METTI
IL GENE NEL PIATTO
Mais e soia transgenici in vendita in Svizzera
Di Giovanni Pellegri
L'interesse, così come l'inquietudine, per le biotecnologie cresce nel
nostro paese. Le notizie ormai quotidiane riportate dai media invitano a reagire
davanti a quello che sembra essere l'ultima follia degli scienziati di fine
millennio. Dolly, la pecora clonata, è incinta, mentre Polly, la pecorella
transgenica, continua a produrre un latte contenente proteine umane, il mais
transgenico è arrivato sul mercato svizzero e un fisico americano dichiara
di voler clonare l'uomo.
Purtroppo gli strumenti per comprendere e giudicare questi fatti sconvolgenti
mancano. Che cosa sia il DNA, un clone, un animale transgenico, un cromosoma,
resta un mistero per molti, ma tutti ben presto dovremo confrontarci e capire
un po' di questo mondo per esprimere il nostro parere sull'iniziativa per la
protezione genetica.
Gli americani ci assicurano che il pomodoro transgenico "Flavr Savr",
venduto dal 1994 negli Stati Uniti, è gustoso. Si tratta di un pomodoro
che grazie all'ingegneria genetica possiede dei processi dì maturazione
più lenti. Questo permette di raccoglierlo maturo senza rischiare di
vederlo marcire prima della vendita. L'ingegneria genetica offre gli strumenti
per modificare un'infinità di piante ottenendo così prodotti di
qualità a rendimenti migliori. L'idea è semplice: inserire un
gene supplementare che consenta di conferire alla pianta nuove caratteristiche
e di aumentare la produttività.
Da questa idea è nato il famoso e tanto discusso mais transgenico della
Novartis che produce una tossina batterica capace di uccidere le larve della
piralide, il parassita più frequente del mais, e nello stesso tempo di
resistere ad un pesticida. Il mais modificato geneticamente non domanda quindi
pesanti trattamenti chimici, perché si difende da solo. Un'idea simile
è stata applicata ad un riso divenuto resistente ad un parassita responsabile
delle perdite di questo cereale in Africa e in Asia.
Ma l'ingegneria genetica applicata alle piante non si ferma qui. Altri progetti
già in fase di elaborazione permetteranno di produrre frumento, vite,
colza, patate resistenti ad erbicidi o capaci di svilupparsi con meno concimi.
In Svizzera, al di fuori dei centri di ricerca, nessuna autorizzazione è
stata concessa per la coltivazione di piante modificate geneticamente. È
invece possibile dal primo febbraio del 1997 vendere alimenti prodotti con soia
manipolata geneticamente e ora anche contenenti mais transgenico.
La legge svizzera prevede l'obbligo di scrivere sull'imballaggio l'indicazione
"prodotto OMG" (o le varianti in francese OGM o in tedesco GVO) cioè
"organismo modificato geneticamente".
VANTAGGI E RISCHI DELLE PIANTE TRANSGENICHE
L'industria biotecnologica americana ha già messo in atto la nuova rivoluzione
verde: due milioni di ettari di terra vedranno germogliare piante transgeniche.
L'europa, più restia ai prodotti transgenici, si limita ad importarli
dall'America. Ma quali sono i vantaggi di queste piante transgeniche? Dal punto
di vista dell'agronomia i vantaggi sono molti: migliore resa, meno perdite,
diminuzione dei trattamenti chimici. In pratica si tratta di vantaggi economici.
Gli inconvenienti? Le piante modificate geneticamente attualmente in commercio
non comportano nessuno rischio per coloro che ne mangiano i frutti o i suoi
derivati. Il rischio maggiore dal punto di vista biologico è dovuto ad
una possibile diffusione del gene introdotto artificialmente in piante cugine
a quelle modificate geneticamente.
Alcuni studi stanno appunto valutando questo rischio, per capire le conseguenze
che avrebbe una disseminazione del transgene in popolazioni di piante che diverrebbero
a loro volta resistenti agli erbicidi o a eventuali malattie. Tali piante, una
volta ricevuto il transgene, sarebbero avvantaggiate in natura tanto da essere
selezionate positivamente, riducendo così la diversità biologica.
Una misura di sicurezza interessante in fase di studio è quella di produrre
unicamente piante transgeniche sterili.
METTI IL GENE IN BORSA
Se i rischi dell'ingegneria genetica, come tecnica di produzione di nuove varianti
biologiche, sembrano essere limitati o in ogni caso finora controllabili, le
preoccupazioni maggiori sono di ordine sociale ed economico. La corsa alla creazione
di nuove piante transgeniche è ormai in atto e le maggiori multinazionali
si stanno combattendo una guerra all'ultimo gene per ottenere il monopolio nel
campo dell'industria alimentare genetica. Questo mercato è valutato ad
oltre 100 miliardi di franchi per i prossimi tre anni.
Aprendo le pagine finanziarie dei nostri giornali non possono sfuggirci alcune
multinazionali altamente quotate in borsa. La biotecnologia piace al mondo economico
e gli investitori sono convinti che le tecniche di manipolazione del DNA permetteranno
di arricchire molte persone. Insomma, oggi per far soldi è quasi indispensabile
cercare i prefissi bio, gen o clon davanti ai titoli delle azioni.
Prendiamo l'esempio della tanto discussa Dolly. La pecorella prodotta dalla
PPL Therapeutics non è stata solo il primo mammifero ad essere clonato,
ma anche un'azzeccata mossa economica. Infatti, mentre tutto il pianeta dibatteva
sulle implicazioni etiche di tale esperimento, le azioni della PPL Therapeutics
fecero un balzo in borsa del 56%. Al di là delle considerazioni scientifiche
o etiche sulla clonazione di mammiferi, Dolly era la prova vivente che la PPL
Therapeutics possedeva le tecniche necessarie per continuare sulla strada della
produzione di animali transgenici di interesse clinico ed economico.
LA TORTA È GRANDE MA A SPARTIRSELA SARANNO IN POCHI
Il mercato finanziario dell'ingegneria genetica promette quindi molto per gli
anni a venire. Tuttavia l'ingegneria genetica non si improvvisa: i grandi investimenti
necessari, il livello di competenze scientifiche e la qualità delle infrastrutture
limitano il numero delle società in grado di entrare nel mercato. Chi
ci è riuscito sarà in ogni modo prima o poi fagocitato dai giganti
della biotecnologia.
La Plant Genetic System per esempio è stata inghiottita dalla Agr'Evo
per 770 milioni di dollari. La Monsanto si è presa le società
Calgene e Agnacetus per 440 milioni di dollari. La Eli Lilly ha trovato un accordo
con la Genentech. I giganti delle biotecnologie quando non comprano si sposano:
il matrimonio tra Sandoz e Ciba è forse l'esempio più emblematico.
Poche società quindi, ma capaci di tener sotto controllo il mercato mondiale.
E il futuro promette tante novità perché la via seguita non sarà
solo quella di rendere resistenti le piante a differenti malattie, o erbicidi
ma anche di aumentare specifici fattori di qualità delle produzioni agricole.
A tale scopo si sta cercando di produrre mais con una composizione di aminoacidi
arricchita e più equilibrata, pomodori con più sostanza secca,
o frutti che non marciscono nei camion anche se raccolti già maturi.
Insomma un'innovazione dell'agronomia che come risultato finale condurrà
non solo ad incrementare la produttività ma anche il tenore e la qualità
delle sostanze contenute nel prodotto.
LA GENETICA NON RISOLVERÀ LA FAME NEL MONDO
Le biotecnologie vegetali rappresentano ancora una piccola fetta dell'intero
mercato dell'agrochimica mondiale (circa il 10%) ma mentre le manipolazioni
genetiche offriranno nuove vie, l'agronomia classica (concimi, erbicidi, semenze,
...) non potrà espandersi ulteriormente. I più furbi (Monsanto
e Agr'Evo e DuPont de Nemours) hanno cercato di combinare il mercato classico
con l'ingegneria genetica, producendo piante transgeniche resistenti ai propri
erbicidi, assicurandosi in un sol colpo la vendita della pianta modificata geneticamente
e dell'erbicida associato.
Tuttavia i miliardi di dollari investiti nelle manipolazioni genetiche, non
permetteranno di avere sementi a basso prezzo. Sono annientate così tutte
le aspettative che promettevano una diffusione delle superpiante anche nel Terzo
Mondo, così come la speranza di diminuire il numero di persone che soffrono
di fame. Purtroppo la fame esiste ed esisterà anche dopo la diffusione
delle piante transgeniche, perché il problema non sono le risorse alimentari
planetarie, ma il controllo esclusivo del nuovo come del vecchio mercato alimentare
da parte di poche multinazionali.
Non sarà di certo la nuova genetica a far cambiare rotta al mercato mondiale
alimentare. Le piante transgeniche aumenteranno la produttività di mais,
riso, frumento, ma i benefici non li trarranno di certo i paesi poveri. Insomma,
la genetica potrebbe risolvere la fame nel mondo esattamente come avrebbe potuto
già farlo l'attuale mercato alimentare mondiale. È questione di
distribuzione di ricchezze e di mercati economici, non di produttività.
ECOLOGIA E DIGNITÀ DELL'UOMO
Se da un lato è lecito esprimere delle preoccupazioni ambientali incentrate
soprattutto sulla sicurezza delle manipolazioni genetiche e vagliare fino in
fondo tutti gli effetti che le piante modificate potranno avere sull'ecosistema,
dall'altra parte la produzione di cereali capaci di resistere ad agenti patogeni,
o di crescere in ambienti difficili, non pone di per sé gravi problemi
etici. L'analisi dal punto di vista morale di tali esperimenti non richiede
strumenti supplementari di quelli necessari per formulare un giudizio etico
per qualsiasi ricerca o sperimentazione scientifica.
Il mais transgenico non deve quindi allarmarci più di quel tanto. Non
è fondamentalmente differente dal mais coltivato dall'agricoltura moderna.
Tuttavia la preoccupazione di non rendere il nostro mondo un immenso laboratorio
di ingegneria genetica dove gli organismi nasceranno solo dalle provette dei
ricercatori, è più che giusta, ma questa preoccupazione deve nascere
avendo come pietra angolare l'uomo. Infatti, solo un uomo cosciente della propria
dignità, definito come essere qualitativamente differente dagli altri
esseri, potrà guardare al creato con occhi intelligenti e responsabili
ed esprimere i fondamenti per una cultura rivolta anche verso la protezione
dell'ambiente.
In altre parole la natura non è l'assoluto bene da difendere, ma un bene
comune davanti al quale abbiamo delle responsabilità. Gli ammirevoli
impegni per la salvaguardia del nostro pianeta, particolarmente sentititi in
questi periodi di degrado ambientale e di manipolazioni genetiche, se incentrati
unicamente sulla tutela dell'ambiente e i diritti degli animali, di fatto non
aiutano ad educare l'uomo ad un maggior rispetto per la propria condizione umana.
Di conseguenza anche l'ambiente non ne trarrà profitto.
Così affermava la Conferenza Episcopale Lombarda: "Il vero problema
non è quello di difendere la natura dall'opera dell'uomo, ma quello di
verificare la qualità di tale opera." La genetica applicata alle
piante non è intrinsecamente cattiva o da demonizzare. Quello che bisogna
recuperare è una maggior responsabilità dell'uomo verso se stesso,
affinché il giudizio etico sulle tecniche della nuova genetica nasca
da una precisa antropologia rispettosa innanzitutto dell'uomo e di conseguenza
anche dell'ambiente.