, perchè apparteniamo tutti al corpo
mistico di Gesù, cioè a quella immensa realtà di persone
unite tra di loro al centro della quali c'è la persona di Cristo: noi
siamo solo come il complemento della sua persona.
Il battesimo ci inserisce come complementari alla persona di Cristo, perchè
il centro è Lui: tutti gli altri ci sono donati per accoglierli ad amarli,
perchè è Lui che ama noi e ama loro.
Allora ricordiamoci di quello che stiamo facendo, dello scopertine/copo finale, della
promessa che implicitamente il Papa domanda a tutti i giovani del mondo a Czestochowa,
del fatto che questo pellegrinaggio deve permetterci di capire meglio noi stessi,
di capire la nostra vocazione cristiana, di capire le nostre vocazioni particolari,
di capire ciò a cui siamo chiamati, di sentire le resistenze e giudicare
le ritrosie che abbiamo dentro.
La condizione per fare questo è quella di lasciarci assorbire dentro
alla dinamica della comunione, nel segno della promessa che il Signore ha fatto
che se riusciamo a morire a noi stessi dentro la Chiesa, la faremo rivivere
e con lei rivivrà tutta la nostra persona.
La nostra persona, così, acquisisce tutto il significato che il Signore
le ha dato.