Come i Blues Brothers
Di Roby Noris


Da qualche anno, è ormai una tradizione, la rivista di Caritas Ticino in autunno dà ampio spazio alle testimonianze di giovani che hanno fatto esperienze di vacanze diverse all'insegna della solidarietà, della carità evangelica, all'insegna della fede che si fa opera. Ed è il motto scelto dal nostro Vescovo per il suo episcopato.
Ragazzi normali, col loro bagaglio di interrogativi e di dubbi, con i loro cedimenti e derapage, ma che hanno deciso di accettare una proposta di vacanze diverse, controcorrente, una proposta di vita diversa. Alcuni all'interno di un cammino di fede che ha la sua continuità in una comunità, con una parrocchia, con un gruppo, con una associazione o con un movimento. Altri che per la prima volta fanno un'esperienza particolare che forse li segnerà, anche se il cammino in seguito poi sarà tutt'altro.
Ma tutti scommettono qualcosa di importante, rischiano qualcosa. E non sono necessariamente i primi della classe, sono persone normali che hanno fatto fiducia, anche solo per un istante, a qualcosa di vero per la propria vita. Altrimenti non si va a passare le vacanze in un centro di Madre Teresa o a scavare buchi in Romania, o a occuparsi di handicappati mentali. Basta confrontare il modello di vacanze proposto continuamente per capire che se questi ragazzi sono come gli altri vuol dire che hanno incontrato qualcosa di eccezionale, tale da accettare di sembrare un po' matti agli occhi di molti loro coetanei. Lontano da qualunque scivolamento bigotto, sono certo che questi giovani hanno vissuto momenti di verità profonda nonostante i limiti personali o la coscienza parziale di ciò che hanno vissuto: un cammino di fede espresso con gesti missionari. Tempo di solidarietà, tempo di Dio.
Come in "Blues brothers", un cult movie spettacolare ed esilarante, dove i protagonisti, dalla più che dubbia moralità, compiono un gesto di solidarietà sostenendo l'opera di una suora, la Pinguina, affermando con assoluta tranquillità di essere "in missione per conto di Dio".
Mi colpiva, in questi giorni, la sicurezza di alcuni giovani francesi durante la visita del Papa, che esprimevano in TV con semplicità disarmante la loro appartenenza alla chiesa di Roma, la fedeltà e l'affetto per il Papa. Stridente contrasto con chi ineggia al pluralismo come condizione per evitare il settarismo e l'integrismo, spaventato solo all'idea che dei cattolici, giovani e meno giovani, possano affermare con tranquillità le proprie certezze.
Di fronte a un mondo che va a rotoli, di fronte alle sfide della povertà abbiamo bisogno di soluzioni tecniche e della buona volontà di tutti: per questo a Caritas Insieme, rivista e TV, parliamo di Non Profit, di politiche sociali, di lotta alla disoccupazione. Ma soprattutto abbiamo bisogno di segni di verità e di speranza, di segni che ci rassicurino che vale la pena di battersi per un mondo migliore, anche se non si realizzasse mai. Come Madre Teresa che non cambia la situazione di povertà dell'India: eppure i nostri ragazzi vanno a passare le vacanze nei suoi centri di accoglienza perché c'è qualcosa di straordinario che cambia davvero. E questo è possibile se si è "in missione per conto di Dio". Come i Blues Brothers.