Da Caritas
Insieme TV del 27.09.1997
PARLARE DEL CARO HAAS
A
cura di Roby Noris
Di ritorno dalla visita ad limina della Conferenza Episcopale Svizzera, abbiamo
chiesto al nostro Vescovo Mons. Giuseppe Torti come reagisce alle polemiche
e alle strumentalizzazioni sul "caso" del Vescovo Haas di Coira.
lo mi vorrei augurare prima di tutto che si riesca a parlare non del caso Haas
- termine utilizzato con una sovrabbondanza quasi stomachevole - ma preferirei
parlare del caro Haas: perché merita anche questo appellativo, perché
merita tanta stima, ma più che la stima merita soprattutto comprensione
e affetto. Chi sperava, pensava, o s'illudeva che la visita ad limina
fosse una visita per il caso Haas, possiede una mente riduttiva tanto da rendere
povera e misera la ricchezza e l'efficacia di una visita ad limina. Ovviamente,
il caso Haas è uscito perché è una realtà che tocca
la Svizzera, ma si potrebbe quantificare e dire che era la decima parte dell'oggetto
di tutto il lavoro che a Roma eravamo stati chiamati a trattare. In ogni modo
penso che nell'incontro romano ci sia stato uno scambio leale, aperto tra tutti
i vescovi, compreso anche mons. Haas. Ciascuno ha manifestato sentimenti e conseguenze,
magari sofferte, per questa vicenda, che però dovrebbe essere ripresa
e messa in un mirino d'oggettività. Come diceva recentemente il Cardinale
Schwery è una vicenda che tocca più in generale il caso svizzero.
Devo dire che questa terminologia di caso svizzero era già discussa all'interno
della Conferenza, perché tutti oggi sono ben coscienti, che Haas è
purtroppo il Vescovo bersaglio. I problemi ci sono anche nelle diocesi di Coira,
ma come in tutta la fascia delle diocesi di lingua tedesca. Mi sembra quasi
che più si sale verso il nord, e più aumentano le problematiche.
Ogni vescovo che è responsabile di una Chiesa locale in quella zona,
deve chinarsi su questa realtà.
D: Il Cardinale Schwery diceva che se il "capro espiatorio Haas"
domani fosse spostato, si cambierebbe bersaglio. C'è un po' di verità
in questa affermazione?
C'è un po' di verità sicuramente. Del resto credo che nessuno
dei vescovi svizzeri pensi diversamente da questo fatto. Supponiamo che mons.
Haas si ritirasse, le conseguenze non sono ancora prevedibili, ma il problema
rimane. Il problema di Coira o di tutte le altre diocesi non si cancella né
si cambia in ventiquattro ore. Una realtà pesante che domanderà
tempo, pazienza e soprattutto fermezza. Ma necessita anche concordanza con le
direttive che possono venire da Roma. Questa è una delle impressioni
attinte proprio laggiù quando sentivo il prefetto o profferito di una
congregazione che diceva: "Abbiate fiducia in Roma". Dall'esperienza
vissuta a contatto col Papa ho intuito, che pensano molto alla nostra situazione.
Non sono inattivi, ma soltanto prudenti perché una decisione presa a
caldo potrebbe essere peggiore di un momento d'attesa e riflessione. Sarebbe
bene che gli estremismi nei due campi attutissero la loro passione. Un estremismo
infiammato dai mass media che, volando come aquile sulla preda, hanno una grossa
responsabilità. Ovviamente tutta la problematica ecclesiale non sfugge
ai mass media che hanno tutti i diritti di portarla all'orecchio della nostra
gente. Ma se i mass media riuscissero anche a portarla al cuore della nostra
gente ... Alla nostra gente cristiana, alla nostra gente battezzata, io vorrei
dire: ma voi che passione avete per la Chiesa svizzera, per la Chiesa universale?
Ma chiediamocelo. Questi fatti c'impongono un'introspezione personale, ci impongono
di far passare la nostra coscienza davanti ad una lastra. Un'analisi che ci
porta a dire: quante volte prego per la Chiesa svizzera, quante volte sostengo
con la mia preghiera il vescovo Haas? Quante volte prego per i vescovi, collaboratori,
confratelli dei vescovo Haas, perché lo Spirito Santo l'illumini, perché
il loro cuore si riscaldi per una passione sola: Gesù Cristo e il Suo
regno in Svizzera, e non magari parziali provvedimenti o osservazioni che sanno
più dell'umano che del soprannaturale?
La Chiesa non è un'istituzione che si può confrontare con qualsiasi
altra democrazia carica e ricca di virtù e di difetti. Ha le sue virtù
e i suoi difetti, ma fa un salto più alto di fronte alle realtà
dell'uomo. Perché la Chiesa non considera l'uomo solo per il peso specifico,
per l'altezza, per la cultura, per la produttività, ma cerca l'interiore.
Ora guardiamo a noi come cristiani, io come vescovo, ma tutti noi preti, tutti
noi laici di questa Chiesa svizzera e guardiamo quanto preghiamo per esempio
per i preti, per le vocazioni. Il problema è che siamo pronti a parlar
di loro solo quando appare uno scoop in negativo. Diciamolo francamente: si
attende lo scandalo per svilupparlo, per alimentarlo.
Dovremmo invece pregare perché vengano fuori delle potenzialità
che ci potrebbero essere. Perché tutti siamo appassionati nel saper cogliere
dalle persone, dai responsabili, dai collaboratori, l'aspetto positivo che c'è
in ognuno per trasformarlo in operosità Metterlo nelle mani dello Spirito
Santo che guida la Chiesa e non degli uomini. La nostra partecipazione attiva
si limita spesso a un livello quasi politico psicologico, intellettuale, ma
non a livello di fede. Ad un certo punto ignoriamo questo aspetto che reclama
la nostra partecipazione attiva nella fede si può parlare di peccato
d'omissione. Dovremmo rivedere tantissime cose ... forse così faremo
più bello il volto della nostra Chiesa.