Santi da scoprire
Francesca Saveri Cabrini


A cura di Patrizia Solari


Questa donna, proclamata santa nel 1948 da Pio XII e patrona degli immigrati nel 1950, era nata e cresciuta nel lodigiano, ultima di dodici figli. A soli 11 anni, facendo voto di verginità, aveva deciso la sua vita: voleva essere missionaria in Cina e per questo trascorreva il suo tempo libero studiando l'Atlante. Ma era di salute cagionevole e diversi ordini religiosi non avevano accolto la sua domanda.
"Era divenuta, dopo numerose traversie, fondatrice di una piccola congregazione con finalità missionarie, un'iniziativa allora strana per un istituto femminile (...) Incontrò il vescovo Scalabrini che cercò di farle cambiare idea descrivendole la situazione miseranda degli emigrati in America. Confusa, Francesca decise di lasciare la decisione al Papa Leone XIII, che l'ascoltò a lungo, poi le disse con decisione: 'Non a Oriente, Cabrini, ma a Occidente!' (...) Aveva 39 anni, era malata di polmoni e i medici le avevano pronosticato non più di due anni di vita." Era il 1889. Morirà nel 1917, a Chicago, dopo aver costruito dal niente asili, orfanotrofi, educandati, collegi e ospedali negli Stati Uniti, nel Sudamerica e anche in Europa.

"Le sue opere, che non furono mai sue, sono come i grani di un rosario che piano piano tra le dita prende forma, legati l'uno all'altro dall'unico vincolo d'amore che fa consistere, dall'unica forza che fa costruire: la carità, l'amore di Cristo e lo struggimento perché Cristo sia conosciuto. (...) Una carità che fa sì che 'i figli di Dio operino con più tenacia, accortezza e pazienza perché hanno consacrato le loro forze alla venuta del suo Regno e corrono per uno stipendio incorruttibile' contrapponendoli all'attività febbrile dei businessmen americani."

Madre Cabrini parte dunque nel 1889 con sette suore, attraversando l'Atlantico insieme a 900 emigranti, che occupavano la terza classe della nave.

"Nell'arco di quasi trent'anni compirà 28 traversate dell'Oceano che divide i due continenti. E tutte le volte troverà il niente ad aspettarla, neanche un letto dove posare il capo per riposare. Solo povera gente abbruttita dal lavoro e da condizioni di vita disumane. Sono i nuovi poveri per i quali la fede è un ricordo, lasciato nella propria terra di origine; è un popolo a cui manca una guida."

In America gli italiani erano considerati "schiavi bianchi". "Giungevano a centinaia di migliaia all'anno, insidiati già alla partenza e all'arrivo da loschi procacciatori che ne sfruttavano l'ignoranza e il bisogno, privi di protezione, disponibili a tutto (...). Vivevano senza scuole, senza ospedali, senza chiese, chiusi nelle loro 'piccole italie', quartieri che proliferavano ai margini delle grandi città. E quasi sempre non erano nemmeno 'piccole italie', perché i vari campanilismi le frazionavano e mettevano rissosamente i vari gruppi regionali gli uno contro gli altri. (...) Quelli che riuscivano a far fortuna (...) si guardavano bene dal mescolarsi con i propri disprezzati connazionali."

I politici "affrontavano il problema dell'emigrazione dal punto di vista dell'ordine pubblico, con qualche provvedimento di polizia, ma senza nessuna intelligenza volta a immaginare forme di tutela economica e sociale. (...) Nemmeno la Chiesa cattolica d'America poteva fare qualcosa. Allora in tutta New York non vi erano più di venti preti che capissero un po' l'italiano". Gli emigrati avrebbero dovuto inoltre sottostare all'obbligo di contribuire economicamente al sostegno delle attività parrocchiali per poter frequentare la chiesa e "le sole organizzazioni italiane attive sul posto erano i circoli 'Giordano Bruno', che avevano come unica preoccupazione quella di diffondere e mantenere un acceso anticlericalismo."

Francesca Cabrini, dall'accoglienza dei ragazzini nelle sue scuole, partiva poi alla ricerca dei genitori. "In un trafiletto del New York Sun, in data 30 giugno 1889, si legge: 'In queste ultime settimane, alcune donne vestite come suore di carità, vanno percorrendo i quartieri italiani del Bend e della Little Italy, arrampicandosi per irte e strette scalinate, scendendo in sporchi scantinati e in certi antri in cui nemmeno i poliziotti di New York osano entrare da soli'."

Nonostante gli iniziali aiuti "il problema principale restava quello del denaro. Le suore si diedero allora a percorrere la città in lungo e in largo per cercare aiuti, rifiutando per principio ogni discriminazione. In un ambiente dove regnava la divisione (...), dove i cattolici irlandesi consideravano gli italiani come 'neopagani' e dove i 'nativi' si associavano per organizzare 'la protezione etnica', quelle suore si mossero con la dignità e la cordialità dell'amore." E mossero bottegai di ogni razza e religione, uomini d'affari, ebbero la protezione dei padroni dei mercati, l'aiuto di sconosciuti, che in tram mettevano loro in mano qualche dollaro e "i nazionalisti irlandesi esigettero che i poliziotti fermassero il traffico, quando passavano le suore con le loro masserizie, perché 'rappresentavano il Papa'." La prima casa fondata per le orfanelle, la "Casa dei santi angeli", si era ingrandita ed era frequentata anche da bambine cinesi, mulatte e nere.

"Il 17 luglio 1889, per le vie di Little Italy sfilò una ordinata processione di trecentocinquanta bambini e bambine (...). Mai potremo immaginare l'impressione di irlandesi e protestanti che vedevano sfilare in silenzio e decoro proprio quei ragazzi che erano abituati a considerare come ladruncoli sporchi e disordinati."

Due episodi esprimono lo stile di madre Cabrini nell'affrontare i problemi dello sviluppo delle sue opere. Per quanto riguarda la ricerca di denaro "se un benefattore si decideva a firmarle l'annuale assegno di trecento dollari, Francesca era capace di fermargli la mano sull'ultimo zero, con un sorriso e poi -come era abituata a fare con i bambini- gli guidava la mano fino a tracciarne ancora uno. Non bisognava forse insegnare la carità come si insegna a leggere e scrivere?"
E ancora: "A New Orleans, nel 1892, la Madre incontra un ricchissimo avventuriero siciliano che aveva fatto fortuna con navi, fabbriche di birra, compagnie di assicurazione, imprese edilizie, ed era inoltre proprietario di circa sedicimila ettari coltivati a cotone e a limoni. Riassumiamo da una relazione del tempo (...).
- La sua visita mi onora, Madre Cabrini, di lei si parla ormai in tutta l'America. In che cosa posso esserle utile?
- In niente. Vorrei io essere utile a lei.
- Io non ho bisogno di nulla. Non chiedo nulla a nessuno, desidero solo che mi lascino fare in pace i miei affari...
- Io invece non mi interesso di affari. Ma mi interessa la sua felicità. Mi hanno detto che lei è sposato, da molti anni. Però non avete figli. E' triste.
- Purtroppo è così, mi piacciono i bambini, ma...
- Peccato. Proprio peccato. Con tutte queste belle cose, neanche un figlio a cui lasciarle... Si è mai chiesto, lei, il motivo di tanti doni piovutili dal cielo? Un motivo ci deve essere. Sono certa che il Signore ha formulato un bel progetto sul suo conto. Non sa quanta gioia possano dare i bambini!
A questo punto l'uomo rivela d'aver pensato qualche volta a una adozione, ma di averci sempre rinunciato per timore di trovarsi in contrasto con la moglie, e conclude:
- Mi lasci pensare, lasci che ne parli a mia moglie, e se Maria èd'accordo allora la chiamo e lei ci porta il bambino.
- Il bambino? chi ha parlato di un bambino solo? Perché uno solo?
- E quanti me ne vorrebbe dare, Madre?
- Cosa ne direbbe di sessantacinque, tanto per incominciare?
L'uomo d'affari finì per finanziare un intero orfanotrofio. E quando, alcuni anni dopo, questo divenne troppo piccolo, le regalò ancora sessantacinquemila dollari, una cifra enorme per quei tempi."

Arrivata a New Orleans nel 1892, Madre Cabrini trovò una città dominata dalle cosche malavitose. "Comprese subito che bisognava partire dalle nuove generazioni, dare un altro volto e un'altra speranza a quelle torme di ragazzi che aspettavano di ingrossare le schiere della malavita; costringere la città a riconoscere la dignità di quella gente umiliata e temuta." Francesca andò a scovare tutte le famiglie di italiani che avevano fatto fortuna, ma che cercavano di far dimenticare le loro origini. "Quasi tutti compresero e apprezzarono l'intento della Cabrini: dimostrare, a quella città che apprezzava l'Italia (la sua musica, i suoi artisti), ma odiava gli italiani (ritenuti tutti mafiosi o potenziali delinquenti), che il vero problema era il disinteresse sociale in cui tutti quegli adolescenti venivano lasciati, senza nessuna cura e nessuna protezione."

Un altro grossissimo problema era quello sanitario. Siccome gli emigrati erano considerati materiale umano, nessuno si preoccupava di quelli che si ammalavano o subivano incidenti sul lavoro. Per le difficoltà ad esprimersi e per la mancanza di soldi, gli emigrati non si facevano quasi mai curare negli ospedali e preferivano morire nelle loro casupole. Il progetto di un ospedale per gli italiani era sempre miseramente fallito, a causa dei campanilismi e delle divisioni tra le varie regioni di provenienza.
"Francesca sentiva, con un certo fastidio, che gli occhi e le speranze si volgevano verso di lei, ma non si sentiva tagliata per quel compito. D'altronde ne aveva già abbastanza di pensare a scuole e orfanotrofi! Poi accaddero due episodi che nella sua coscienza lei percepì come due voci -una dalla terra e una dal cielo- che le chiedevano ambedue obbedienza alla volontà di Dio. La voce terrena le giunse dal racconto di due suore che erano andate a far visita all'ospedale cittadino e s'erano sentite chiamare da un ragazzo che, gettato lì da alcuni mesi, s'era messo a piangere sentendole per caso parlare la sua lingua. Da tre mesi aveva sotto il cuscino una lettera dall'Italia, ma era analfabeta e nessuno gliel'aveva potuta leggere. Anche le suore, del resto, solo con molta fatica, riuscirono a leggere la lettera che annunciava al ragazzo che la mamma, al paese, era morta all'improvviso. E per tre mesi lui aveva posato il capo su quella notizia che non riusciva a farsi voce.
Francesca pianse a lungo. Poi la notte sognò -e fu la voce proveniente dal cielo- una corsia d'ospedale in cui una dolce e bellissima signora si aggirava tra i letti, con incredibile tenerezza, e accarezzava i malati e rimboccava le coperte. Capì subito, nel sogno (o nella visione, chissà!) che era la Vergine Santa e si precipitò ad aiutarla. Non toccava a lei, la Regina del cielo, fare l'inserviente dei malati! Ma la Madonna -sempre nel sogno- l'aveva guardata con un po' di tristezza in fondo agli occhi e le aveva detto: 'Faccio io quello che non vuoi fare tu!'. La mattina dopo Francesca aveva già deciso di destinare a quel compito dieci delle sue suore.(...) Cominciò così -nel 1892, centenario della scoperta dell'America- il Columbus Hospital, con due medici americani che prestavano gratuitamente la loro opera, affascinati com'erano dal coraggio di quella donna. (...) nei primi trent'anni di vita l'ospedale si prese cura di circa centocinquantamila ammalati."
E per restare sulle cifre: "(...) trentasette anni di attività con la fondazione di sessantasette istituti; percorrendo quarantatremila miglia per mare (scherzando sulle sue origini contadine, Francesca chiamava l'Atlantico: 'la strada dell'orto') e sedicimila per terra. Ma i numeri nulla dicono ancora dell'ampiezza dell'apostolato delle cabriniane. Basta ricordare che Francesca ne condusse alcune fin dentro le miniere di Denver, a novecento piedi di profondità, preparandole con accorata dolcezza: 'Non sarà difficile parlare ai minatori del Paradiso, dato che all'inferno ci sono già!' (...) Come ne condusse altre fino a Sing Sing, dove non pochi condannati italiani -incapaci di difendersi, come i malati di spiegare le loro malattie- si maceravano nell'odio e nella disperazione. Le suore si occuparono soprattutto di mantenere i legami, altrimenti impossibili, tra i prigionieri e le loro famiglie."

Concludiamo con un'ultima cosa. "(...) ci sono pagine di storia in cui la fede e la preghiera si dimostrano capaci di una operosità così concreta e multiforme, di una genialità sociale così sollecita (Sollicitudo rei socialis) e anticipatrice, da renderci certi che è proprio la mancanza di preghiera -e più a monte la mancanza di una vera fede- che lascia gli uomini nel più tragico egoismo, proprio quando vogliono governare i loro simili e inventare ricette di progresso sociale."
Nota: Le citazioni sono tratte da A.Sicari, Il quarto libro dei RITRATTI DI SANTI, Milano, Jaca Book, 1994 e dalla rivista TRACCE, nov. 95, pagg. 52-54