Una sfida chiamata droga
Vietare il commercio ma autorizzarne l'uso?
Tre domande a Fabrizio Barazzoni
Fabrizio Barazzoni*: Il Consiglio di Stato Ticinese, oltre a sostenere e condividere la politica federale dei quattro pilastri in materia di droga, condivide anche l'apertura alla depenalizzazione o meglio all'opportunità di aprire il dibattito su questa possibilità. Personalmente sono assai scettico sulla depenalizzazione del consumo e dell'acquisto di sostanze stupefacenti per uso personale. La Legge federale sugli stupefacenti (modifica del 1975) prevede già sanzioni più miti per chi acquista o consuma per uso personale tali sostanze. Risulta perlomeno contraddittorio proporre il divieto della messa in commercio di sostanze stupefacenti, autorizzandone contemporaneamente l'uso. Più coerente apparirebbe quindi il discorso della liberalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti. Il discorso della depenalizzazione pone, a mio giudizio, seri problemi in termini di prevenzione (soprattutto primaria): lo Stato, proprio in un'ottica di promozione e di educazione alla salute, ha il dovere di dare messaggi chiari, univoci e soprattutto comprensibili dalla fascia di popolazione più a rischio in questo campo, ovvero i giovani. Il rischio grosso della depenalizzazione è rappresentato, a mio modo di vedere, dal fatto che proprio i giovani potrebbero leggere questa scelta come una banalizzazione del problema, come un abbassare gli argini da parte dello Stato a fronte di un problema che li colpisce particolarmente. Anzi, potrebbe sussistere il pericolo di veicolare "false" soluzioni che potrebbero nuocere in modo significativo all'azione generale che lo Stato sta attuando in materia di droga.
Considerando quanto già oggi avviene per la lotta al consumo del tabacco, paradossalmente lo Stato si potrebbe trovare nella "triste" condizione di dover lanciare campagne di prevenzione contro il consumo di droghe (in particolare quelle definite leggere) dopo averne indirettamente favorito il consumo. La prospettiva della depenalizzazione potrebbe inoltre veicolare il messaggio che sostanze come l'ecstasy, oggi il problema più emergente fra i giovani, non sono di fatto pericolose per la salute.
R: Ad inizio settembre vi erano, in Ticino, circa 780 pazienti in cura metadonica, dei quali 3/4 erano di sesso maschile. L'80% dei pazienti ha un'età compresa tra i 20 e i 34 anni.
La letteratura scientifica ha, in numerosi studi condotti, messo in evidenza come la terapia metadonica abbia permesso di raggiungere diversi risultati tra i quali citerei il miglioramento della salute fisica e psichica, la diminuzione della delinquenza globale, un migliore inserimento nel mondo del lavoro, famigliare ed una diminuzione del consumo di eroina. Va ricordato che, a seguito dell'epidemia dovuta al virus dell'AIDS, la cura metadonica ha permesso di ridurre le malattie infettive trasmissibili attraverso l'uso di siringhe infette o i rapporti sessuali.
Fra i vantaggi principali offerti dalla cura metadonica vi è quella di aprire la strada ad altri approcci terapeutici, ovvero ad una sorte di "ponte" in attesa ad esempio di poter usufruire di una trattamento pianificato in comunità. Le cifre riportate per i casi cura metadonica nel nostro Cantone meritano però, a mio giudizio, di essere lette con una certa punta critica. La presa a carico del paziente tossicodipendente sembra focalizzarsi notevolmente sull'approccio metadonico. Orbene il fatto che nella maggior parte dei casi si tratta di una cura di mantenimento, pone, a mio giudizio, la necessità di valutare, con altrettanta rigorosità scientifica, altre possibilità terapeutiche quali ad esempio quelle proposte dalla Comunità San Patrignano o altre analoghe. Sarebbe in effetti importante sapere, in termine di qualità di vita, di reinserimento sociale e famigliare e di costo-efficacia, la vera differenza tra questi due tipi di approccio. Ciò permetterebbe di poter operare scelte terapeutiche basate su evidenze di documentata efficacia, diminuendo nel contempo speculazioni di carattere meramente ideologico o opportunistico.
R: Le due iniziative federali sulle quali prossimamente saremo chiamati a dare la nostra opinione, non rappresentano, a mio modo di vedere, una risposta adeguata al problema posto dal pianeta droga. Personalmente, fatta eccezione per la questione della depenalizzazione di cui dicevo poc'anzi, ritengo che la scelta fatta a livello federale sulla politica in materia di droghe che si basa sui cosiddetti quattro pilastri (prevenzione, terapia, riduzione del danno e aiuto alla sopravvivenza, repressione del traffico organizzato), rappresenti una approccio strategico sostenibile.
In quest'ambito la questione della prevenzione riveste però un'importanza decisiva. Essa, intesa come promozione ed educazione alla salute, è la via principale da percorrere e sostenere con la messa a disposizione di risorse umane e finanziarie alla stesso livello di quanto si fa e si intende intraprendere per gli altri tre pilastri. Non è infatti immaginabile che la prevenzione alla tossicodipendenza non sia considerata, dal profilo della messa a disposizione di risorse finanziarie, alla pari di quanto avviene oggi nel campo delle cure sanitarie in genere. La lotta al consumo delle sostanze stupefacenti, da un profilo operativo ed in un'ottica preventiva, potrebbe ad esempio emulare quanto oggi avviene nel campo della propaganda al consumo di sigarette, utilizzandone gli stessi metodi e le stesse strategie: ovvero fornendo messaggi di comportamenti di vita attraverso supporti pubblicitari e non molto più incisivi, "aggressivi" e mirati contro il consumo di sostanze stupefacenti.
La promozione della salute, unita ad un'educazione ai valori nel campo famigliare, della scuola e della società, rappresentano comunque i punti cardinali sui quali operare assiduamente se vogliamo che questo problema non faccia parte anche lui di quelle malattie che hanno assunto, nella nostra realtà, la connotazione di "cronico-degenerative".