Kazakistan tra fede ed emergenze


A cura di Marco Fantoni

 

 

Durante il periodo natalizio, le parrocchie di Barbengo, Carona e Grancia hanno proposto un’azione che aveva quale obiettivo la raccolta di fondi a favore della Caritas nazionale del Kazakistan di Karaganda, diretta da 3 anni, da don Adelio Dell’Oro, un sacerdote della diocesi di Milano da più di 4 anni in missione in Kazakistan.

A seguito di quest’azione è così stata creata una relazione tra la nostra diocesi e la Caritas nazionale di Karaganda, la quale ha pure sollecitato un intervento anche da parte nostra, per un programma sanitario.

 

Questo include cinque progetti che possiamo così riassumere: Un “Centro di coordinamento sanitario” per attività educative alla mentalità cristiana e formative dal punto di vista professionale, per tutto il personale che opera in due Poliambulatori e nelle “Piccole farmacie”, presenti in molte parrocchie cattoliche del Kazakistan. Un “Centro di aiuto alla vita” per la città e la regione di Karaganda, per sostenere sia le ragazze madri o le giovani donne abbandonate dal marito e che sono in gravidanza (a Karaganda in un solo ospedale, nel 1999, per 1000 nati ci sono stati 1298 aborti), sia per sostenere gli anziani, che devono vivere con circa 25 dollari al mese, peraltro pagati con quattro, cinque o sei mesi di ritardo; un “Poliambulatorio medico”, con medici di base ed alcuni specialisti, soprattutto per malattie polmonari (è molto diffusa la TBC) e cardiache. Alcuni medici prestano già la loro collaborazione, come ad esempio il primario dell’ospedale che segue tutti i casi di AIDS della regione. Lo scopo della Caritas di Karaganda è quello di testimoniare, nella condivisione del bisogno della salute, la gratuità dell’amore di Dio al destino di ogni singolo uomo. Uno degli obiettivi previsti è anche quello di essere da tramite tra gli ammalati e gli ospedali statali; una “Farmacia”, per distribuire gratuitamente i medicinali agli indigenti e venderli a chi può acquistarli per sostenere in questo modo, con il ricavato, il poliambulatorio.

 

 

Don Adelio è stato recentemente da noi per una visita dove, intervistato da don Giorgio Paximadi per l’emissione televisiva Caritas Insieme, ha raccontato la sua esperienza e le sue necessità che vi riproponiamo:

 

Quando nel 1997 il Cardinal Martini mi mandò come Fidei Donum in Kazakistan, aprii l’atlante per sapere dove fosse. È un paese che faceva parte, fino al 1991, dell’Unione sovietica ed è diventato indipendente con la dissoluzione del regime sovietico. È grande 66 volte la Svizzera, ma con una popolazione di 14 milioni e mezzo di abitanti. Credo che da un punto di vista sociale, la situazione oggi è molto difficile per questa ragione; l’economia sovietica era intrecciata e quando sono nati gli Stati indipendenti, sono rimasti assolutamente sganciati dall’economia globale dell’Unione sovietica e tutto è precipitato, sia nel campo dell’industria sia nel campo agricolo.

 

Il Kazakistan è un paese a maggioranza musulmano, ma ha una certa presenza di cristiani. Come si è conservata la fede  cattolica in Kazakistan e com’è la Chiesa kazaka di cui tu fai parte?

 

A parte tracce di presenza già nel terzo secolo con i nestoriani e nel 1300 con i francescani, lì è successo un altro miracolo perché Dio si è servito di Stalin, attraverso le deportazioni, per rendere presente in quel Paese, anche nella forma cattolica, il cristianesimo. Dagli anni ‘30 ci sono state molte deportazioni, soprattutto nella zona di Karaganda dove io vivo e lavoro e questa presenza è vissuta più o meno clandestinamente e nelle persecuzioni, fino al 1991. C’era un sacerdote ucraìno che lavorava anche lui clandestinamente, prima in Tagikistan poi in Kazakistan dalla fine degli anni ‘70 che nel ‘92 è stato ordinato vescovo. All’epoca c’era una sola Amministrazione che comprendeva oltre al Kazakistan, il Tagikistan, l’Uzbekistan e il Kirgikistan, tutti stati che una volta appartenevano all’Unione sovietica, a nord dell’Iran, dell’Afganistan e della Cina.

Nel ‘97 poi, sono state costituite in queste nazioni dell’Asia centrale, delle Amministrazioni sub juris; il Kazakistan è diventato un’unica Amministrazione e l’anno dopo è stato diviso in 4 Amministrazioni con 3 vescovi ed un amministratore.

 

 

Quindi una Chiesa viva, una Chiesa vitale, mi sembra che la diocesi di Karaganda sia la prima in assoluto eretta nell’Asia centrale:

 

Infatti! Il Nunzio, che prima era in Irak ha lavorato per dare una struttura alla Chiesa che fino al ‘91 ha vissuto la fede tramandata senza la presenza di sacerdoti e sacramenti. Le babuske, le nonne russe, sono quelle che hanno tenuta viva la fiammella della fede in tutti questi anni lunghi e bui delle persecuzioni ed hanno battezzato ed assistito ai matrimoni; l’unico sacramento era il battesimo, che come tutti sappiamo, in situazioni di emergenza, ognuno può amministrare

 

 

Dunque la Chiesa difficilmente muore, trova sempre la possibilità di perpetuarsi. Lo Spirito del Signore, interviene anche nelle situazioni più strane e più difficili. Ma la vostra presenza come Caritas, a quali esigenze, a quali bisogni è particolarmente confrontata?

La Caritas lì non esisteva ed il vescovo mi ha dato il compito di fondarla. Ci sono voluti nove mesi per riuscire a registrarla perché il non-profit era sconosciuto totalmente dalla giurisdizione del Kazakistan. Come prima cosa ho visitato questo immenso paese, largo 4000 chilometri con 3 fusi orari. Come europeo ho dovuto avere del tempo per abituarmici, sia per la situazione climatica, che va da meno 40 gradi d’inverno a più 40 d’estate, sia per le condizioni di vita a cui non ero abituato; il cibo, il modo di abitare, i mezzi pubblici totalmente allo sfascio, ecc. Ma questo poi l’ho superato.

Girando le parrocchie che  si erano costituite, (allora erano all’incirca 25) ho visto quali erano le emergenze e quindi, ascoltando anche le esigenze che mi facevano presente i sacerdoti, ho iniziato a sostenere  delle mense per bambini poveri (ci sono molti bambini  di strada anche perché tante famiglie sono distrutte dall’alcolismo o da altri grossi problemi) e  una trentina di punti di distribuzione di medicine (perché tutto quanto riguarda la sanità è  a pagamento e in alcuni villaggi la povertà materiale è enorme).

Lo si può dunque definire un impegno ad ampissimo raggio quello di don Adelio ed i suoi collaboratori in Kazakistan. Non solamente come impegno “tecnico” in ambito Caritas ma anche in quello della testimonianza evangelica in un paese a maggioranza musulmana che però non ostacola l’operato della Chiesa cattolica.

Caritas Ticino, contribuendo con una somma di USD 10’000, aggiunti ai CHF 2’500 raccolti dalle tre parrocchie luganesi, ha sollecitato anche in questa occasione, nel limite del possibile, una visione dell’aiuto che serva come investimento per delle attività produttive che possano assicurare, nel tempo, una sempre minor dipendenza dall’estero. Un passo difficile da compiere, ma necessario.