"HO
GIOCATO COL METADONE PER NON ENTRARE IN COMUNITÀ"
Testimonianza di Concetta e Gianni Mauro
Da CARITAS INSIEME TV
D: A che
età hai cominciato ad usare sostanze stupefacenti?
Gianni: Ho cominciato a 20 anni.
D: Per quanti anni hai fatto uso di droga?
Gianni: Per due anni e mezzo, però con dei periodi
durante i quali non assumevo stupefacenti. Avevo fatto anche il programma del
metadone. Era per me una via d'uscita, perché mi si proponeva metadone
o comunità. I miei famigliari non volevano assolutamente il metadone,
ma io li ho convinti che non è un male, rendendomi però conto
che ho solo giocato, rinviando così la mia entrata in comunità.
D: Ma tu hai preso il metadone perché volevi smettere o solo per rimandare
il problema?
Gianni: Era un'alternativa per non entrare in comunità.
Meglio il metadone, perché bene o male non mi costringeva a rinunciare
a niente. Ogni tanto potevo andare a farmi ed assumere altre sostanze senza
problemi. Con il metadone evitavo la comunità. Così ho iniziato
il programma metadone.
D: Un programma durato quanto tempo?
Gianni: Due anni col metodo scalare. Sono stato tranquillo
per parecchi mesi, mi sono ripreso, avevo trovato di nuovo un lavoro. Mi sono
messo un po' in regola, ho tralasciato certe compagnie ...
D: Ma allora cosa non andava con il metadone?
Gianni: In un certo senso è come un'illusione, perché
alla fine ... io non sono cambiato. Il fatto che io avevo bisogno di sostanze
esterne, era legato ai miei atteggiamenti, era legato, alla mia persona, al
vuoto che avevo dentro. Con il metadone uno lo colma illusoriamente, perché
sul momento si pensa di stare bene ... ma se non si è puliti dentro,
se non si è sani dentro, prima o poi il malessere riemerge. E di tanto
in tanto veniva fuori: oltre al metadone assumevo altre droghe. Se oltre al
metadone non si fa qualcosa di costruttivo sulla persona, questa proposta non
serve a niente.
D: In fondo nel periodo del metadone non volevi smettere. Che cosa è
scattato ad un certo punto?
Gianni: Ci sono stati alcuni avvenimenti. Mi hanno ritirato
la patente, ho perso il lavoro, perché cominciavo a trascurare tutto.
La situazione della mia tossicodipendenza degenerava e allora non avevo più
niente, avevo fatto terra bruciata intorno a me. Ero solo. L'unica cosa a cui
mi potevo aggrappare era la mia famiglia. Non potevo perdere anche loro e allora
mi hanno messo un po' con le spalle al muro.
D: Cosa ha voluto dire per lei, signora, mettere con le spalle al muro un
figlio che stava vivendo una situazione come quella?
Concetta: Tenevo tanto a mio figlio e quindi quando io
gli davo tutto e lui non seguiva, ho detto: tu devi entrare in comunità
o altrimenti hai chiuso.
D: Lei ha creduto alla possibilità del metadone o no?
Concetta: No. Ma in principio sì, perché
me l'aveva fatto capire lui, eravamo al buio di tutto ... però poi parlandone,
vedendo com'era lui quando lo prendeva, abbiamo cominciato a capire che questa
non era la soluzione per guarire. Per me la soluzione era di andare in comunità.
Eravamo anche noi al buio sulle comunità, poi è entrato il figlio
di mio fratello, a Milano, ...
D: Questa lotta non la si fa da soli allora, ci vogliono altre persone?
Concetta: Ci vogliono altre persone, da soli non si riesce.
lo ho avuto mio genero e mia figlia che in tutti i momenti di bisogno, erano
pronti. E ce l'abbiamo fatta. Però le persone che affermano che ce la
fanno da sole, non è vero, non ce la fanno. Hanno bisogno d'aiuto.
Gianni: (...) lo non mi ritenevo un tossicodipendente
come gli altri, pensavo di farcela da solo, pensavo che 3 o 4 settimane sarebbero
bastate. Ho vissuto solo due o tre anni di tossicodipendenza, gli altri ne avevano
sulle spalle di più, 8, 9,10 anni. E invece mi sono reso conto che non
era possibile ...
D: Non ti consideravi quindi uno schiavo della droga ...
Gianni: Non a quei livelli perché non ho fatto una vita da trasandato.
Andavo
sempre vestito abbastanza bene. Non ho vissuto quel genere di tossicodipendenza.
In comunità però mi sono reso conto che il problema era sulla
persona (...). In comunità si cerca di scoprire che cos'è il vuoto.
E allora il cammino era quello di caricarsi di valori umani. Ho avuto questa
educazione da parte dei miei genitori, che però ho tralasciato ... Arrivando
ad una certa età è più importante quello che dicono gli
amici di quello che dicono i genitori. Cominci a trascurare certe cose che poi
in comunità, invece, ho cominciato ad apprezzare. È come ritornare
bambini, crescere ...
D: In Svizzera si stanno confrontando due linee d'intervento: una linea che
individua nella distribuzione sotto controllo d'eroina una possibilità
per uscire dalla tossicodipendenza, e un'altra linea più rigida che non
accetta di arrivare a patti con la droga esprimendo un no assoluto alle droghe.
Voi come reagite, di fronte a questo tipo di dibattito?
Gianni: Sembrerebbe scontato per chi ha fatto la comunità
affermare che la distribuzione controllata non va bene. Ma non è così
scontato. lo non so che cosa è l'eroina di Stato, ma conosco la droga
di Stato, cioè il metadone. Che cosa cambia? Per me non cambia niente:
cambia la sostanza, ma il principio è il non voler aiutare, non dare
la possibilità di aiutare. Con il metadone si sostituisce l'eroina. Adesso
si dà direttamente l'eroina di Stato controllata. Può esserci
una riduzione del danno: secondo quello che scrivono i giornali, ci sono meno
decessi, però non so fino a che punto è un aiuto. Quello che ho
vissuto sulla mia pelle, mi ha dimostrato che il metadone non mi aiutava. Il
lavoro che dovevo fare per recuperare era sulla mia persona. (...) Per quanto
riguarda l'eroina di Stato, sono nettamente contrario per motivi veramente vissuti
anche in prima persona. (...)
D: Che cosa ne pensa, signora, di questa questione della droga sotto controllo?
Concetta: lo non ci credo, l'abbiamo vissuta noi questa
esperienza, quindi no, non ci credo. Quando un figlio fa due anni di metadone
e non ci sono stati risultati, ci sono stati sempre peggioramenti, io non ci
credo, non ci credo assolutamente.
D: Quindi l'unica strada possibile è la comuità?
Concetta: Quella è la strada giusta. Ce la fanno
... ne escono fuori.
Gianni: (...) Una comunità dove non ci sia assolutamente
droga, nella quale si ha l'occasione di fare un lavoro sulla propria persona.
Le droghe sono tante, non è solo l'eroina, sono vizi. Il problema parte
molto prima. Prima ancora di iniziare a desiderare la droga col pensiero. Quindi
il problema non è la droga, o sostituire la droga, il problema è
della persona. Le strutture, quindi, devono lavorare sulla persona e non sulla
sostanza. Questo è il mio parere e non solo perché ho fatto la
comunità e trovo che questa sia l'unica soluzione, ma perché effettivamente
la comunità mi ha aperto gli occhi e vedo le cose così come sono.