Politiche sociali: cambiare, ma come?
Enveloppe budgetaire e standard qualitativi:
due idee per un non profit efficaceDi Mimi Lepori Bonetti
Politiche sociali: cambiare, ma come?
Mi è CONSONO
Di Mimi Lepori Bonetti
In una società dove la mobilità professionale è diventata regina, è raro trovare qualcuno che si affezioni al posto di lavoro per venti anni. Ancora più strano è trovare qualcuno che si presta a lasciare un lavoro dove sta bene. Sono considerazioni fatte al momento stesso in cui decidevo di lasciare CARITAS. Sbarazzo subito il campo. Non lascio Caritas perché ci sono dei problemi. Caritas è un luogo a me molto "consono" perché da sempre l'ho paragonato a un cantiere sociale dove la creatività e la dinamicità sono caratteristiche presenti e molto vicine al mio modo di lavorare e di concepire il sociale. Lascio Caritas perché lì ho maturato un discorso sul sociale e oggi voglio farne una sperimentazione. Non credo sia questa la sede per fare un bilancio del lavoro svolto durante questi venti anni. Alcune brevissime considerazioni permettono da sole di cogliere le profonde mutazioni avvenute in un impresa sociale come quella di Caritas.
Ho iniziato la mia attività a Caritas nel 1976, allora c'erano un gruppetto di figure professionali, omogenee nella formazione, oggi il suo organico è quintuplicato e le professioni rappresentate sono profondamente eterogenee; lo stesso lavoro è completamente trasformato. Allora si parlava quasi unicamente di casistica individuale, oggi i progetti sociali, i programmi occupazionali, la rete di volontari, la presenza oltre i confini del Ticino, la preoccupazione di informare e formare sono all'ordine del giorno. Allora il tutto si giocava grazie a un budget di qualche centinaia di migliaia di franchi oggi il preventivo è di quasi dieci milioni di franchi. La preoccupazione che ha accompagnato Caritas è stata quella di saper leggere i bisogni sociali della nostra comunità e, grazie alla sua flessibilità, di farsene carico. E' questo sicuramente grazie all'équipe che con tenacia e impegno ha considerato il lavoro sociale più come qualcosa da creare, plasmare che non da amministrare.
In tutti questi anni di lavoro sociale trovo una costante che da sempre mi ha accompagnato. Quella di credere all'importanza del privato sociale. La scelta di campo è stata fatta nel 1976 quando privilegiando Caritas dicevo di no a un posto, allora, sicuramente più allettante presso il Dipartimento opere sociali. Da allora posso dire di avere usato molte forze, per permettere a questi due poli di meglio capirsi e meglio collaborare. Lo scricchiolio dello Stato sociale, verso la fine degli anni ottanta, permetteva al privato sociale di riconquistarsi il suo giusto spazio nella scacchiera ticinese, ma è sicuramente in questi anni, con la crisi ormai profonda dello Stato sociale, che il privato sociale ha tutte le possibilità per entrare seriamente in sinergia con gli altri poli della società, quello dello Stato e quello del mercato.
La mia nuova attività, da indipendente nel lavoro sociale, che porta il nome di CONSONO -consulenza sociale e non profit- si situa armonicamente in questa scia di riflessione. Affermare come più volte ho fatto che il non profit deve diventare profit, che il sociale deve coniugarsi con capacità imprenditoriali, che gli attori della società civile devono diventare dei soggetti vivi non basta più. Oggi diventa stringente poterlo sperimentare direttamente, attraverso questa nuova forma di lavoro sociale, che in maniera diretta sposta l'accento dal lavoro salariato al lavoro da indipendente. Ed è questa sicuramente una pista di lavoro nuova, stimolante, che già oggi, anche nel nostro piccolo Ticino, tocca molte realtà lavorative. L'occasione per questa nuova sperimentazione mi è data da un mandato a tempo parziale ricevuto dalla direzione dello sviluppo e della cooperazione tecnica di Berna. Un mandato che mi mette in contatto con quella realtà ticinese che si occupa di aiuto e sviluppo al difuori dei nostri confini. Ma accanto a questo mandato diventa importante realizzarne altri che mi permettano di concepire l'attività nel sociale con un nuovo statuto; quello indipendente. Ecco allora che CONSONO si pone sulla scacchiera sociale ticinese rispettoso, in sintonia con la storia sociale costruita in questi decenni e desideroso di saper cogliere le sfide che, anche il sociale deve affrontare guardando al futuro. MLB
Quando il "non profit" diventa una sfida professionale
Mimi Lepori aveva intuito da tempo che la sfida del settore sociale si chiamava "non profit" e assieme avevamo deciso di dare spazio alla riflessione su questo tema, sulla rivista e nell'emissione Caritas Insieme. Un tema solo apparentemente teorico che in diverse iniziative di Caritas Ticino si concretizza rendendo esplicita l'idea fondamentale che lo sviluppo economico e lo sviluppo sociale possono e devono camminare assieme. Caritas Ticino sta portando avanti questa sfida come organismo ecclesiale che dispone di mezzi per sperimentazioni anche di dimensioni ragguardevoli: ad esempio 150 posti di lavoro al 100% nel programma occupazionale per il reinserimento dei disoccupati di lunga durata. Mimi Lepori parte oggi con una sfida parallela alla nostra che è quella della consulenza a chi vorrà provare a percorrere la strada del "non profit". Con la sua nuova agenzia Consono, Mimi Lepori si è spostata solo di un isolato, dal 12 all'8a, e forse non è casuale, perché tra il non profit targato Caritas Ticino e quello della Consono non c`è bisogno neppure di attraversare via Lucchini.
Roby Noris