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Caritas
Insieme TV del
11 - 12 agosto 2007 |
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| Il Vangelo in Casa, navigando sulle acque di Galilea, incontra oggi la lettera agli Ebrei, che non è di San paolo, non è una lettera, non è indirizzata agli Ebrei. Anche la liturgia lo riconosce e infatti si dice dalla lettera agli Ebrei e non "di san Paolo apostolo agli ebrei", perché si è riconosciuto che questo è di fatto un trattato, un documento che circolava fra le comunità cristiane, che forse san Paolo ha inviato a qualcuno, con un bigliettino in cui lo salutava. Fatte queste premesse, che don Giorgio Paximadi spiega molto meglio in questa puntata di Caritas Insieme Tv, la Chiesa ci propone di leggere una parte della "lettera", che si riferisce al dono della fede. L'autore si riferisce al "padre della fede", Abramo, che per fede lasciò la sua terra, per fede accolse Isacco quando era già vecchio, per fede arrivò persino ad offrirlo in sacrificio, certo che il Signore non lo avrebbe tradito mai. Qui fede non significa credere una cosa impossibile, ma fidarsi di qualcuno, confidare soprattutto in chi fa la promessa. Straordinario non è il fatto che Abramo credette di avere una discendenza quando lui e la moglie Sara erano già vecchi, ma che si fidasse di un Dio sconosciuto. L'autore della lettera allarga poi il concetto di fede, traducendolo per noi, perché Abramo divenne il simbolo di chi crede nella resurrezione, non solo ma siccome Dio si presenta a Mosè come il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, e poiché il Dio di Israele è il Dio dei Viventi, questa promessa fu mantenuta anche per Abramo stesso, così che la sua ricerca di una terra promessa, alla fine fu esaudita, non solo perché arrivò in Israele, ma perché alla fine ebbe da Dio una nuova città. Gesù stesso lo riconosce, quando racconta la parabola del Ricco Epulone, in cui Abramo è visto come il risorto nel quale trovano rifugio i poveri di Israele. |
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