Donne senza catene
Di Mimi Lepori-Bonetti
L’Associazione di Cooperazione Ticinesi e Associati (ACTA), sta sviluppando un Progetto per la formazione professionale per la promozione e l’integrazione della donna e di giovani adulti in Costa d’Avorio. Lo sta facendo in collaborazione con l’Associazione San Camillo di Bouaké. Caritas Ticino partecipa al finanziamento di questo progetto con un contributo di CHF 30’000 su una spesa preventivata in CHF 237’000, per la costruzione di un Centro di accoglienza per donne e giovani adulti.
Lo scopo è quello di permettere la formazione di giovani adulti, di donne escluse dalle loro famiglie, dai loro villaggi e accolti nei Centri dell’Associazione San Camillo. Il primo corso, legato all’apprendimento delle tecniche della costruzione, permette a 15 giovani di diventare maggiormente autonomi e di creare una piccola impresa di costruzione. Inoltre, attraverso questo corso viene costruito il Centro di riabilitazione per donne comprendente pure uno spazio dedicato ai bambini (asilo); gli altri corsi permettono a 50 donne di apprendere una formazione di igiene e di salute ed a 20 donne di realizzare un corso di coltivazione e valorizzazione della manioca. Questi corsi hanno l’obiettivo di permettere alle persone accolte nei Centri di essere maggiormente autonome e quindi reintegrate nei villaggi.
Chi sono i beneficiari del progetto
Un problema sociale riscontrato in più regioni dei Paesi africani e quindi anche in Costa d’Avorio, è la sistematica esclusione dai villaggi e dalla famiglia di soggetti problematici (per motivi legati alla salute fisica e psichica e per motivi di disoccupazione o depressioni). Queste persone vengono incatenate (il motivo lo si può ricercare in questioni legate alla stregoneria e ad un certo tipo di religiosità) o inchiodate a dei tronchi per lunghissimi periodi. La famiglia è normalmente consenziente così come il capo-villaggio. Durante questi lunghi periodi, mesi ed anni, si pensa che il male presente nella persona si allontani.
L’Associazione San Camillo di Bouaké, diretta da Gregoire Ahongbonon, ha lo scopo di convincere le famiglie ed i capi-villaggio che questi giovani sono recuperabili, che possono guarire se curati adeguatamente. Normalmente le famiglie accettano che l’Associazione si prenda cura del proprio figlio e sono d’accordo di ricoverarlo in uno dei Centri, così come sono d’accordo di riprenderlo se dimostra di essere guarito, assumendo dei compiti e dei lavori nel villaggio e sapendo accudire ai bisogni della propria famiglia.
Il percorso di reintegrazione prevede in un primo stadio, l’accoglienza in centri privati o pubblici, in seguito le persone sono ospitate nei Centri d’Accoglienza Chu e Nimbo dell’Associazione San Camillo, dove sono curate ed alimentate, mettendosi in relazione con altri ospiti dei Centri e messi in condizione per l’inserimento nei Centri di riabilitazione. Questo è il passo seguente, dove in 4 Centri le persone riacquistano la fiducia in se stesse ed apprendono un’attività (allevamento, agricoltura, artigianato). A questo punto sono in grado di reinserirsi attivamente nella loro comunità, dove vengono riaccompagnate ed aiutate nel processo di reinserimento.
Di recente mi sono recata sul posto verificando la situazione e raccogliendo alcune esperienze.
La prima pietra è posata
Tutti erano seduti, i canti ed il tam-tam del tamburo ritmavano il momento tanto atteso. Nella Chiesa situata nel Centro di accoglienza Chu, dove più di 250 malati vivono, tutti erano riuniti per incontrare il Ministro degli affari sociali, per la prima volta presente nei Centri dell’Associazione San Camillo.
Christian, un giovane adulto prende la parola e racconta la sua storia: “Tutto andava bene, mi trovavo in Francia a studiare, poi ad un certo momento ho cominciato a star male. Una depressione, le visite da psichiatri, un ricovero in ospedale, il rientro in Costa d’Avorio, alcune visite da specialisti della zona, un soggiorno di alcuni mesi presso dei guaritori e poi come la maggior parte degli ospiti presenti nei Centri, un lungo periodo di “introncato” ad un ceppo di legno. Grazie alla San Camillo, quindi grazie a Gregoire, ho potuto essere liberato, accolto nel Centro di Chu e ricominciare una nuova vita. Oggi sto bene, mi sono completamente ristabilito, ho fatto un soggiorno all’estero per imparare a lavorare con il computer e ho deciso di stare qui, alla San Camillo per aiutare Gregoire”.
Gli applausi sono spontanei, la Prima ministra si alza e si avvicina a Christian per stringergli la mano. Il contatto è stabilito, l’incontro avviene. Dalle ore 9 del mattino fino alla sera, la Prima ministra incontra le realtà dell’Associazione S. Camillo; i due Centri di accoglienza dove vivono in totale circa 550 persone e i 4 Centri di riabilitazione dove vivono e lavorano circa altri 250 ospiti. La giornata si snocciola sotto un sole cocente (sono più di 35 gradi) con incontri, testimonianze, strette di mano, sorrisi, discorsi. Anche la Prima ministra, all’inizio della mattinata piuttosto riservata, sembra subire il fascino dell’umanità che si tocca con mano, incontrando la realtà dei Centri.
L’ultimo atto di una lunga giornata lo viviamo in mezzo a un prato, sotto una tenda rossa e blu quasi si voglia testimoniare l’impegno che il Ticino sta assumendo nei confronti della San Camillo di Bouaké. La benedizione della prima pietra e del terreno sul quale sarà costruito un Centro per donne e per bambini. Il momento è particolare, prendo la parola e ringrazio la Prima ministra per essere presente nel momento in cui l’amicizia e la solidarietà con la San Camillo è siglata da un impegno. La prima pietra è benedetta e posata. La Prima ministra si congeda, non senza aver ringraziato ed avere promesso un aiuto concreto all’esperienza dei Centri. Parole di ringraziamento sono rivolte anche ad ACTA e a tutte le persone del Ticino che si sono coinvolte con questo progetto.
Obiettivi e risultati del viaggio
Durante questo breve viaggio ci siamo posti i seguenti obiettivi:
Ricevere formalmente il terreno dalla prefettura di Bouaké e dare risalto all’impegno che abbiamo preso. La presenza della Prima ministra ha dato eco alla benedizione della prima pietra, infatti sia alla televisione che alla radio e su alcuni giornali regionali si è parlato della San Camillo e del nuovo Centro per donne e bambini che viene realizzato; iniziare i lavori: la prima cosa da fare è fabbricare i mattoni e recintare il terreno. Mentre partivo, la squadra stava portando sabbia e cemento sul terreno e con l’aiuto di un gruppo di giovani malati iniziavano i lavori; aprire un conto in banca sul quale far girare i soldi per l’acquisto del materiale per la costruzione. L’incontro con il direttore della banca è stato cordialissimo ed il Centro per le donne dispone oggi di un suo conto legato all’Associazione San Camillo; incontrare il comitato della San Camillo per responsabilizzarli a questa nuova opera. L’incontro ha coinvolto una quindicina di responsabili dei Centri, più alcune persone di Bouaké. Si è parlato e discusso con grande partecipazione. Soprattutto le donne hanno manifestato grande interesse e desiderio di seguire da vicino il progetto; visita ad alcuni atelier per la lavorazione della manioca. Il Centro per le donne deve assumere carattere imprenditoriale - formativo. Accanto alle abitazioni sarà creato un atelier per la lavorazione della manioca. L’attieké è infatti un prodotto molto usato che però ha durata limitata nel tempo (3-5 giorni), il kokondé è un ulteriore prodotto della manioca che ha una durata maggiore (circa 2-3 settimane); visita all’Ambasciatore svizzero ad Abidjan per informarlo del progetto e visita all’Istituto di ricerca scientifica svizzero ad Abidjan per coinvolgerlo nel progetto della lavorazione della manioca.
Giornate africane alla svizzera
Iniziare un progetto vuol dire essenzialmente rispettare la storia di un’esperienza che ha origini lontane e che continuerà anche quando il nostro progetto sarà terminato. Mi sono messa al servizio di Gregoire ed insieme a lui abbiamo fissato gli obiettivi da raggiungere ed il modo come raggiungerli. Ci siamo meglio conosciuti e l’amicizia, nel rispetto delle singole persone e delle singole storie, è cresciuta. A lui, questo “psichiatra” dell’Africa con una formazione di gommista, devo molto. Infatti è grazie al suo sguardo sulle persone - le più escluse e le più emarginate - che ho rivissuto l’esperienza della Grazia. Con Gregoire ho trascorso giornate di fuoco e non solo per il calore; in quattro giorni abbiamo dovuto cambiare tre auto perché la polvere della terra battuta e le strade rovinate non permettono una lunga e tranquilla vita alle automobili, normalmente già di seconda, se non di terza mano. Abbiamo vissuto insieme l’organizzazione della giornata con la Prima ministra, la processione di tutti i malati per le strade di Bouaké nel giorno a loro dedicato, insomma abbiamo vissuto delle giornate africane alla svizzera, ma tutto questo dentro alla percezione concreta che a guidarci non erano i nostri progetti, ma il disegno spesso misterioso e a volte presente della Grazia divina.