Riempirgli le bocche ... e NON lasciarli PARLARE?
A cura di Marco Fantoni
Dal
21 al 24 giugno scorso, si è svolto a Roma il 25° Convegno nazionale delle Caritas
diocesane italiane, dal titolo "LAnno di Misericordia del Signore
- Cammini di carità verso il Giubileo". Due gli obiettivi di fondo; verificare,
nellAnno del Padre e della Carità, il cammino realizzato in questo decennio
dalle Chiese locali, con un particolare riguardo alle parrocchie ed alla promozione
delle Caritas parrocchiali; riflettere sullAnno Giubilare inteso come
restituzione, liberazione, riconciliazione e condivisione, per far crescere
nella comunità cristiana e nellintera società lopzione preferenziale
per i poveri e gli emarginati e la passione per la giustizia e la pace.
Diversi gli interventi
e le relazioni. Vi proponiamo le riflessioni di Paolo Cereda, collaboratore
della Caritas Italiana per larea internazionale ed in modo particolare
responsabile dei progetti nella regione africana dei Grandi Laghi. Riflessioni
che sono indirizzate allambito della realtà della Caritas Italiana, ma
che possono essere tranquillamente riprese per altre realtà, nostra compresa,
che si avvicinano a quelle situazioni di aiuti in casi di emergenze, catastrofi,
volontariati, padrinati, del "Bisogna fare qualcosa". Riflessioni
che non lasciano spazio a compromessi, espressione di esperienze vissute, che
portano quotidianamente a confrontarsi con realtà vicine e lontane, sul problema
dellesclusione e dellaccoglienza dellAltro. Il Cristiano che
si mobilita in situazioni di emergenza a volte, in buona fede, lo fa con strumenti
non adatti e spinto da unemotività che può portare più a danni che a benefici.
Abbiamo pensato di proporre lintervento di Paolo Cereda come strumento
di aiuto, a tutti, in particolare a coloro che regolarmente si mobilitano nellaiuto
al prossimo, per approfondire, personalmente ma anche a livelli di parrocchie,
gruppi ed associazioni, quelle situazioni che sempre più spesso ci coinvolgono
in realtà interne ed esterne. In effeti, a volte nei nostri aiuti, siamo buoni,
magari riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo, riceviamo i ringraziamenti
per l'opera prestata, ma però non completiamo questo aiuto con un attegiamento
totale nei confronti della persona. Abbiamo cioè effettuato un intervento umanitario
dimenticandoci dell'intervento umano. La responsabilità di noi cristiani, di
noi cattolici, è ancora maggiore, tenuto conto del messaggio evangelico che
siamo chiamati a testimoniare.