Dall'AVVENIRE
deI 22 gennaio 1997
Droghe libere , giovani schiavi
Il no del Vaticano:
si creano falsi bisogni, la vera sfida è l'educazione
Roma.
Un "no" chiaro, forte, inequivocabile. E, con una "riflessione
pastorale" il pontificio consiglio della Famiglia respinge ogni ipotesi
di "legislazione che controllerebbe l'uso della droga" di cui oggi
si discute in molti Paesi, Italia compresa. Perché "attraverso la
legalizzazione della droga non è il prodotto che si ritrova, da questo
fatto, liberalizzato, ma sono le ragioni che conducono a consumare tale prodotto
che si ritrovano convalidate".
Un documento lungo ed articolato, quello del dicastero vaticano per la famiglia,
che in 22 punti espone i motivi per cui, come affermato da Giovanni Paolo II,
"la droga non si vince con la droga". "Ciò che fa la tossicomania
ricorda infatti il documento non è il prodotto, ma la persona che ne
proverà il bisogno", ed "è per questo motivo che la
distinzione tra "droghe dure" e "droghe dolci" conduce ad
un vicolo cieco". Anzi, secondo il pontificio Consiglio per la famiglia,
"si dovrebbe ragionevolmente allargare il quadro della tossicodipendenza
a molte sostanze (ansiolitiche, sedative, antidepressive, stimolanti) che non
sono considerate come "droghe", compresi il tabacco e l'alcool. Quando
infatti si affronta il problema della tossicodipendenza "nella prospettiva
di una legalizzazione della vendita e dell'uso dei prodotti" che la favoriscono,
bisogna sempre tener presente che "è il destino delle persone che
è in causa. Alcuni si ammonisce avranno la loro vita diminuita, cioè
ferita, mentre altri, forse senza cadere nella dipendenza vera e propria, guasteranno
i loro anni giovanili senza davvero sviluppare le loro potenzialità.
Non si fanno esperienze a spese della gente. Il comportamento che conduce alla
tossicodipendenza non ha alcuna possibilità di correggersi se i prodotti
che rafforzano tale comportamento stesso sono messi in vendita liberamente".
Nessuno Stato dunque "ha il diritto di dimettersi dal suo dovere di tutela
di fronte a coloro che ancora non hanno avuto accesso alla maturità e
che sono vittime potenziali della droga". Al contrario, prosegue il pontificio
Consiglio per la famiglia, se lo Stato adotterà una posizione "coerente
e coraggiosa sulla droga, combattendola qualunque ne sia la sua natura, questa
attitudine aiuterà contemporaneamente la lotta contro gli abusi dell'alcool
e del tabacco".
Il problema di fondo, da questa prospettiva, è infatti di natura educativa,
in quanto "il ricorso alla droga è sintomo di un malessere profondo.
La droga non entra nella vita di una persona come un fulmine a ciel sereno,
ma come una seme che attecchisce in un terreno da lungo tempo preparato".
E la tossicodipendenza, si sottolinea ancora nel teso, sta diventando sempre
più un "fenomeno di massa, che tocca innazitutto i giovani, distruggendo
vite, tagliando corto molte promesse, e che nessun Paese finora è riuscito
a ridurre e neppure semplicemente ad arginare".
Tutto questo è appunto dovuto alla "debolezza del nostro sistema
educativo" e all'isolamento in cui si trovano spesso i genitori, scavalcati
nei loro compiti dall"'agorà mediatico" e dalle "idee
immagini che circolano nella società". E in tale situazione "la
legalizzazione delle droghe comporta il rischio di effetti opposti a quelli
ricercati. In effetti si ammette facilmente che ciò che è legale
è normale, e quindi morale. Attraverso la legalizzazione della droga,
non è il prodotto che si ritrova, da questo fatto, liberalizzato, ma
sono le ragioni che conducono a consumare questo prodotto".
Per tutto questo, secondo il documento, nell'analizzare le ipotesi di liberalizzazione
delle droghe leggere "bisogna evitare le semplificazioni e le generalizzazioni,
ma soprattutto la politicizzazione di una questione che è profondamente
umana ed etica". E dunque, di fronte "all'escalation" di discorsi
favorevoli alla legalizzazione" è necessario "porsi i veri
interrogativi". E li elenca: "si sa veramente perché bisognerebbe
legalizzare la libera circolazione delle droghe? Si vuole realmente ancora,
realmente, lottare contro la droga, o si è gettata la spugna? Si cede
alla facilità e alla demagogia, o si cerca seriamente di prevenire? E'
accettabile creare una sotto classe di esseri umani viventi a un livello sub
umano, come si vede, purtroppo, nelle città dove la droga è in
vendita liberamente? Si è tenuto sufficientemente in conto ciò
che gli esperti non cessano di dire da molti anni, che la tossicodipendenza
non si gioca su ciò che spinge un individuo a drogarsi? Si è dimenticato
che, per vivere, ognuno deve poter rispondere ad alcuni interrogativi essenziali
dell'esistenza? La legalizzazione del prodotto non servirà invece che
a rafforzare questa dimenticanza ?" (...).
Salvatore Mazza