La disoccupazione non c’è più?
Di Federico Petrassi
Finalmente da qualche tempo la “guerra” delle cifre ci mostra un panorama interessante. La disoccupazione è in calo, di qualche punto decimale, ma la tendenza è innegabile. La primavera alle porte segna la ripresa delle attività legate al turismo, fonte sicura di posti di lavoro. Se aggiungiamo poi le cifre di bilancio in positivo del Cantone e della Confederazione, forse si potrà essere ottimisti.
In un clima di relativa tranquillità economica ( attenzione sempre alle cifre rosse) è sempre lecito e previdente porsi delle domande. Che tipo di persone sono rimaste ad esempio nel programma Mercatino di Caritas Ticino per persone disoccupate e in assistenza, dove si è sempre cercato il reinserimento di persone senza una formazione specifica o con un profilo professione non aderente ai bisogni della nostra economia? O meglio ancora, che ruolo ha, o dovrebbe avere il progetto Mercatino per rispondere meglio alle esigenze delle persone in esso inserite?
Forse oggi, all’interno di un disegno economico più favorevole, appare con maggior evidenza un quadro sociale di ben altra natura. Se è vero che la nostra dignità sociale è fondata sul lavoro, quello che svolgiamo, con possibilità di carriera e di stipendio più o meno grandi, è anche vero che chi non è inserito in un processo produttivo resta tagliato fuori dalla socialità, o sta per esserlo.
PO Mercatino
L’esperienza svolta all’interno del Programma occupazionale (PO) Mercatino,
senza peraltro pretendere di essere l’unica risposta ad ogni forma di disoccupazione
(siccome esiste quella temporanea e quella cronica, quella pilotata come pure
quella prevista e controllata dai piani sociali delle aziende che stanno per
chiudere) ha la possibilità di ricucire il legame invisibile che passa tra
la persona disoccupata e il suo mondo circostante.
In che modo? Essenzialmente attraverso le attività svolte all’interno del Mercatino della sede di Lugano che sono centrate su un concetto estremamente semplice: le persone che per propria iniziativa o per necessità decidono di donare uno o più oggetti (mobili, vestiti, chincaglieria, libri e altro ancora) non più necessari, decidono di rivolgersi a Caritas Ticino per liberarsene. Danno così la possibilità agli organizzatori di creare una situazione di lavoro che si sviluppa sulla trasformazione dell’oggetto donato, in denaro, che diventerà poi occasione di creare solidarietà attraverso lo sviluppo dei diversi Programmi Occupazionali, come pure attraverso le altre iniziative di Caritas.
Questo passaggio, questa trasformazione, avviene tramite le attività di raccolta, la gestione del negozio, il contatto con i diversi frequentatori dei Mercatini i quali poi, a loro volta diventano un’ulteriore occasione di confronto con la realtà.
Anche in questo caso il concetto di lavoro è estremamente semplice ma efficace: la continua richiesta di privati che regalano i loro “oggetti non più utili”, ci mette in condizioni di poter offrire la possibilità di organizzare e preparare il Mercatino e di aprirlo al pubblico, come pure di organizzare un servizio di raccolta.
Inoltre i mobili usati che meritano di essere restaurati, ci danno anche l’occasione per valorizzarli, e non solo in termini economici. Infatti è sempre attiva la nostra falegnameria per il restauro dei mobili antichi o pregiati che ci vengono donati.
Lo
“zoccolo duro”
Ma se nel periodo di recessione economica è stato importante, come lo è tuttora, orientare gli sforzi nel favorire il reinserimento delle persone disoccupate, oggi è sempre più importante, favorire e sviluppare le attività nei confronti di quella fascia di disoccupati che non hanno ancora iniziato una vera e propria carriera professionale.
Infatti, se è vero che il mondo del lavoro ha attinto nuovamente dalla disoccupazione, è altrettanto vero che la restante popolazione disoccupata è, dal punto di vista imprenditoriale e artigianale, meno interessante. Rappresenta quello che nei grafici è definito significativamente lo “zoccolo duro”, cioè i meno ricollocabili.
Il profilo di questa fascia di popolazione disoccupata è estremamente semplice: giovane, apprendistato finito o non concluso, ma pochi interessi nel mondo del lavoro, un’autonomia economica a rischio, spesso con il bisogno dell’aiuto dei sussidi assistenziali, ed infine, ma non per ordine di importanza, una elevata vulnerabilità a patologie di natura psicologica e sociale.
Un’altra fascia di popolazione individuabile nel programma Mercatino è rappresentata dalle persone che hanno all’incirca 50 anni ed hanno prevalentemente come caratteristica una carriera professionale con poche interruzioni, causate da altri periodi di disoccupazione, un elevato costo potenziale a livello di oneri sociali ed una scarsa possibilità di accesso a nuove formazioni. Tutto questo fa di loro, un “gruppo sociale” poco interessante e poco proponibile per un nuovo impiego.
Viste in questa prospettiva, le novità portate dalla new economy non sono incoraggianti e i nuovi posti di lavoro, certo ci saranno per chi è formato professionalmente, o possiede un curriculum di studi valido. Purtroppo tutto questo non è accompagnato da una nuova sensibilità nei confronti di chi rappresenta una delle nuove forme di povertà, e quindi è probabile che si perdano delle importanti forme di lavoro solidale.
Esigenza di socialità e solidarietà
Le risposte che possiamo e vogliamo offrire a riguardo sono rivolte in due
sensi. Il primo è diretto alle persone che sono i soggetti delle nostre preoccupazioni,
i disoccupati di lungo corso, quelli che passano dalla disoccupazione all’assistenza
e viceversa. Il secondo è nei confronti dei nostri clienti potenziali ed abituali
che ci danno consapevolmente o meno la possibilità di creare delle occasioni
di lavoro vero da offrire come banco di prova per il nuovo auspicato reinserimento
professionale.
Nell’esperienza dei Programmi occupazionali si evidenzia una necessità, quella di investire maggiori risorse in chi potrebbe entrare nella vita professionale, come pure su chi sta uscendo “suo malgrado” dalla vita produttiva.
Oggi i Programmi occupazionali, i Mercatini, al di là delle statistiche, hanno sempre ragione di esistere, di esserci proprio in virtù di quella socialità, di quella solidarietà che la ragione economica non evidenzia come prima intenzione. Paradossalmente l’utilizzo di un lavoro che si basa sul non valore di ciò che viene eliminato, dà la possibilità di far recuperare il valore del lavoro a chi non lo ha ancora acquisito, o a chi, per ragioni di età, non rappresenta più una risorsa umana.