Eutanasia e dintorni
Di don Graziano Borgonovo
La Chiesa, si sa, esistendo per la sola ragione di non permettere a nessuno di ignorare o dimenticare che Gesù di Nazareth è il Figlio di Dio fatto uomo, pare avercela particolarmente a cuore anche con la difesa, in sé perfettamente razionale e a tutti accessibile, di ciò che concerne la vita e la dignità della persona umana, dal concepimento alla morte naturale, così come del matrimonio e della famiglia.
Proprio mentre il Giubileo per l’Anno Santo del Duemila stava giungendo alla sua conclusione, un po’ ovunque, in diversi Paesi europei, si assisteva ad una serie di decisioni parlamentari, giudiziarie o semplicemente amministrative, sintomatiche del crinale lungo il quale si è posta la civiltà occidentale “avanzata”, da 30-40 anni a questa parte (non, si badi bene, da un tempo infinito).
Ciascun si accorga anzitutto di questa coincidenza: se poi essa venga da taluni valutata puramente casuale è un’opinione che, per diventare rispettabile, deve essersi preventivamente misurata con l’ipotesi, tutta da dimostrare, che bene e male non esistono. Qualche esempio
1. Tra novembre e dicembre del 2000, la Camera bassa olandese ha approvato la legge sull’eutanasia; un paio di settimane prima, il capo dipartimento sanitario del Comune di Zurigo ha rimosso, con provvedimento di tipo amministrativo, la proibizione per le associazioni di “aiuto alla morte” di accedere alle case di riposo dello stesso Comune (in Svizzera la legge proibisce a tutt’oggi l’”eutanasia attiva”, non regola però quella “passiva” e soprattutto consente, con sottigliezza giuridica, proprio l’”aiuto al suicidio”, punibile solo qualora siano dimostrati interessi di terzi).
2. In Italia, Umberto Veronesi, medico rinomato e dall’aprile scorso ministro della Sanità, ha dichiarato che il dolore della malattia va sedato con la morfina, che l’eutanasia è moralmente accettabile, che i preservativi devono essere distribuiti nelle scuole, che le droghe leggere non portano alla tossicodipendenza e quelle pesanti andrebbero liberalizzate, che la lotta alle manipolazioni genetiche è una sciocchezza retriva, che la clonazione sugli embrioni può salvare molte vite. Ha anche imposto e serenamente difeso la famigerata pillola del giorno dopo, a carattere abortivo (ma guai a dichiararla tale: ci si scontrerebbe infatti, nel caso, con le clausole della legge 194 sull’interruzione della gravidanza). Si è infine collocato sulla scia di Blair e Clinton, istituendo un comitato di saggi che desse il via alle terapie geniche. Una mitragliata laica che ha tramortito i colleghi di governo, ma che lo ha portato in testa a tutte le classifiche di gradimento (cfr. L’Espresso, 11 gennaio 2001, pag. 58).
3. In Francia, la Corte di Cassazione ha accolto la richiesta di chi, persona gravemente handicappata, rivendicava sanzioni nei confronti di medici e familiari per non essere stato abortito prima della nascita (sentenza questa le cui conseguenze, anche da un puro punto di vista giurisprudenziale, potrebbero portare molto lontano).
4. Ancora in Olanda è diventato legge di Stato il matrimonio civile per coppie omosessuali: il Senato ha ribadito al riguardo la larga maggioranza già espressa dalla Camera dei deputati. Vi risulta pure consentita l’adozione di bambini, purché di nazionalità olandese; il flusso turistico di omosessuali provenienti da altri Paesi a scopo matrimoniale è al contrario positivamente escluso (perché, va bene la tolleranza, ma a tutto c’è un limite, se non altro geo-politico…). Anche in Svizzera, entro il 2004, le coppie omosessuali dovranno essere ufficialmente riconosciute: il Consiglio federale ha di recente optato per una “unione registrata”, da regolarsi secondo un procedimento legale autonomo (adozione e fecondazione artificiale rimarrebbero al momento precluse).
5. In Gran Bretagna la Camera dei Comuni ha approvato la clonazione di cellule staminali da embrioni umani a scopo di ricerca scientifica. L’ufficio brevetti dell’Unione Europea, con sede a Monaco di Baviera, ha rilasciato concessioni per la produzione di ibridi e chimere.
Morale civica o cinica?!
Non voglio insistere oltre con esempi dello stesso tenore. Due dichiarazioni appaiono illuminanti. «Proprio per questo abbiamo promosso la legge, perché i medici non temano più d’essere perseguiti e, quindi, dichiarino il trattamento. Adesso di sicuro il numero dei rapporti fedeli aumenterà», gioisce nella sua morale civica (o cinica?) Walburg de Jong, portavoce dell’olandese Società per l’Eutanasia Volontaria (Nvve). Come appare evidente, per i parametri della nuova etica globale, male non è più accorciare volontariamente la vita di una persona malata (ciò che equivale ad ucciderla), ma sottrarre i dati alla rilevazione statistica (cfr. Avvenire, 2 dicembre, pag. 4). “In una società mutata che dà alto valore al diritto di autodeterminazione”, sentenzia dal canto suo Robert Neukomm, capo del dipartimento sanitario del Comune di Zurigo, “non vi era più posto per simili divieti”. Se gli anziani “aspiranti suicidi” erano prima costretti a lasciare la propria casa di riposo per realizzare altrove il proprio piano, ora finalmente tutto potrà svolgersi nell’”atmosfera familiare” del riposo (e che riposo!) della casa (cfr. Avvenire, 28 ottobre, pag. 16).
Occhi in alto e capo chinato
Un articolo dell’attuale Presidente della Repubblica Ceca, il grande ex-dissidente Vaclav Havel, apparso su Repubblica del 28 dicembre scorso (pag. 17), pur collocato in un contesto differente, merita di essere qui in parte ripreso. «Permettetemi di tornare alla Cattedrale di San Vito, San Venceslao e Sant’Adalberto [si tratta della Cattedrale di Praga, ndr]. Perché mai nei tempi passati si costruivano edifici così sontuosi, di scarsa utilità secondo gli standard attuali? Una possibile spiegazione è che ci sono stati periodi storici in cui il profitto materiale non rappresentava il valore assoluto, in cui gli uomini erano consapevoli dell’esistenza di misteri inspiegabili ai quali si poteva solo guardare con umile meraviglia per poi forse proiettare questa meraviglia in strutture dalle guglie svettanti in alto. In alto, perché si vedessero da lontano indicando a ciascuno ciò che vale la pena di guardare. In alto, oltre i confini dei secoli, in alto, verso ciò che non riusciamo a vedere, la cui silenziosa esistenza preclude, a noi tutti, qualunque diritto di considerare il mondo una fonte infinita di profitti a breve termine e richiede la solidarietà di tutti coloro che dimorano sotto la sua volta misteriosa. Per iniziare ad affrontare alcuni dei più profondi problemi del mondo dobbiamo anche noi volgere gli occhi in alto, chinando il capo con umiltà».
Senza tale duplice atteggiamento, gli occhi in alto, il capo chinato con umiltà, proprio solo dell’uomo forte e dignitoso nella sua ragione, la ragione dell’uomo diventa debole (strumentale, prepotente, tecnica, o tutto quel che volete), più neppure in grado di offrire una speranza di vita e di cordiale compagnia a chi è toccato (e prima o poi, in una forma o nell’altra, lo siamo o lo saremo tutti) da quell’esperienza così umana che è il dolore.