La voce di Caritas Gerusalemme
sulla situazione israeliano-palestinese
La
pace oltre la speranza
Di Dante
Balbo
La terra dIsraele è patria palestinese. Su questo fronte apparentemente
irrisolvibile la voce di Caritas Gerusalemme si leva per dire che la pace è
indispensabile e verrà.
Migliaia sono state le pagine, i film, i documentari e i servizi giornalistici
che hanno accompagnato la crisi palestinese e parlarne sulla nostra rivista
sembra inutile e superfluo, anche perché è stato detto tutto e
il suo contrario. Noi abbiamo avuto la fortuna di poter ascoltare la testimonianza
di Claudette Habesh, direttrice di Caritas Gerusalemme, vicepresidente della
Caritas Internazionale e presidente della Regione Mediorientale della Caritas.
La sua testimonianza, piena di speranza, raccolta alcuni mesi fa, mantiene tutta
la sua attualità.
La pace è necessaria.
Quello che non è possibile è che la situazione possa continuare
così a lungo.
Certo cè la storia con il suo peso, con tre milioni di palestinesi
nei territori occupati, con un intero popolo che si è trovato sulla propria
terra uno Stato che fino a prima non cera, ma Israeliani e Palestinesi
dovranno imparare a condividere la terra, a camminare costruendo insieme e la
strada non è impossibile.
Nel 93, dopo gli accordi di Oslo, tutti abbiamo sperato che le cose cambiassero
in fretta. Così non è avvenuto, ma la pace non è ancora
impossibile. Primariamente sono responsabili di questo processo Israeliani e
Palestinesi, ma tutta la comunità internazionale è coinvolta in
questo processo, e non può tirarsene fuori.
Come può affermare
che la pace è vicina, quando sembra difficile anche solo la tolleranza
e il riconoscimento reciproco?
Parlo di processo, perché non si tratta di voltare pagina e trovare la
pace alzandosi al mattino, ma di costruirla con segni piccoli ma importanti.
La pace è un cammino fatto di grandi storie e di piccoli eventi.
Sharon ha affermato che lo Stato Palestinese cè, oppure eventualmente
potrebbe esserci. Questo è un grande segno, come il fatto che il leader
palestinese si sieda al tavolo dei negoziati con gli Israeliani, riconoscendo
di fatto la legittimità dello Stato di Israele.
Ma poi ci sono i Campi di Pace, i piccoli segni che viviamo ogni giorno. Caritas
ad esempio ha iniziato a ripiantare gli olivi distrutti dagli Israeliani sul
territorio palestinese, e per i palestinesi questi alberi hanno un significato
particolare, sono segno della vita, della fecondità, della ricchezza.
A piantare questi olivi saranno giovani palestinesi, volontari di Caritas Gerusalemme,
delle Caritas occidentali e Israeliani.
Io sono palestinese e cristiana e mi sono trovata a parlare durante un corso
sulla Sacra Scrittura, come relatrice, accanto ad una donna israeliana che teneva
il corso con me. Abbiamo parlato insieme della pace, della pace possibile, della
pace vicina. Lei ha perso una figlia, uccisa da un palestinese, eppure parlava
insieme a me della pace che dobbiamo e possiamo costruire, per noi, per i nostri
figli, per i nostri nipoti.
Che ruolo può
avere Caritas Gerusalemme in questo processo?
Caritas Gerusalemme è nata una settimana dopo la guerra dei sei giorni
nel 1967, per testimoniare la sua presenza di pace, di accoglienza, di appoggio
a quanti soffrono, Israeliani o Palestinesi che siano.
Stare qui a Gerusalemme significa anche poter dire qualcosa di quanto accade
qui allOcidente, alle Caritas del Mondo, alla cristianità e alla
Chiesa. Ma soprattutto la nostra testimonianza è qui, il segno della
presenza della civiltà dellamore.
Cosa significa il suo
essere donna in una Caritas come questa?
Nella storia di Caritas è la prima volta che una donna ricopre questo
incarico, sia a Gerusalemme, sia nella Caritas Internazionale, quindi si tratta
di una responsabilità grandissima, della quale sono consapevole. Daltra
parte penso che una donna abbia in sé il mistero della vita, la possibilità
di servire con un cuore di madre, con il cuore di colei che è chiamata
a dare la vita.
Questo è un modo particolare di guardare alla realtà e alle soluzioni
dei problemi, con una sensibilità che mi ha avvicinato a tutti coloro
che avevano bisogno di essere accompagnati ed accolti, senza fare inutili differenze,
così come una madre ama tutti i suoi figli, nello stesso modo.