Condono
dei DEBITI al TERZO MONDO, ma non solo!
È
importante valutare anche misure di accompagnamento
Di Marco Fantoni
Anulliamo
il debito dei Paesi del Terzo Mondo per ridurre la povertà. Questo è il motivo
emergente dei lavori che alla fine del mese di settembre hanno visto impegnati
il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale. Il direttore del
FMI Michel Camdessus (da poco dimissionario) ha, in effetti, insistito su questa
via da seguire, lanciando il messaggio ai paesi membri ed ai loro governanti.
È un messaggio che il Papa già da tempo ha sottoposto ai potenti delle nazioni,
in particolare lha ricordato durante il Messaggio per la Giornata Mondiale
della pace allinizio di questanno, e parlando di globalizzazione
della solidarietà, così si esprimeva: "In questo contesto, rivolgo un
pressante appello a quanti hanno responsabilità nei rapporti finanziari a livello
mondiale, perché prendano a cuore la soluzione del preoccupante problema del
debito internazionale delle nazioni più povere. Istituzioni finanziarie internazionali
hanno avviato, a questo riguardo, uniniziativa concreta degna di apprezzamento.
Faccio appello a quanti sono coinvolti in questo problema, specialmente le nazioni
più ricche, perché forniscano il supporto necessario per assicurare alliniziativa
pieno successo. Si richiede uno sforzo tempestivo e vigoroso per consentire
al maggior numero possibile dei Paesi, in vista dellanno 2000, di uscire
da una ormai insostenibile situazione. Il dialogo tra le istituzioni interessate,
se animato da volontà dintesa, condurrà, ne sono certo, ad una soddisfacente
e definitiva soluzione. In tal modo, per le Nazioni più disagiate si renderà
possibile uno sviluppo durevole ed il millennio che ci sta dinanzi diventerà
anche per esse un tempo di rinnovata speranza."
Uno sviluppo durevole dunque per quelle nazioni che da troppo tempo si ritrovano
con un cappio al collo che difficilmente, senza il condono dei debiti, riuscirebbero
a togliersi.
Dal punto di vista economico è evidente che molti paesi sono fortemente condizionati
dal peso del debito estero. È altrettanto pensabile che le nazioni fortemente
indebitate non riusciranno a restituire i capitali ricevuti come prestito, in
quanto fanno fatica ad avere uneconomia sana che permetta loro di far
fronte almeno agli interessi debitori. Questo blocca altri tipi dinvestimenti
in settori essenziali della vita di un paese, maggiormente per quelli del terzo
mondo, confrontati a situazioni che dal profilo della salute, delleducazione
e dello sviluppo in generale, lasciano alquanto a desiderare. Se poi aggiungiamo
che spesso i capitali sono investiti negli armamenti, ne abbiamo un risultato
assai confuso. In effetti, la tendenza in caso di mancanza di capitali è quella
di dimenticare le necessità più urgenti e probabilmente anche più costose per
il valore della persona, indirizzandosi a quelle che sono le spese di mantenimento
del potere. Un esempio recente è quello emerso dai fondi concessi dal FMI alla
Russia, dove è stato accertato che parte dei fondi sono stati utilizzati a scopertine/copi
di corruzione. Questo caso ha lasciato evidentemente uno strascico nel discorso
del condono dei debiti o meglio nella concessione di nuovi. Misure accompagnatorie,
in modo particolare sulluso della democrazia nel paese, devono essere
prese in considerazione in modo che il condonare un debito non diventi una misura
automatica ma rispetti delle condizioni precise. Condizioni che però non devono
ulteriormente penalizzare i più deboli.
Durante lannuale riunione del FMI e della Banca Mondiale, il suo presidente
James Wolfensohn ha affermato che se la tendenza economica attuale continuerà
così, lobiettivo della riduzione della povertà entro il 2015 non sarà
raggiunto. Il carico cadrà non solo sui paesi ricchi ma anche sui paesi in via
di sviluppo, i quali dovranno lottare contro la corruzione, la protezione dei
diritti umani ed il rispetto della proprietà e dei contratti.
Anche Michel Camdessus, come presidente del FMI gli ha fatto eco con un vibrante
intervento dove ha sottolineato il fatto di "umanizzare la globalizzazione".
Queste parole però suonano un po contraddittorie, in quanto le condizioni
imposte dal FMI ai paesi debitori, costringono questultimi a "peripezie"
economiche insopportabili. Cè quasi una lotta tra paesi poveri per una
sempre maggior produzione allesportazione, per incamerare dollari, ma
con la conseguenza del crollo dei prezzi. Questi aumenti di produzione portano
pure al non curarsi delle condizioni di lavoro delle persone (impiego di bambini),
delle conseguenze ambientali (la distruzione di foreste) e sociali (la produzione
di droghe per incamerare valuta estera, dopo il crollo dei prezzi di caffè,
cotone, cacao) e con il peggioramento generale del mondo del lavoro con una
conseguente diminuzione di richieste al Nord che a sua volta vede calare i posti
di lavoro.
Valutazioni queste di tipo economico, basate su dati di fatto constatabili anche
da noi.
Il peggioramento delle condizioni nel Sud del mondo costringono anche il Nord
a subirne le conseguenze. Ci ritroviamo contro, dunque, degli effetti poco graditi
e che anche da noi creano "emergenze" sociali. Limmigrazione
ad esempio, provocata appunto dai fattori citati, anche se da noi non si riscontrato
quei grandi flussi migratori provenienti dal Sud, che ritroviamo ad esempio
in Africa. I paesi ricchi sono sempre più attrattivi per chi a casa propria
non ce la fa!
Il peggioramento delle condizioni nel Sud del mondo costringe anche il Nord a subirne le conseguenze. Ci ritroviamo di fronte a degli effetti poco graditi che anche da noi creano "emergenze" sociali
La conclusione? Per il Nord
è tutto di guadagnato se il Sud può stare meglio. Non solo per le ricadute positive
sotto il profilo finanziario, ma soprattutto perché la persona ha diritto ad
una vera e propria dignità, sia al Sud sia al Nord. Dunque il condono del debito
estero, con precise garanzie, è la logica conseguenza di un equilibrio economico
che deve partire da una visione sulla persona valorizzata e non mezzo con il
quale chi dirige un paese debba tenerne in considerazione il suo valore a soli
fini dinteresse personale. Se dovesse essere questa, infatti, la tendenza
per il nuovo millennio, anche il condono del debito estero rimarrà solo una
buona azione fine a se stessa che continuerà ad avvantaggiare coloro che "muovo
i fili". Abbiamo, noi del Nord, già aspettato troppo per questo tipo di
azione e nel Sud si aspetta una boccata dossigeno. Lentrare nel
nuovo millennio con prospettive positive non può essere che uno stimolo per
la rivalutazione di passi falsi commessi in passato e da non ripetere, per il
bene della comunità tutta. E sempre a proposito della globalizzazione della
solidarietà di cui Giovanni Paolo II si è fatto promotore, lo stesso Papa
è ritornato a parlare di condono dei debiti durante lUdienza generale
del 3 novembre scorso, dove ammettendo che il problema è complesso e di non
facile soluzione ha voluto specificare che "esso non è solamente di
carattere economico, ma investe i principi etici fondamentali e deve trovare
spazio nel diritto internazionale, per essere affrontato e adeguatamente risolto
secondo prospettive di medio e lungo termine." Ha inoltre precisato
che "Occorre applicare un "etica della sopravvivenza"
che regoli i rapporti tra creditori e debitori, di modo che il debitore in difficoltà
non sia pressato da un insopportabile peso. Si tratta di evitare speculazioni
abusive, di concertare soluzioni attraverso le quali coloro che prestano siano
più rassicurati e coloro che ricevono si sentano impegnati in effettive riforme
globali per quanto attiene laspetto politico, burocratico, finanziario
e sociale dei loro paesi."
Non pensiamo dunque che sia solo un problema finanziario da risolvere dai grandi
centri decisionali, anche se hanno un grande potere, ma si tratta appunto di
una problematica che raggruppa anche comportamenti etici che possono essere
condizionati da prese di posizione del comune cittadino. Ad esempio con azioni
di sensibilizzazione come la campagna "2000 - Anno del condono dei debiti"
che ha raccolto 17 milioni di firme provenienti da 160 paesi e consegnate a
Colonia il 19 giugno scorso ai ministri degli Stati del G7. Campagna sostenuta
soprattutto dagli ambienti delle chiese con lo scopertine/copo principale di esigere una
riforma dei programmi di aggiustamento strutturale da parte della Banca Mondiale
e del FMI.
Il dialogo tra le istituzioni interessate, se animato da volontà dintesa, condurrà ad una soddisfacente e definitiva soluzione. In tal modo, per le Nazioni più disagiate si renderà possibile uno sviluppo durevole ed il millennio che ci sta dinanzi diventerà anche per esse un tempo di rinnovata speranza