Beati Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi
Di Patrizia Solari
Cominciamo questo nuovo anno puntando il nostro sguardo sulle vicende della famiglia Beltrame Quattrocchi, che ci indica la posizione vera con cui stare di fonte alla realtà, ai fatti quotidiani, ai rapporti tra le persone. I genitori, Luigi e Maria, sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il 21 ottobre dello scorso anno.
“Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi, due coniugi borghesi vissuti a Roma nella prima metà del Novecento sono la prima coppia cristiana dell’era moderna ad essere innalzata all’onore degli altari per le loro virtù coniugali e familiari. Non hanno fondato ordini religiosi, non sono stati protagonisti di avventure mistiche straordinarie, ma con coraggio e coerenza hanno realizzato in maniera esemplare la vocazione alla quale erano stati chiamati, quella di coniugi e genitori.
Normalità o straordinarietà?
La piccola storia domestica di Luigi e Maria si è intrecciata alle grandi vicende storiche: due guerre mondiali, il fascismo, la resistenza, la ricostruzione.
Luigi, vice-avvocato generale dello Stato (...) è stato soprattutto marito e padre. Maria scrittrice di temi educativi, dedita al volontariato e all’associazionismo (...) è stata soprattutto moglie e madre. (...) Nella loro esistenza la normalità degli affetti e degli impegni sembra prevalere su qualsiasi connotazione di straordinarietà. Leggendo però in filigrana la loro storia, è possibile intravedere le tracce di una profezia che ne ha segnato anno dopo anno il cammino. Non c’è nulla di scontato, per esempio nell’impegno di Maria come scrittrice di argomenti pedagogici (...) ma anche testi teologici e, dopo la morte di Luigi, Radiografia di un matrimonio, che è davvero una sintesi efficace e profonda di spiritualità coniugale.
Anche l’impegno associativo di Maria e di Luigi non rientra nei canoni di una normalità senza distinzione. Subito dopo la prima guerra mondiale furono tra i sostenitori del movimento scoutistico, fondato qualche anno prima in Inghilterra da Robert Baden Powell. Già nel 1925 Maria era stata chiamata a far parte dell’Azione cattolica femminile nazionale come membro effettivo del segretariato centrale di studio. Fece poi parte del consiglio nazionale dell’Unione donne italiane e, dal 1947 fu a lungo vicepresidente del “Fronte della famiglia”, l’associazione voluta da Pio XII per difendere la famiglia e la dottrina cristiana.
In questa luce di profezia si potrebbero poi ricordare i corsi per fidanzati che, già a partire dalla fine degli anni quaranta, Maria e Luigi organizzavano nelle parrocchie romane. Furono loro tra l’altro a ipotizzare cicli di conferenze chiamando esperti di vario tipo (il medico, l’avvocato, il sacerdote, il padre di famiglia) a confrontarsi con le coppie di fidanzati.
Innumerevoli le iniziative pubbliche e private portate avanti dalla coppia sul piano della carità, dell’ascolto, della comprensione. Maria e Luigi assistevano le famiglie di immigrati abruzzesi e siciliani giunte ad abitare nel loro quartiere. Con l’aiuto materiale fornivano anche, con delicatezza e sensibilità, assistenza spirituale, corsi di catechismo, opportunità di crescita nella fede. In alcune circostanze si offrirono anche di pagare le rette del seminario di alcuni giovani che non avrebbero potuto mantenersi agli studi.
(...) come non considerare profetica la loro costante preoccupazione di crescere insieme nella spiritualità? Per Luigi e Maria l’importanza centrale di questo obiettivo era già evidente settant’anni fa. In mezzo a tutti gli impegni familiari e associativi, lei non si stancava di confrontarsi con teologi e padri spirituali. E lui, l’uomo di legge, frequentava regolarmente i corsi di cultura religiosa dell’Università Gregoriana e, ogni mese, partecipava ai cosiddetti “ritiri minimi” dell’Abbazia di San Paolo.
Crescere nella fede significava per loro crescere nell’amore suggellato dal sacramento del matrimonio.” 1)
Le parole dei figli 2)
“Non facevano niente di straordinario, ma tutto quello che facevano, lo facevano straordinariamente bene, se pensiamo all’apostolato silenzioso che faceva mio padre nel suo ambiente. Mia mamma, tutto un altro tipo di attività spirituale, nel senso che lei scriveva molto, sia a vantaggio delle mamme al fine di educare bene i figli e sia da un punto di vista di ascesi.” (Enrichetta)
“L’amore è dono: io dono l’amore e di rimbalzo me ne viene il doppio. E così era per loro: era un gioco a volersi più bene, a prendere la posizione dell’altro. Se a uno piaceva una cosa, all’altro piaceva proprio. E se c’era discussione era perché lui voleva fare quello che piaceva a lei e lei voleva fare quello che piaceva a lui. Se c’era discussione... ma c’era un’intesa tale. E noi siamo cresciuti in un’atmosfera del genere”. (padre Tarcisio)
Breve cronologia 3)
12 gennaio 1880: Luigi Beltrame Quattrocchi nasce a Catania. Il padre Carlo, funzionario di prefettura di origini friulane, era stato trasferito in Sicilia subito dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Poi, sempre per ragioni di carriera, la famiglia passa a Guastalla, poi a Casalmaggiore, infine ad Urbino. Quando si tratta di iniziare gli studi universitari, Luigi accetta l’ospitalità degli zii materni, Stefania e Luigi Quattrocchi, che abitano a Roma. Nel 1898 si iscrive alla Facoltà di Legge dell’Università di Roma, dove si laurea nel 1902 con una tesi sull’ “Errore nel diritto penale”.
24 giugno 1884: Maria Corsini nasce a Firenze. La sua è una delle famiglie più antiche della città. Tra gli antenati conta anche un papa, Clemente XII, al secolo Andrea Corsini. Il padre di Maria, Angiolo, è ufficiale dei Granatieri di Sardegna e viene quindi trasferito spesso da una città all’altra. Nel 1893 la famiglia Corsini approda a Roma.
Nel 1899 Maria e Luigi cominciano a frequentarsi grazie alla comune amicizia delle famiglie. Lui è un giovane, brillante studente di legge. Lei, una “signorina della buona borghesia” che conosce le lingue, suona il pianoforte, legge i classici. Possiede insomma una preparazione culturale largamente al di sopra della media femminile del tempo.
Il 25 novembre 1905 si sposano nella basilica di Santa Maria Maggiore.
Il primo bambino, Filippo (oggi don Tarcisio), nasce il 15 ottobre 1906. La secondogenita Stefania, detta Fanny (suor Maria Cecilia) viene al mondo il 9 marzo 1908 e il 27 novembre 1909 nasce il terzo figlio, Cesare (oggi padre Paolino). Il 6 aprile 1914 nascerà la quarta figlia, Enrichetta, al termine di una gravidanza difficilissima.
Nel 1910 Luigi entra nell’Avvocatura erariale e percorrerà questa strada fino ai massimi vertici, diventando, a metà degli anni trenta, Viceavvocato generale dello Stato. Ma nel 1939 Luigi rifiuterà la promozione ad Avvocato generale dello Stato, per evitare di essere inserito d’ufficio nelle gerarchie del fascismo.
Nel 1912 Maria pubblica il saggio La madre nel problema educativo moderno, dove, tra l’altro, con larghissimo anticipo sui tempi, auspica la necessità di non trascurare l’educazione sessuale.
Nel 1916, al momento della fondazione dell’ASCI (Associazione scoutistica cattolica italiana) i coniugi si impegnano per la sua diffusione a Roma.
Nel 1919 Luigi dà la sua adesione, pur senza iscriversi, al Partito popolare di don Sturzo.
Su consiglio di padre Crawley, che sarebbe diventato una sorta di consigliere spirituale dell’intera famiglia, il 1. giugno del 1920 viene “intronizzato” in casa Beltrame Quattrocchi il quadro del Sacro Cuore di Gesù.
Nel 1924 Filippo entra nel seminario del Collegio Capranica e Cesare nel convento benedettino di San Paolo, allora diretto dall’abate Ildefonso Schuster, futuro arcivescovo di Milano. Nel 1927 anche la figlia Fanny sceglie di dedicarsi alla vita religiosa e viene accompagnata dai genitori nel monastero di clausura delle benedettine di Milano.
Nel 1934 Luigi parla nel suo diario intimo di una preparazione da farsi “giorno per giorno, momento per momento”. Il riferimento è chiarissimo: lui e Maria hanno deciso di entrare a loro volta in convento qualora anche la quarta figlia dovesse decidersi per la vita consacrata.
Con la guerra d’Etiopia Maria decide di seguire i corsi per diventare crocerossina e, dopo lo svolgimento di pesanti turni negli ospedali militari, consegue il diploma. Ha 52 anni.
Nel 1924 e nel 1937 escono altre due sue pubblicazioni: Voce di madre e Il libro della giovane.
13 agosto 1940: l’Italia è entrata in guerra da poco più di due mesi. Maria, nel santuario del Divino Amore, affida alla Madonna i figli che saranno ben presto coinvolti nella tragedia della guerra.
L’appartamento della famiglia Beltrame Quattrocchi diventa centro di smistamento di soldati in fuga dopo la disfatta dell’esercito italiano. Luigi e Maria rischiano varie volte di finire vittime dei rastrellamenti e delle rappresaglie tedesche, ma non si tirano mai indietro.
Nel ‘40 Maria pubblica i saggi Il fuoco ha da ardere e Mamma vera e nel ‘43 esce il suo nuovo libro Fiore che sboccia.
Gli anni del dopoguerra vedono Luigi e Maria impegnati in diverse attività di volontariato, sia sul fronte degli aiuti concreti alla ricostruzione, sia su quello della rinascita culturale.
Nel 1947 De Gasperi propone a Luigi la carica di Avvocato generale dello Stato, ma la promozione sfuma ancora una volta, perchè Luigi rifiuta tutte le manovre di corridoio indispensabili per assicurarsi la poltrona. Anche quando, nel 1948, gli viene offerta una candidatura al Senato, nelle file della DC e il seggio è dato per certo, Luigi, che non condivide completamente la linea politica democristiana, preferisce rinunciare per non scendere a patti con la propria coscienza.
Il 9 novembre 1951 Luigi Beltrame Quattrocchi muore nell’appartamento di Roma, a causa di un attacco cardiaco. Solo quattro giorni prima la famiglia si era riunita al gran completo, grazie a un’occasionale trasferta di suor Cecilia, incaricata di accompagnare la sua priora. Luigi, con insolita insistenza, aveva chiesto anche la presenza di don Tarcisio e di padre Paolino. Un incontro simile non avveniva più dal 1924.
A poche settimane dalla morte del marito, Maria pubblica Radiografia di un matrimonio, che, con minime variazioni, verrà ripubblicato nel primo anniversario della morte di Luigi con il titolo L’ordito e la trama. Nello stesso anno esce anche Lux vera, l’anno seguente Luci d’amore e nel 1955 gli ultimi due saggi: Vita con i figli e Rivalutiamo la vita.
Maria muore il 25 agosto del 1965 a Serravalle, in Toscana, dove si trovava in compagnia della figlia Enrichetta. La salma fu trasportata al Verano di Roma, nella tomba di famiglia, accanto al marito. In seguito entrambi i coniugi, per volere del figlio Paolino, furono trasferiti nel cimitero della trappa di Vitorchiano, vicino a Viterbo, per tornare poi a Roma, dopo la beatificazione, ed essere sepolti al Santuario del Divino Amore.
Sguardo sul Crocifisso
Fino al quarto mese la nuova gravidanza, la quarta, si svolge senza problemi, ma poi compaiono inarrestabili emorragie. Un ginecologo di illustre fama, diagnosticando una “placenta previa” - quasi una duplice sentenza di morte per quei tempi - aveva consigliato senza mezzi termini l’interruzione di gravidanza, l’unica possibilità di salvare almeno la madre. A parere del medico non c’era nessuna possibilità che la creatura potesse sopravvivere e, in ogni caso, c’era il grande rischio dell’handicap.
“Sorpresa, choc, smarrimento. Gli occhi di Maria, diafana e anemizzata, si incrociano impietriti con quelli di Luigi... ma è solo questione di attimi. Tutti e due puntano lo sguardo sul Crocifisso che domina la parete di fondo e ne attingono forza per contrapporre, in totale sintonia di fede, un massiccio e inequivocabile no all’agghiacciante verdetto della scienza.”
E don Tarcisio racconta: “Il ginecologo, a sua volta interdetto e disorientato, in piedi al capezzale di Maria, si rivolge a nostro padre con una replica ancora più esplicita e impietosa: ‘Ma non si rende conto, avvocato, che in questo modo lei si dispone a restar vedovo con tre bambini a cui provvedere?’ (...) Ancora un incrocio di sguardi velati dalle lacrime trattenute a fatica, e senza esitazioni il no rimane no!”
“Una cappa di piombo incombe su tutta la famiglia. Unica fonte di luce la illimitata fiducia in Dio e nella santissima Vergine. La piena, totale comunione dei due cuori si fa più salda che mai.” Maria fu costretta a letto per i seguenti quattro mesi e il dopo parto fu complicato da infezioni con febbre. “Eppure quel periodo fu considerato a distanza come un pieno di grazia, tant’è che quando Enrichetta ricordava alla mamma le sofferenze patite per la sua nascita, Maria la correggeva sottolineando piuttosto la prodigalità di Dio. La vita ne ha dato piena conferma: Enrichetta, la figlia che non doveva nascere, si consacrerà a Dio nella famiglia e resterà al fianco dei genitori, assistendoli fino alla morte.”
(Estratti dalla biografia curata da Attilio Danese e Giulia Paola Di Nicola: “Un’aureola per due” - Ed. Città nuova)
Un miracolo nel segno della famiglia
Un neurochirurgo innamorato, una malattia giudicata inguaribile, un miracolo realizzatosi nel segno della famiglia. (...) il miracolo che riguarda Gilberto Grossi appare immerso in una solida concretezza. Lui, innanzi tutto, è un medico. Quindi per primo ha intuito che, laddove avevano fallito medicine, interventi chirurgici e terapie varie, non rimaneva che rivolgere il pensiero al mistero della volontà di Dio. Oggi Grossi, sposato da cinque anni, lavora come neurochirurgo all’ospedale di Pisa. Esegue operazioni di grande difficoltà tecnica rimanendo in piedi per molte ore senza avvertire disturbo alcuno anche se, dal punto di vista anatomico, le sue condizioni appaioni compromesse in maniera irreversibile.
Il calvario di Gilberto comincia quando è soltanto un bambino di dieci anni. Viene colpito da forme emorragiche e disturbi intestinali. (...) gli viene diagnosticata una forma di retticolite ulcerosa. È una malattia che solitamente si verifica nell’età adulta. Per un bambino non sembrano esistere cure efficaci. La situazione si complica con ulcere interne e bisogna puntare su farmaci comunemente usati contro la lebbra. Lo stesso Gilberto non ricorda un solo momento di vita “senza aver avuto fasciata qualche parte del corpo”. Nel ‘79, a quindici anni, deve subire, malgrado le perplessità derivanti dalla sua giovane età, un’operazione per l’asportazione del colon e cosÎ può contare su qualche mese di serenità. Ma si tratta di una breve pausa perché subito dopo (...) vengono diagnosticate una periartrite enteropatica e una spondilite anchilosante, rare complicazioni della malattia originaria. A poco a poco Gilberto non riesce più a camminare e accusa blocchi articolari. I medici non sanno più come intervenire: “È una malattia degenerativa, ci sono poche speranze”. Eppure Gilberto sembra sorretto da una volontà di ferro. Nonostante tutti i problemi di salute riesce a diplomarsi al liceo classico e si iscrive alla facoltà di medicina. Nel ‘94 però le sue condizioni si aggravano e questa volta ai dolori si aggiungono lo sconforto e la depressione. È in questi mesi che padre Paolino Beltrame Quattrocchi, conosciuto anni prima durante una visita a un monastero di Trappiste, gli propone di trascorrere un po’ di tempo nella casa di Roma, con la proposta di aiutarlo a inserire nel computer le lettere dei genitori. Gilberto, che ormai ha abbandonato le speranze di potersi dedicare agli studi di medicina, accetta volentieri. (...) Mentre trascrive lettere su lettere si affida all’intercessione di Maria e Luigi. Non chiede soltanto di essere guarito, ma anche di realizzare i suoi due sogni, che al momento gli paiono lontanissimi: laurearsi in medicina e sposare la ragazza con cui nel frattempo si è fidanzato. Dopo alcuni mesi, una mattina di giugno del ‘95 scopre improvvisamente che le sue piaghe si sono chiuse e gli insopportabili dolori ossei sono spariti. I successivi controlli attestano che la malattia non è sparita ma, inspiegabilmente, i sintomi non esistono più. Per Gilberto non ci sono dubbi: le sue silenziose invocazioni sono state ascoltate. Una convinzione che si rafforza l’anno successivo, quando riesce a raggiungere laurea e matrimonio. Subito dopo avvia la specializzazione in neurochirurgia, copre massacranti turni di guardia ed esegue impegnativi interventi. Nel ‘99 i colleghi che lo visitano per verificare l’idoneità alle mansioni svolte non credono ai propri occhi: la malattia appare presente in tutta la sua gravità, ma lui non avverte più dolore alcuno. (Luciano Moia, “Avvenire” - 23.10.01)
1) MOIA, Luciano in “Avvenire” - 20.10.01
2) da un’intervista per un servizio di Sat 2000, in occasione della beatificazione
3) Notizie tratte da MOIA, Luciano “Beati Genitori”, ed. Ancora, 2001, pp. 35-44