Sono un lettore del vostro bimestrale,
sposato con 5 figli dai 17 ai 2 anni, e come genitore mi trovo spesso
in difficoltà nel scegliere la linea educativa più adatta alla circostanza,
succede a volte, discutendo con altri genitori, che la linea scelta
non è condivisa o solo in parte. Vi chiedo se nellambito della vostra rivista, per esempio sotto la rubrica famiglia, possiate rispondere ad alcune situazioni di vissuto quotidiano, sia nelle vesti di genitori sia con lausilio di esperti. In caso affermativo vi proporrei per il prossimo numero le seguenti situazioni: Ilario 8 anni frequenta la 3a elem. - durante un compito in classe, probabilmente a causa di un calo di concentrazione, sbaglia a scrivere 8 parole la maestra, a tutti quelli che hanno sbagliato, impone il compito di scrivere 100 volte le parole sbagliate per il giorno successivo. Nicola 5 anni frequenta il secondo anno di asilo - il papà gli vieta una determinata cosa - Nicola ha una reazione di stizza e capricci poi visto che non poteva ottenere quello che voleva si rifugia in camera, dove comincia a buttare tutto quello che gli è possibile dalla finestra. Andrea 17 anni frequenta la 2a liceo - ha un comportamento strafottente, indisponente sia coi genitori, soprattutto con la mamma, che coi fratelli tutti minori di lui coi quali impera a più non posso. Con gratitudine vi porgo i miei più cordiali saluti. Lettera firmata |
Caro lettore,
L a redazione della rivista ha incaricato me di rispondere alla sua lettera,
considerando che io possa fungere da esperto, visto che, per professione, mi
occupo di educazione.
Le rispondo non senza imbarazzo poiché ho sempre pensato che le rubriche di
consigli, soprattutto in campo educativo, psicologico e affini siano problematiche
sotto più punti di vista.
Infatti è molto difficile rispondere in modo pertinente a domande riguardanti
queste questioni, in quanto ogni situazione ha un suo particolare contesto che
non è possibile comprendere a partire dalle poche righe di una lettera. Ogni
situazione ha caratteristiche sue proprie e non è facile individuarle senza
conoscere le persone, le loro abitudini, le loro idee, i rapporti che tra loro
intercorrono.
Sovente si corre il rischio di dare suggerimenti di ordine generale - supponendo
lesistenza di genitori e di bambini "tipo" - che per definizione
non si attagliano a nessuno. Inoltre dare consigli non sempre è opportuno anche
perché, di solito, noi tutti siamo pronti ad accogliere i consigli che, in qualche
modo, già ci convengono. Un consiglio che si allontana in misura rilevante dal
nostro modo di affrontare solitamente i problemi e che si scontra con le nostre
abitudini di pensiero, necessita di un lavoro paziente di accompagnamento e
di sostegno che una rubrica dei lettori difficilmente è in grado di svolgere.
Tenga quindi conto di queste mie reticenze e dei limiti di questo tipo di corrispondenza
mentre leggerà le idee che la sua lettera mi sollecita.
Nella parte introduttiva del suo scritto lei esprime difficoltà riguardo alla
"linea educativa più adatta alla circostanza" e di divergenze di opinioni
con altri genitori riguardo alla stessa. Mi sembra che questa sia la questione
più importante che viene sollevata ed è anche una questione che si può convenientemente
affrontare senza troppo conoscere il contesto che lha generata. Le tre
situazioni descritte alla fine, invece, richiedono maggiori informazioni e le
risposte sottostanno ai rischi cui accennavo sopra.
Uno dei problemi maggiori nel rapporto con i figli, o con i bambini in genere,
sta proprio qui, nel pensare che bisogna in qualche modo decidere una "linea
educativa" e a questa attenersi. Penso, per analogia, alla linea del partito,
al programma dellordinatore ecc. È normale che in questottica
più "linee educative" si confrontino e a volte si contrappongano,
come lei dice nella sua lettera. Sappiamo tutti quanti conflitti, quanti attriti
vengano ai genitori dai diversi modi di pensare la "linea educativa".
Ovviamente ognuno ritiene la sua migliore delle altre, salvo verbali attestazioni
di modestia del tipo: - ... probabilmente sbaglio, ma ...-
Educare un bambino non è una questione legata ad un sistema di comportamenti
ma è una questione di rapporti con una persona. Di rapporti individuali, personali,
anche quando si è in tanti.
Non si tratta quindi di adattare una linea generale, di volta in volta, a situazioni
diverse e tendere ad un obiettivo prefissato del tipo: - mio figlio deve crescere
così- oppure, - se con i bambini non si procede così ... allora -; ognuno potrà
reperire analoghe espressioni nelle conversazioni quotidiane.
E facilmente osservabile il fallimento di tali programmi sui figli, in
primo luogo su noi stessi.
Se escludiamo come negativo un programma a lungo termine, possiamo ritenere
vantaggioso laffrontare le situazioni come rapporti individuali che si
danno ogni qualvolta due persone si incontrano e vivono un momento assieme.
In questo non cè particolare differenza tra adulti e bambini, è sempre
una cosa seria e per nulla infantile, anche quando laltro è un bambino.
Un rapporto è un rapporto; il pensiero che
con i bambini si debbano intrattenere
"rapporti educativi" mi pare distorca il rapporto stesso. Questo modo
di concepire
i rapporti con i bambini sottende lidea che i bambini abbiano desideri
infantili
in qualche
modo inadeguati, non maturi, non realistici; che i bambini abbiano pensieri
infantili, immaturi, irrealistici; che i bambini abbiano bisogni infantili,
ecc., e perciò debbano essere educati, indirizzati verso le cose serie, importanti,
non infantili.
Se pensiamo fino in fondo la questione ci vediamo costretti a concludere che
con i bambini, noi adulti, non possiamo avere rapporti veramente soddisfacenti,
in quanto nessuna reale soddisfazione ci può venire dal rapporto con un essere
così diverso da noi. Ci resta solo la fatica delleducare in attesa del
giorno in cui il bambino sarà veramente allaltezza di un rapporto maturo.
Faccio notare che linfantilismo è un disturbo delladulto e non del bambino. I bambini, quando non sono già disturbati, hanno desideri, bisogni, pensieri, affetti serissimi
Badi che
non sto sostenendo lidea che il bambino cresca da solo, che gli adulti
non servano e che i genitori siano solo degli impedimenti alla crescita.
Nemmeno sostengo lidea che non esistano norme o che queste siano un ostacolo
alla libertà.
Penso che le norme, le regole, siano dettate dal rapporto e non viceversa.
Un rapporto, sia esso con un adulto o con un bambino, è tale solo se tende alla
reciproca soddisfazione (potremmo anche dire felicità, arricchimento, beneficio,
ecc.). Il bambino in particolare non ha obiezioni di principio a questa situazione
in quanto sa che la sua soddisfazione dipende da un altro e che la domanda di
soddisfazione richiede un lavoro.
La norma è, allora, norma del rapporto e può essere riassunta nellaforisma:
Agisci in modo che la tua soddisfazione dipenda dal tuo lavoro per propiziarti
il favore di un altro.
Non cè nulla di predefinito in questo modo di impostare i rapporti, tutti
i rapporti. La sanzione di questa norma, quando sarà punitiva, lo sarà in quanto
capace di segnalare unuscita dal rapporto e non la trasgressione di unastratta
norma fatta di imperativi irraggiungibili.
In questo senso non condivido limpostazione di una linea educativa aprioristicamente
data, che preveda, più o meno, le mosse giuste e quelle sbagliate.
La norma, anche quando prevede una sanzione, serve a sostenere il reciproco
lavoro per la soddisfazione e quindi non può essere fissata in un quadro di
regole astratte previste da un programma altrettanto astratto e rigido.
Un rapporto, sia esso con un adulto o con un bambino, è tale solo se tende alla reciproca soddisfazione. Il bambino in particolare non ha obiezioni di principio a questa situazione in quanto sa che la sua soddisfazione dipende da un altro e che la domanda di soddisfazione richiede un lavoro
Si possono
affrontare le tre situazioni che lei descrive alla fine della lettera a partire
da questidea di rapporto, ma ci manca il tempo. Tento quindi delle risposte
in stile telegrafico. Segnalo che sono in parte costretto ad interpretare le
situazioni perché mancano le domande.
Il piccolo Ilario vive una situazione che tutti gli allievi e tutti i docenti
hanno vissuto e che non vorrebbero mai vivere. Mi pare si tratti, per la docente,
dello stesso problema di Ilario: dando quel castigo dimostra di aver avuto anche
lei un calo di concentrazione: capita a tutti, ma sarebbe meglio evitare.
Nicola è molto arrabbiato (essere arrabbiati e fare i capricci sono due cose
profondamente diverse): è possibile che il papà lo abbia fatto arrabbiare così
tanto da costringerlo a questa scena molto teatrale e per nulla infantile?
Perché pensare che un bambino non dovrebbe reagire con disappunto di fronte
ad un rifiuto?
Se la reazione del bambino è occasionale nulla vieta di lasciare le cose come
stanno; se la stizza ed i capricci sono regolarmente "sopra le righe"
ci possiamo chiedere cosa succede quando i genitori e il bambino incontrano
la parola "no!". Molto spesso il "no!" è un problema per
chi lo pronuncia piuttosto che per chi lo riceve. Se il "no!" è pronunciato
in nome di unastratta "linea educativa" certamente la stizza
è la reazione più naturale ad una situazione incomprensibile. La reazione violenta
del bambino ci informa anche, se mai ce ne fosse bisogno, che i bambini non
sono necessariamente angelici.
Per Andrea ci si può domandare dove sia andato a prenderla quella strafottenza nei confronti soprattutto della madre. Potremmo invocare i travagli delladolescenza, ma questi vengono da lontano e, come si dice, "questa è unaltra storia" ...