Da Caritas Insieme TV del 30/31 gennaio 1999
È l'UNITÀ che salva
Occorre che i cattolici siano sempre più cattolici, che gli ortodossi siano sempre più ortodossi. Aiutiamoci a convertirci in Cristo e Cristo ci unirà. Questo è il nostro ecumenismo e questa è la nostra missione



In gennaio, in occasione della settimana per l’Unità dei cristiani, siamo andati al centro Russia Cristiana di Seriate, per visitare la mostra delle icone della Scuola nata 20 anni fa e per incontrare il fondatore del centro, Padre Romani Scalfi.
Questo prete, dalla lunga barba bianca, che sembra più russo dei russi, ha coinvolto centinaia di persone nel suo lavoro di sostegno ai cristiani della Chiesa d’Oriente.
Anche in Ticino, negli anni 70 era stato costituito, un gruppo di preghiera per l’unità dei cristiani. Si ritrovava regolarmente, a pregare e a leggere le testimonianze che arrivavano dai martiri della Chiesa russa, nella stupenda cornice della Casa San Benedetto a Cureglia, dove, fino al 1984, vivevano alcune monache benedettine di rito bizantino. Durante l’estate si passava una settimana con le suore, studiando i grandi pensatori russi, pregando in slavo antico, imparando i canti della Liturgia bizantina, e venendo introdotti al mistero delle icone. Per chi l’ha vissuta quell’esperienza fa parte di quelle pietre preziose che si racchiudono in cuore.
Nessuno avrebbe mai pensato allora che il monastero sarebbe diventato la casa comunale e che nella cappella bizantina si sarebbe andati a votare, così come nessuno avrebbe mai creduto di vedere la caduta del comunismo.

A Padre Scalfi, che accompagnava appunto quell’esperienza ticinese, e che ritorna spesso in Ticino a celebrare la Santa Liturgia, abbiamo chiesto di raccontare la storia di Russia cristiana in questi anni, pieni di cambiamenti. L’intervista è stata trasmessa nell’emissione "Caritas Insieme" e l’abbiamo trascritta per voi. (Padre Scalfi non ha rivisto questo testo)
Russia Cristiana è nata nel ’57, con uno scopertine/copo ecumenico e missionario, per far conoscere la tipicità della tradizione bizantina, la storia, le icone, la filosofia, il pensiero, nella convinzione che le due Chiese, quella orientale e occidentale, potessero arricchirsi vicendevolmente attraverso una conoscenza reciproca e un amore reciproco. Quindi, fin da allora, abbiamo creato una struttura che potesse diffondere il miglior pensiero della tradizione bizantina, che servisse agli italiani in generale e alla Chiesa cattolica in particolare.

Abbiamo diffuso le testimonianze di una vita che rinasceva nel dolore e nella sofferenza. Ed era una cultura nuova, di spessore consistente, cioè la riscopertine/coperta che senza Dio l’uomo non può stare in piedi. Il centro della questione è l’uomo in quanto persona con tutta la responsabilità della propria vita e della vita degli altri e insieme l’impegno di ritrovare un ambito comunitario, che desse anche spessore alla vita sociale, che in qualche modo potesse anticipare una prospettiva di vita nuova. Non attraverso ideologie o programmi, ma attraverso un’esperienza.
Per noi è stato di grande aiuto ma anche un grande impegno aiutare la gente che lavorava nella clandestinità, che era spesso messa nei lager e in prigione e che attendeva una consonanza da parte dell’Occidente. E noi, clandestinamente, eravamo in contatto con molti di questi dissidenti, o meglio di coloro che avevano un modo diverso di concepire la vita e che iniziavano quel fondamento di vita nuova che doveva svilupparsi prima della caduta del comunismo. Fin da allora, il Samizdat, non puntava principalmente sulla caduta del comunismo, ma sul far crescere una personalità nuova e far nascere esperienze nuove di socialità.

Ricordo quello che mi diceva Padre Men’, l’ultimo grande martire del 900, una settimana prima che lo ammazzassero: Lo incontrai all’inizio dell’82 a Mosca, e mi diceva: ormai il comunismo è caduto, non può più stare in piedi perché la cultura nuova ha tagliato le radici. È solo una questione di tempo, ormai il suo destino è finito! Ed è proprio finito, determinato dall’incapacità di convincere, ormai, più nessuno.

Dopo la caduta del comunismo, pensavamo di poter andare in pensione, ma non è stato possibile. D’altra parte, non l’avevamo mai neanche pensato, per la verità. Il nostro primo scopertine/copo non era quello di combattere il comunismo, anche se per il comunismo non abbiamo mai nutrito particolare simpatia, ma di aiutare la Chiesa.

Dopo la caduta del comunismo, e dopo i primi entusiasmi che facevano prevedere un trionfo della Chiesa, è subentrata un’indifferenza, non dico totale, ma sempre più larga. La crisi investe tutti: la Chiesa ortodossa e tutte le Chiese, anche quella cattolica sebbene la sua presenza sia minoritaria. È la crisi della diffidenza, della stanchezza.
In questo momento le difficoltà sono doppie. Anzitutto vi è una civiltà scettica, che tra l’altro era stata prevista dai pensatori russi fin dal 1918, che avevano detto: "Oggi a cavalcare la Russia è il cavallo rosso della rivoluzione, seguirà il cavallo nero della restaurazione, ma poi a dominare sarà il cavallo bigio dello scetticismo". Ed è quello che sta avvenendo oggi. A distruggere si fa in fretta, ma ricostruire costa molto di più, combattere questo scetticismo generalizzato ci obbliga ad un impegno più grande.
Bisogna anche combattere una certa reazione, che noi riteniamo sbagliata, di alcuni elementi della Chiesa ortodossa che, scontrandosi con le difficoltà del mondo d’oggi, cerca di trovare il colpevole. I colpevoli sarebbero gli stranieri, la Chiesa cattolica ed altro. Non si tratta però di cercare un colpevole, ma di riconoscere una situazione che è difficile per tutti e di aiutarci ad affrontarla.

Troviamo gente che collabora con noi ed è sempre più numerosa. A Mosca abbiamo per esempio una biblioteca religiosa che diffonde circa 500 libri ogni giorno. In questa biblioteca a lavorare sono in maggioranza ortodossi e sono del tutto consenzienti con noi, perché lavoriamo per la stessa causa. Non ci interessa strappare un ortodosso dalla propria Chiesa per farlo cattolico, desideriamo che gli ortodossi siano veramente ortodossi, che non si lascino prendere da certi antichi mali, da un messianismo sbagliato, che vede la salvezza nel chiudersi in se stessi, e attorno a sé non vede altro che il nemico pronto a sbranare l’ortodossia. Esiste anche una certa diffusione di libri contro il Papa, contro la Chiesa cattolica, contro il nemico della Russia giurato dai tempi, e avanti di questo passo. Questo fa relativamente male a noi, ma soprattutto fa male a loro stessi e ci rattrista perché non è il modo per risolvere la crisi.

Il popolo attende di essere evangelizzato. Noi notiamo che quando si parla con semplicità di Cristo e delle cose fondamentali, c’è una rispondenza che a volte non troviamo neppure in Occidente. Ma quando ci si punta su un certo liturgismo ossessionante, su un certo particolarismo, su certi dettagli che diventano l’essenziale, allora si perde lo slancio missionario e l’effetto è quello di un’estraneità reciproca che fa male a tutte e due le Chiese.

È l’unità che salva! Un’unità che riconosce le differenze. Oggi si comprende sempre più che le idee fondamentali sono identiche e che il bisogno è unico, in Oriente e in Occidente, quindi la missione deve essere unica. Noi non concepiamo un ecumenismo senza una passione missionaria. Un certo ecumenismo che si limita al rispetto degli altri, al dialogo, è estraneo alla nostra mentalità. Per noi il dialogo è in funzione della missione. Dobbiamo aiutare gli ortodossi a diventare sempre più missionari, con noi, insieme a noi, riconoscendo appunto le differenze che ci sono, ma sottolineando ciò che ci unisce, perché oggettivamente ciò che ci unisce è infinitamente di più di quello che ci divide. Non si tratta di una tattica ecumenica, si tratta di riconoscere la verità.

Il rinnovamento della società parte dalla persona, perciò ecumenismo e missione, non sono un’organizzazione di persone ad alto livello, ma è una dimensione del cuore. Se la persona non è sempre più missionaria, sempre più ecumenica, nascono le tattiche, le tecniche ecumeniche, che hanno un corto respiro, come ci dimostrano gli ultimi atteggiamenti che sono venuti fuori dalla Chiesa ortodossa. Quando ci si preoccupa di messe in scena ecumeniche, di tattiche ecumeniche, poi si scopertine/copre l’inconsistenza. Bisogna partire dalla persona, da un’esperienza missionaria ed ecumenica.
"Ecumené" vuol dire un Cristo che abbraccia la totalità della vita, dopo di che nasce una missione che vuole il rispetto della persona, delle condizioni degli altri, ma che tende all’unità e che la vuole. Il dialogo non fine a se stesso, ma il dialogo in funzione di un’unità. Un dialogo che rispetta scrupolosamente ogni passo dell’altro ma che ci deve aiutare alla conversione in Cristo. Come mi diceva un ortodosso: io desidero che i cattolici siano sempre più cattolici, che gli ortodossi siano sempre più ortodossi, aiutiamoci a convertirci in Cristo e Cristo ci unirà.
Questo è il nostro ecumenismo e questa è la nostra missione.