Massimo
La mia scelta diaconale nasce in fondo da un desiderio di sacerdozio, che avevo
avuto, sui 17 anni, dopo il mio incontro con Gesù. Un incontro finalmente
vivo, perché prima la mia religiosità era la consuetudine dell'andare
in chiesa. Avevo quindi pensato con serietà, con riflessione, anche con
un esame sofferto al sacerdozio e alla vita religiosa. Ricordo che allora un
abate mi aveva detto di vedermi monaco. Poi ho capito che non era quella la
mia strada, ma che il Signore mi chiamava verso la vita di famiglia e verso
un'attività professionale. Rimaneva però sempre la domanda sul
perché di quell'interrogativo, in un momento della mia vita, al riguardo
della vita religiosa e del sacerdozio. Concludevo che non poteva essere stato
un caso. Così, proprio partendo da quell'esperienza, è nata la
certezza di poter servire la Chiesa. Ma come? Mi sono aperto con il vescovo
Eugenio, che mi ha parlato del diaconato permanente. È iniziato quindi
un percorso che si ricollegava a quel desiderio di allora. A 17 anni mi ero
incontrato con il monachesimo dei benedettini e con il Rinnovamento nello Spirito:
due realtà che mi hanno fatto iniziare un cammino, ben inserito nella
Chiesa. Dopo un po' di strada nel movimento la mia esperienza si è radicata
nella parrocchia, vivendo la dimensione del servizio.
Marcel
Prima di scoprire la realtà parrocchiale facevo il mio cammino nel movimento,
ritrovandovi sempre la spinta e l'invito all'impegno in parrocchia, per rendere
concreto il nostro servire. Proprio dalla parrocchia, ad esempio, ho ricevuto
l'amore alla liturgia.
Giorgio
Anch'io ho scoperto la parrocchia proprio come il luogo dove vivere il mio servizio.
D: Diaconato e famiglia: due realtà, due sacramenti.
Marcel
L'andare verso il diaconato è avvenuto in un cammino con mia moglie.
Già il nostro fidanzamento era stato un'esperienza di fede all'interno
del Rinnovamento nello Spirito, dove avevo incontrato Gabriella, vivendo poi
il matrimonio come un impegno cristiano, che dava significato al nostro stare
insieme. Tutta la maturazione è avvenuta grazie a un aiuto reciproco.
Gabriella è stata un forte sostegno per me su questa strada e anche lei,
in un certo qual modo, ha dovuto formarsi alla diaconia. Noi viviamo già
un sacramento, quello del matrimonio. Ora la famiglia viene arricchita di un
altro sacramento. Di fronte a questo sento di vivere un grande mistero. Un mistero
di grazia.
Giorgio
La mia prima vocazione è stata il matrimonio. Se non mi fossi sposato,
non sarei arrivato alla scelta del diaconato. Una deriva dall'altra e una completa
l'altra. Non sarei arrivato al diaconato senza Raffaela, che è stata
la prima persona giusta che ho incontrato. Il servizio a vicenda in famiglia
si apre, se autentico e sincero, verso gli altri. È il significato della
Chiesa domestica, chiamata all'apertura. La diaconia nasce in me proprio dall'esperienza
della ricchezza del matrimonio. La famiglia è invitata ad essere aperta
e la diaconia la apre sempre di più.
Massimo
La mia vocazione riceve dalla realtà famigliare quegli impulsi che mi
servono per vivere la mia preparazione al diaconato. Nel servizio: senza pretendere
retribuzioni, meriti, gratificazione, riconoscimenti, anche gratitudine. L'esperienza
in famiglia è quella di una donazione totale. Scopro che deve essere
così anche il mio impegnarmi e servire nella Chiesa: con gioia e senza
esigere apprezzamento o appagamento. Senza pretendere nulla, nemmeno il grazie.
Nella gratuità totale. Perché anche nella famiglia il servizio
è tanto più ricco, quanto più è abnegazione totale.
Uno spogliamento. Sento che quanto più cresce la mia capacità
di servire in famiglia, tanto più cresce anche la mia disponibilità
di servire nel diaconato. Come scrive Paolo nella sua prima lettera a Timoteo:
"il diacono deve essere fedele alla propria moglie, saper governare bene
la famiglia e educare i figli". Colgo così una complementarità
fra famiglia e diaconato: una realtà fa crescere e arricchisce l'altra.
D: Cosa significa attendere?
Marcel
L'attesa è timore e trepidazione: sento che questo dono mi supera. Non
è questione di essere o non essere degno, perché è Lui
che sceglie, anche se noi dobbiamo essere il più conformi possibile alla
chiamata con il nostro impegno. Ricordo una frase detta a me e a Gabriella dal
nostro vescovo Giuseppe durante un incontro: "vi verrà addosso un
fiume di grazia". Sento quindi che la situazione si rovescia. Quando c'erano
state la chiamata e la mia adesione, vivevo questa realtà come un mio
dono, un mettermi a disposizione. Ora invece sono io nell'attesa di un dono
grande, che mi arriva dalla gratuità del suo amore. Sento l'ordinazione
come la conferma di un aiuto per il servizio che sarò chiamato a compiere.
È l'attesa di continuare nel mio servire, ma con una forza diversa, con
una forza in più.
Giorgio
Vivo questa attesa con gioia interiore, cercando però di tenere i piedi
in terra, come mi ricorda anche Raffaela. Mi rendo conto dei miei limiti e delle
mie difficoltà. Vivo nella speranza che attraverso di me il Signore compia
qualcosa di bello e io possa essere utile al suo progetto di amore. Non mi aspetto
certamente onore e gloria. Spero solo di essere uno strumento giusto nelle sue
mani. Magari sarò solo una vanga. Basta che sia una vanga in ordine.
Altri invece saranno il trattore.
Massimo
Attendo l'ordinazione come momento forte di accoglienza da parte della Chiesa.
È importante per me sapere che la Chiesa di Lugano ci attende e ci abbraccia.
C'è trepidazione ed è bello sentire che è condivisa. Ho
bisogno di avvertire che la Chiesa sa far festa intorno a questo evento. Mi
attendo la Chiesa come una madre che mi accoglie, prepara la casa per la festa,
appronta il banchetto Penso anche che potrei un giorno lavorare a tempo pieno
nella Chiesa quale diacono. Non so se oggi lo farei, perché sono affezionato
alla mia professione. Ma il poter pensare al diaconato con il coraggio di affidarmi
completamente alla Provvidenza, mi dà gioia. Sento inoltre che la nostra
Chiesa riscopre con questo evento la sua pienezza , come la prima Chiesa di
Gerusalemme, quando furono scelti i primi diaconi, presentati negli Atti. Il
diacono infatti è una necessità della Chiesa, ma non perché
ci sono pochi preti e occorrono dei super chierichetti. Questa presenza è
resa necessaria dalla realtà stessa della Chiesa, anche se ci fosse abbondanza
di preti.
Marcel
Anch'io mi pongo l'interrogativo sul come ci accoglierà la Chiesa. È
un ulteriore motivo di trepidazione e tremore. La nostra speranza è quella
di essere accolti come figli.
D: Qual è l'attesa nella vostra comunità ?
Marcel
Bisogna dire che il diaconato permanente non ha una tradizione di presenza concreta
nella nostra Chiesa. Ne consegue anche una scarsa conoscenza di questo servizio.
Così bisogna spiegare. A volte, nel nostro contesto, può risultare
difficile far comprendere che uno con moglie e figli abbia questo compito specifico,
con una presenza molto chiara anche nella liturgia. Sento che il mio movimento
(ndr. Rinnovamento nello Spirito) è più sensibilizzato a questo
rispetto alla parrocchia, anche perché c'è stata una crescita
insieme e mi sono sentito sostenuto in questo cammino. Nella parrocchia sento
piuttosto un certo affetto, mi sento accolto con simpatia al di là del
fatto che la gente capisca o meno le implicazioni teologiche e pastorali del
mio diventare diacono. Ritengo però che conti soprattutto l'autenticità
della testimonianza. La gente infatti guarda alla persona e la credibilità
gioca una funzione determinante. Se sei credibile, vieni accettato, anche se
non sempre riescono a capire chi sei come diacono.
Giorgio
Tra quelli che sono a conoscenza del mio diventare diacono ci sono i contenti
e i perplessi. lo spero soltanto di essere accettato. Sento comunque che, pur
con tutti i miei limiti e difetti, c'è qualcosa che va al di là.
Massimo
Nella mia comunità di Melide sanno da diversi anni che ho scelto di diventare
diacono. Ho cercato di rendere le persone partecipi nel susseguirsi delle varie
tappe, in questo cammino di avvicinamento, facendo vedere che mi stavo preparando
a questo servizio. Non mi faccio però grandi illusioni sul grado di comprensione,
perché anche ogni comunità, come ogni persona, ha i suoi limiti.
Sento però che la comunità intuisce che sta avvenendo qualcosa
e la stessa atmosfera di festa che intendono preparare per la mia ordinazione,
è il segno di questa intuizione.
D: Come vive questo tempo la vostra famiglia ?
Marcel
Mia figlia non vede l'ora della mia ordinazione. Continua a farmi domande sul
mio diventare diacono.
Giorgio
Mio figlio, già adulto e sposato, inizialmente era scettico su questa
mia scelta. Ora ne è convinto e contento.
Massimo
Per la mia famiglia il mio diventare diacono è in fondo un naturale compiersi
delle cose. È il realizzarsi di quello che insieme pian piano abbiamo
costruito in questi anni. L'attesa è comunque viva e anche dai miei figli
le domande fioccano.