Volontari anche in vacanza

 

Di Dante Balbo



L’estate sta finendo, recitava una canzone di qualche anno fa, ed è il momento di fare bilanci, di parlare delle vacanze che ormai sono lontane. Si intrecciano discorsi su mare, abbronzature e creme, alberghi e trattorie tipiche, che ne abbiamo trovata una che non conosce nessuno, dove ti fanno i maccheroni alla chitarra come una volta, salvo scoprire poi che il ristoratore è di Milano e ha puntato sul marketing con i giapponesi, non sa nulla della tradizione del centro Italia e finché non ne ha vista una, pensava che gli spaghetti alla chitarra fossero il piatto preferito di Andres Segovia.

A un certo punto salta fuori qualcuno che dice di essere stato in un campo di lavoro, non come prigioniero di qualche regime, ma come volontario che ha messo a disposizione dei poveri l’estate, quel po’ di vacanza che aveva, per scavare un pozzo, costruire una scuola, animare i ragazzi di una parrocchia dell’Est europeo.

I sentimenti a questo punto sono contrastanti. E’ matto, sprecare così le vacanze! Ammirevole, non ha buttato le ferie a far colonna per andare e coda per tornare dal mare! Geniale e coerente, ha potuto conoscere un paese straniero e dare un contributo alla lotta contro la povertà!

Ognuno di noi, secondo la sua sensibilità, potrebbe rispondere in questi o molti altri modi.

Per evitare inutili controversie, ci siamo rivolti all’esperto, Claudio Naiaretti, segretario della Fosit (Federazione delle organizzazioni non governative della Svizzera Italiana), che di sviluppo e azione a favore dei paesi poveri ha una certa esperienza. Quel che ci ha risposto, è andato in onda il 1° settembre a Caritas Insieme Tv e qui ne riportiamo qualche passaggio.

 

 

Una rondine non fa primavera

 

“Ognuno dovrebbe fare le vacanze secondo i propri obiettivi e, se ci riesce, questa è stata una vacanza intelligente.

Se obiettivo è riposarsi, Sharm-el-Sheik è un posto splendido. Meno intelligente è tornare dalla stessa località balneare e sostenere di aver conosciuto l’Egitto.

Lo stesso si può dire delle vacanze alternative, trascorse in campi di lavoro nei paesi del Sud del mondo. Sono intelligenti, perché permettono ai giovani, di solito sono loro  a muoversi in questa direzione, di fare un’esperienza importante per se stessi, offrono un’occasione per lavorare in gruppo e incontrare culture e mentalità differenti dalla propria.”

 

 

Non prendiamo lucciole per lanterne

 

“Normalmente una vacanza per un gruppo di 15 persone nel sud del mondo costa circa 60.000 franchi.

Per la popolazione del posto, una simile somma potrebbe finanziare corsi di formazione, dare lavoro per un anno ad una ventina di persone e di conseguenza sfamare le loro famiglie, costruendo poi quello che si realizza nel campo di lavoro. In realtà il vero aiuto dovrebbe servire a fornire gli strumenti agli abitanti per potersi aiutare da soli, per diventare gli artefici del loro sviluppo.”

 

 

Dunque vacanze da evitare?

 

“Nient’affatto. Alla Federazione sono arrivate molte richieste dai giovani e io credo vi sia una bella sensibilità in questo senso nella Svizzera Italiana.

Questa infatti è un’ottima formula per iniziare, per superare i pregiudizi e gli stereotipi nei confronti di paesi in realtà poco conosciuti. Non illudiamoci però di cambiare il mondo o di dare un aiuto reale a quei paesi, attraverso questo sistema.

Resta tuttavia un’esperienza molto importante, soprattutto per chi la vive. Queste esperienze non sono mai isolate, ma prevedono una preparazione che di solito è molto curata nei gruppi che le intraprendono.

Inoltre, al ritorno, i giovani sono spesso entusiasti, carichi di voglia di fare, con uno sguardo diverso sui paesi che hanno se pur brevemente incontrato. Tutti  coloro che hanno intrapreso un volontariato a lungo termine, hanno iniziato da un campo di lavoro come quelli di cui abbiamo parlato.”

 

 

Fin qui Claudio Naiaretti, ma permettetemi una piccola nota

 

Di campi di lavoro anche Caritas Ticino ne ha vissuti e i frutti si vedono. L’ultimo si chiama Sara, ha pochi mesi ed è la figlia di un nostro collaboratore e di Eugenia, sua moglie, che ad un campo di lavoro, in Romania, si sono conosciuti, qualche anno fa.