LA NUOVA CHIESA di Pregassona

Di Gianni Ballabio



Vi state impegnando a costruire una chiesa in cemento armato o in altro materiale, perché sia un luogo di incontro per la comunità che celebra e prega; ma soprattutto dovete impegnarvi insieme a divenire sempre più Chiesa nei vostri cuori e nella vostra Comunità, vivendo con sincerità il Vangelo, per essere presenza e testimonianza di salvezza. Da questa vostra crescita la costruzione stessa della chiesa riceverà un significato ancora più vero e più prezioso". Così scriveva nel luglio 1995 il Vescovo di Lugano, monsignor Giuseppe Torti, ai fedeli di Pazzalino a proposito della nuova chiesa dei santi Giovanni Battista e Massimiliano Kolbe, dedicata il 19 maggio scorso, lunedì di Pentecoste.


PER FARE COMUNITÀ

Perché una nuova chiesa? Scriveva il Consiglio parrocchiale nel numero unico di presentazione: "per capire il perché torniamo indietro d'una ventina d'anni, quando l'idea cominciò a farsi strada. Era il periodo in cui questa zona di Pregassona, la Bozzoreda, nella parte inferiore del territorio comunale, a ridosso di Lugano, cominciava a conoscere un significativo sviluppo residenziale. Distante dal nucleo originario del paese, unico punto di riferimento religioso era la chiesina di Fatima, cara a tutti i fedeli ma indubbiamente troppo piccola per una popolazione in rapido aumento. Oggi il quartiere di Bozzoreda è il più abitato del Comune che, complessivamente, ha superato i 7 mila abitanti".

Una forte crescita in così breve tempo esige un impegno comunitario ancora più forte: per accogliere e favorire l'inserimento dei nuovi, facendo sentire la presenza della comunità. Per superare quell'anonimato e quel rinchiudersi nel privato, che facilmente percorrono le nostre zone periferiche, dove è sempre più difficile "fare comunità". Scriveva il Vescovo alla comunità nella Pasqua dello scorso anno, riferendosi a questo progetto: "il passaggio dalle intenzioni ai fatti è segno di buona volontà e di concretezza, anche di coraggio, perché non mancano certo preoccupazioni e difficoltà di fronte ad una realizzazione così impegnativa". Assicurava il suo appoggio al progetto e invitava a "rispondere con generosità, perché questa nuova chiesa diventi al più presto una bella realtà". E aggiungeva, richiamando l'impegno comunitario: "volti nuovi si sono infatti continuamente aggiunti alla vostra comunità e la nuova chiesa, oltre ad essere una necessità, deve essere il luogo in cui vi riconoscete fratelli in Cristo e figli dell'unico Padre, che chiama e che ama".


GIOVANNI BATTISTA E MASSIMILIANO KOLBE

Segno di presenza e luogo di accoglienza: invito e proposta. "Perché rifiorisca nelle nostre terre la Fede, la Carità e la testimonianza cristiana, senza le quali vano è lo splendore del Tempio", come scritto sulla pergamena inserita nella Prima Pietra, benedetta e posata dall'arcivescovo di Cracovia, il cardinale Francesco Macharski, la domenica 22 ottobre 1995. La nuova chiesa è dedicata a Giovanni Battista e a Massimiliano Kolbe: due santi tanto lontani nel tempo, ma così vicini nella forza della loro testimonianza. Fino al martirio.

Scrive il Vescovo. "Sono due esempi luminosi. Vi guidino sul vostro cammino incontro al Signore". Per presentare il primo, bastano le parole di Gesù, come leggiamo nel Vangelo di Matteo (11,11): "vi assicuro che tra gli uomini nessuno è stato più grande di Giovanni il battezzatore" e il suo coraggio per la verità, gridata in faccia ai farisei, ai capi e ad Erode, fino a pagare con la morte.

Massimiliano Kolbe, francescano conventuale polacco, nato nel 1894, si offrì, il 20 luglio 1941, per sostituire un padre di famiglia nel bunker della fame di Auschwitz, dove si entrava per morire. "Confortò fino all'ultimo i condannati con lui, poi fu finito la vigilia dell'Assunta". Fu beatificato nel 1971 e a quella celebrazione era presente il prigioniero che lui aveva salvato. In suo ricordo nella prima pietra della nuova chiesa è stato deposto un pugno di terra, raccolto vicino a quel campo di concentramento: dove in quegli anni, accanto ai segni dell'odio e della violenza, germogliarono anche miracoli di amore vero. Come l'offerta di padre Kolbe.


LA CASA DI TUTTI

Don Giuseppe Masina, diverse primavere sulle spalle, ma tanto entusiasmo ancora nel cuore, è parroco prevosto di Pazzalino dal 1954. La sua presentazione della nuova chiesa è subito ricondotta, con stile immediato, chiaro, didattico, alla dimensione della comunità. "Non si può pensare ad una famiglia senza pensare ad una casa. In essa ognuno ha un tetto per ripararsi, una mensa cui assidersi, un focolare per riscaldarsi, un letto per riposare. Se ha bisogno di isolarsi dal tramestio del mondo, lì trova tranquillità e pace, se malato vi trova assistenza, se triste una mano che lo accarezza, una parola che lo conforta, un sorriso che lo illumina". E subito aggiunge: "la vera casa di tutte le anime è la chiesa". Perché la chiesa è " la casa di Dio" e " la casa di tutti". È il luogo "per il cuore che crede" e "per il cuore ferito"; per quello "affamato" e per quello "in burrasca". Infatti "vicina alle nostre case, è aperta tutto il giorno per ripararci dalle tumultuose onde della vita: dalle tempeste delle cattiverie e delle violenze, dai venti delle tentazioni, dagli scogli delle tribolazioni, nei pericoli, nei dolori. Nei dubbi, nelle incertezze da ogni chiesa ci viene continuamente l'invito dell'amico: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi farò riposare"'. L'importanza di questa realizzazione è così sottolineata dall'autorità comunale di Pregassona: "attorno a una chiesa e alla sua funzione specifica la storia ce lo insegna si sviluppa anche un movimento più ampio, un movimento di vita, di relazioni, di cultura. Proprio nel quartiere della Bozzoreda, già sede di un centro parrocchiale, di una scuola media e di una scuola dell'infanzia, e in prossimità di infrastrutture sportive, questo complesso religioso completa un polo importante". Con l'augurio che "possa essere uno stimolo per migliorare, nelle persone che lo frequenteranno, i valori indispensabili per la crescita spirituale e materiale".


LUCE E SPAZIO PER STARE INSIEME

Il progetto è dell'architetto Alberto Finzi. Così lo descrive. "Una chiesa quadrangolare, con una navata unica, con un deambulatorio e pavimento leggermente inclinato, dove sono collocati i banchi per circa 320 posti. Il presbiterio ben raccolto e rialzato, permette la facile visibilità dei fedeli su tutti gli elementi liturgici essenziali: altare, ambone, celebrante, tabernacolo, fonte battesimale. Nell'unica navata è inserito anche il coro che partecipa quindi attivamente con l'assemblea. Quest'ampia sala è coperta da un tetto ad un'unica falda che ha il suo culmine sopra il presbiterio. Il soffitto ligneo è strutturato da un intreccio di travi che formano dei cassettoni regolari con un graduale lucernario sopra l'altare".

Le vetrate di fra Roberto ("vorrei afferma l'autore che con i loro colori riaccendano un messaggio di speranza per la Chiesa che, pur in mezzo alle difficoltà di credibilità, possa tornare a rivivere e ad illuminare molti di noi") e la Via Crucis del chiostrosagrato, realizzata a bassorilievo dipinto da Giancarlo Tamagni ("attualità e quotidianità della sofferenza"), arricchiscono di intensa spiritualità l'intero complesso, che ritrova in una ricerca di forte luminosità l'essenzialità del suo messaggio.

Soffermandosi sul "sagrato di forma quadrangolare al centro, contornato da un chiostro quadriportico", l'architetto parla di un luogo che "oltre a dare spicco all'architettura della nuova chiesa, consente di ottenere un spazio pubblico di raccoglimento e di silenzio". Sfruttabile anche per celebrazioni, come pure per manifestazioni artistico culturali.

Dal profilo strutturale questo sagrato ritrova elementi significativi nei suoi quattro angoli. Il primo dà direttamente accesso alla strada e di fronte, sullo stesso asse, si accede alla chiesa. Nell'angolo a sinistra è collocato il campanile ("si erge con tre lamine bianche che terminano irregolarmente, a scala, verso il cielo e portano il suono delle tre campane, in tutte le direzioni del paese") e sull'angolo opposto è situato il centro parrocchiale, 'Presenza cristiana'.

Scrive don Valerio Crivelli, direttore del Centro diocesano di Liturgia: "l'edificio ecclesiale è il luogo privilegiato dell'incontro con Dio. È la casa non tanto di Dio, che cielo e terra non possono contenere, quanto di tutto il popolo di Dio che, convocato dal suo Signore, si raccoglie per ascoltare la parola della vita, celebrare e vivere nei sacramenti le grandi opere della salvezza per poi ripartire, dopo l'esperienza di comunione con Dio e con i fratelli, verso il mondo per portarvi la testimonianza di gioia costruttiva".

Soffermandosi recentemente su questa chiesa, il Vescovo sottolineava, proprio in questa prospettiva, la caratteristica suggestiva dell' "atrio", ricavandone un messaggio. "Richiamala dimensione comunitaria dei nostri sagrati. È spazio di incontro, che prepara la celebrazione, continuandola nel tempo del quotidiano. Una chiesaluogo per ricevere entusiasmo, da portare fuori, dentro gli spazi anonimi dei vivere, ovunque, ai cuori che hanno bisogno di parole di vita eterna".