Schema
per la recita del rosario
Il
Santo Padre, Giovanni Paolo II, nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae conferma
sostanzialmente e giustifica la struttura della recita del rosario in tutte le
sue parti.
Prologo
Come
ogni azione liturgica anche il rosario inizia con un segno di croce, che
sintetizza i principali misteri della fede, unità e Trinità di Dio rivelata in
Gesù Cristo crocifisso, ma
risorto, così che noi ponendo su noi stessi lo stesso segno della sua vittoria
sulla morte, siamo conformati alla sua Risurrezione. In questo senso il segno di
croce è memoria del nostro battesimo.
Alcuni
in analogia alla celebrazione delle Ore liturgiche, iniziano il Rosario come in
queste, con la formula:
O
Dio, vieni a salvarmi.
Signore,
vieni presto in mio aiuto.
Gloria
al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
come
era nel principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Amen.
Prima
di iniziare la sequenza dei misteri, cinque per ogni corona del rosario, si
proclama il Credo, secondo la formula apostolica, breve, o niceno-constantinopolitana, più lunga (questa è la preghiera
normalmente recitata durante la celebrazione Eucaristica).
Schema
per ogni mistero
Proclamare
il mistero
A
seconda della
corona o ciclo di misteri che si intende recitare, si inizia sempre proclamando
il mistero che sarà contemplato.
Per
i misteri gaudiosi, ad esempio, si può annunciare la nascita di Gesù, nel modo seguente:
Nel
terzo mistero gaudioso si contempla la Nascita di nostro Signore Gesù Cristo da maria
vergine, in Betlemme.
Segue
una lettura biblica appropriata, che espliciti il
mistero proclamato, aiutando l’approfondimento.
Pregare
il mistero
A
questo punto si inizia la preghiera vera e propria che
comprende un Padre nostro, dieci Ave Maria e, sempre in analogia con la recita
dei salmi, un Gloria conclusivo.
La
ripetizione delle Ave Maria, aiuta ad interiorizzare il mistero, nel colloquio
intimo, in cui ripetere non stanca, un po’ come nel rapporto amoroso, in cui le
stesse parole si caricano di significato proprio perché rimbalzano all’infinito
dalle bocche degli amanti.
La
recita del Padre Nostro e del Gloria riportano lo sguardo al centro della nostra
preghiera, convergendo con Maria verso Gesù e da Lui
al Padre.
Come
ebbe
a dire Saintexuperie, amare non significa infatti
guardarsi negli occhi, ma guardare entrambi nella stessa
direzione.
Il
rosario allora, preghiera mariana per eccellenza, è preghiera con Maria,
adorazione in Lei del mistero stesso di Gesù, verso il
quale la madre Sua è rivolta.
Il
Gloria conclusivo ricorda all’orante la dimensione della lode, della
gratitudine, educandoci a superare il rapporto di semplice richiesta, per
entrare nella dignità dei Figli di Dio.
Al
Gloria, segue una giaculatoria, cioè una formula
tradizionale di supplica o di lode, che condensa in poche parole un patrimonio
di significati che si sono sedimentati nella tradizione della Chiesa, come ad
esempio:
Gesù
mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno, porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose
della Tua misericordia.
Oppure:
Lodato
sempre sia, il Santissimo nome di Gesù, Giuseppe e
Maria.
Nella
prima formula si recupera il senso del rosario come intercessione in relazione ai Novissimi, cioè ai misteri che riguardano la
meta del nostro pellegrinaggio terreno, la morte, il giudizio e le loro
conseguenze irrevocabili, il Paradiso e l’Inferno, non tanto come luoghi, ma
condizioni di comunione o separazione definitiva da Dio.
Nella
seconda si fa memoria del mistero dell’Incarnazione, richiamando la dimensione
famigliare in cui Gesù ha vissuto la sua storia umana,
proiettandola nella Santità, condizione attuale della famiglia di Nazareth.
Questa formula è particolarmente indicata per la preghiera in famiglia, proprio
perché rimanda al destino e alla missione di ogni
famiglia, piccola Chiesa domestica.
Molti,
prima di iniziare un nuovo mistero, introducono una supplica alla Vergine, con
il titolo di Regina della Pace:
Regina
della pace, prega per noi.
Epilogo
Lo
schema viene poi ripetuto per ogni mistero del
rosario.
Una
conclusione classica è la recita della Salve Regina, una preghiera al cui centro sta quanto appena contemplato:
Salve
Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra,
salve.
A
te ricorriamo, noi, esuli figli di Eva; a te
sospiriamo, gementi e piangenti, in questa valle di
lacrime.
Orsù,
dunque, avvocata nostra, volgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi e mostraci,
dopo questo esilio, Gesù, il
frutto benedetto del tuo seno.
O
clemente, o pia, o dolce, vergine, Maria.
In
questa preghiera, infatti, contrariamente alle apparenze, il centro è ancora una
volta Gesù,nostra meta,
nostro fine, ed è lui che chiediamo come dono a Maria, consapevoli della nostra
condizione di peccatori e di pellegrini in una terra di fatica e
dolore.
La
gloria di Mria non è però motivo di lontananza
irrecuperabile, ma di speranza, perché abbiamo in lei
un ponte, un modello, una primizia del nostro cammino fino al luogo del nostro
riposo e felicità.
La
preghiera del rosario si conclude con una triade
riassuntiva, un Padre Nostro, un’Ave Maria e un Gloria al Padre, pregati per le
intenzioni del Sommo Pontefice, che riportano il rosario nella dimensione
ecclesiale, nella comunione con tutti i credenti e con il Papa e i Vescovi che
testimoniano la continuità apostolica.
Molte
altre dimensioni si potrebbero richiamare nel descrivere questa preghiera che
nei quindici secoli della sua esistenza ha raccolto come un fiume materiale di
speranza e di approfondimento teologico e
spirituale.
Certamente
un modo per comprenderla meglio è prgarla.