BARANQUILLA, IL PROGETTO DI TUTTA UNA DIOCESI
Da Caritas Insieme TV del 20 dicembre 1997

A cura di Marco Fantoni



Da 15 anni la nostra Diocesi, tramite la Conferenza Missionaria della Svizzera Italiana, sta promovendo il progetto di Barranquilla che ha scopi sociali e pastorali. Al coordinamento dello stesso si sono succeduti sacerdoti e laici.

A don Emilio Conrad, da diversi anni attivo nel progetto, abbiamo chiesto di tracciare un bilancio di questi anni d'impegno pastorale e sociale.
R:
Il bilancio è sicuramente positivo, e per noi molto gratificante perché siamo arrivati a concludere una seconda fase importante del progetto con la costruzione della chiesa parrocchiale. È già da 15 anni che siamo laggiù ed il pensiero di una Chiesa era presente fin dal principio, ma per noi il problema era, prima formare una Chiesa di uomini, una Chiesa di cristiani e dopo pensare, più tardi alla costruzione di una chiesa. Quindi all'inizio si è sviluppata, attraverso l'opera della prima équipe di don Pietro Borelli e poi in seguito con noi, un'opera di evangelizzazione, quindi pastorale, religiosa, di avvicinamento delle famiglie, di organizzazione del culto, l'amministrazione dei sacramenti con la necessaria preparazione, l'animazione dei giovani, dei gruppi delle donne, delle famiglie ecc. Nello stesso tempo è nata un'opera sociale come una risposta alle necessità della comunità. Una comunità molto grande, circa quarantamila abitanti. Gente venuta dalle campagne, un po' da tutte le parti e quindi gente che doveva iniziare una nuova vita, dei nuovi legami e la presenza nostra è stata determinante per creare anche questi legami di società e di comunità. Si è sviluppata un'opera sociale imperniata sull'educazione dei giovani, prima ancora però, sull'assistenza ai bambini, con il grave problema della denutrizione, che continua tutt'oggi. Poi la scuola, una scuola che si è andata via via sviluppando fino a diventare una scuola industriale.
Oggi abbiamo quasi mille alunni, tra scuola elementare e media tecnico-industriale e serale, con tutta una serie di ateliers che sono preposti alla formazione professionale degli alunni potendo, anche aiutare a sostenere le grosse spese dell'educazione in un ambiente così povero. S'è creata pure la banca popolare, una cooperativa tipo Raiffeisen che oggi conta più di 1200 soci. È iniziata con un aiuto della Caritas Svizzera di circa Fr. 1.000 ed oggi conosce un notevole sviluppo, tanto da pensare ad una nuova sede, poiché nei locali della parrocchia, attualmente, non c'è più spazio sufficiente e la gente vuole un servizio più completo.

D: Una parte importante del progetto, questa nuova esperienza economica, che ha preso l'esempio da quanto succede anche qui da noi!
R:
Esatto, ricordo quando da giovane sentivo dire che le Raiffeisen erano state fondate da parroci nostri perché in quell'epoca, prima della guerra, il Ticino contadino poteva avere, attraverso esse, una grossa spinta economica. Quest'esperienza l'ho vissuta a Policarpa con la prima esperienza tra i contadini nel sud della Colombia. Era una cooperativa di produzione di commercio, mentre questa, fin dal principio è apparsa come importante strumento per insegnare alla gente a risparmiare ed attraverso il risparmio ricevere dei prestiti per sviluppare i propri commerci, le necessità dei servizi, l'educazione, la salute, ecc. Un'esperienza bellissima che fa pensare che abbiamo raggiunto la formulazione di un progetto di sviluppo molto interessante. Quindi la scuola, il lavoro, il risparmio, un'amministrazione dei beni e quindi la possibilità per la comunità di sviluppare da sola gli elementi fondamentali di questo progresso, che con la nostra partenza dovrà assicurare una continuità del processo.

D: Di pari passo con l'opera sociale, cresceva l'opera religiosa; come è stata sviluppata?
R:
L'opera religiosa attendeva sempre di esprimersi in un luogo di culto degno di una comunità così grande. Abbiamo sempre avuto delle cappelle che ci hanno permesso un culto sempre un po' limitato. Per tanti anni ci hanno assimilato alle numerose sette che invadono quelle zone. C'erano cappelle da tutte le parti, le nostre quasi non si distinguevano e la comunità ha detto che il segno chiesa è importante per una comunità cattolica che ha tutta una tradizione, al punto che, quando ci siamo messi a studiare bene le cose, si è pensato anche al campanile con delle vere campane, cosa che laggiù è ancora un po' rara. La chiesa è stata inaugurata il 3 novembre scorso con una bellissima manifestazione. La storia di questa chiesa è complessa ed interessante. L'idea c'era fin dal principio, si voleva dare un terreno alla comunità per costruire la chiesa. Un grosso proprietario di terreni ne aveva promesso uno di 2000 m. Mons. Eugenio Corecco venne a visitarci nel 1989, e richiese 5000 m, per avere un luogo con una piazza grande che fosse il centro di tutta la comunità, con dei servizi comunitari e da allora, con questo impegno anche della Diocesi, siamo andati maturando a poco a poco un certo tipo di progetto. Finalmente grazie anche alla presenza di un nostro volontario, l'architetto Claudio Naiareti e di Mons. Ernesto Togni, per la riflessione storico-liturgica con la preoccupazione di creare una chiesa nuova, una chiesa che guardi al futuro, una chiesa fatta per una comunità che vive la sua fede nella gioia e che ha bisogno di esprimerla nei gesti, nei movimenti, nei canti, è nata una chiesa tradizionale, nella parte architettonica. Si vede da lontano che è una chiesa nella tradizione, però all'interno una disposizione con un altare centrale, una comunità attorno alla mensa, dà veramente la sensazione del banchetto con la gente e questo ne facilita la comunicazione. Ne abbiamo avuta la prova con la stupenda celebrazione liturgica della consacrazione, della chiesa e dell'altare, con un migliaio di persone che hanno vissuto come una grande festa una cerimonia liturgica, commovente, anche per noi sacerdoti.

D: Emergono dal progetto due aspetti principali, quello sociale e quello di evangelizzazione. Non è sempre così facile proporre questo dall'esterno, venendo da fuori, per diversi anni. Come siete riusciti con la popolazione locale a portare questo discorso di Chiesa?
R:
Non è facile, perché anche da parte della Chiesa che ha degli eccellenti documenti sull'aiuto ai poveri, soprattutto in America Latina, l'impegno sociale e della chiesa sono difficili da tradurre in pratica, se non esiste un personale specializzato che sappia usare questi principi e trasformarli in opere concrete. Il più delle volte ci si limita ad un aspetto caritativo, assistenziale, con i poveri. Ho potuto approfittare della mia esperienza professionale. Ciascuno ha un po' il suo carisma, infatti, prima di essere prete sono stato operaio, poi sacerdote a Bodio, una parrocchia di operai, ho fatto un'esperienza precedente di otto anni in Colombia con i contadini e tornato ho ricevuto l'incarico di direttore di Caritas Ticino, dove ho potuto imparare gli aspetti professionali dell'impegno sociale che per me è stato importantissimo. Tornato poi a Barranquilla non mi è stato difficile, dopo tutte queste esperienze, dare delle risposte alla gente, alle loro necessità che vanno oltre le formulazioni tradizionali. Si è sviluppata un'opera viva, che cresce, un'opera che purtroppo, dico purtroppo perché ci sono anche aspetti da considerare che sono l'apporto economico, che oggi sta diventando ancora più difficile, per delle disposizioni legali, giuridiche, del governo, ecc. che hanno imposto ad estendere l'insegnamento a tutto il corso obbligatorio della scuola, e poi a dare degli stipendi alti nel settore privato, come nel settore sociale, dimenticando che non ci sono soltanto i grandi collegi dei ricchi, ma ci sono un'immensità di piccole scuole per i poveri, dove la gente povera deve pagarsi un'istruzione, un'educazione che di per sé è obbligatoria e gratuita, dei professori disposti a collaborare, degli enti che vogliono aiutare la comunità, però non possono responsabilizzarsi di queste grandi spese. Oggi abbiamo questo problema, salvare quest'opera, portarla avanti verso un'autonomia prevista da noi, ma complicata da questi nuovi interventi. La dobbiamo raggiungere, cioè dobbiamo sviluppare l'opera sociale in modo tale che possiamo entrare in produzione con i nostri ateliers, dotatissimi grazie alle donazioni pervenute dal Ticino, da amici industriali che ci hanno regalato tutta una serie di macchine, apparecchi per i lavori nel settore della meccanica, della falegnameria, in tutti i settori della produzione e adesso se riusciamo veramente a organizzarci bene, possiamo entrare nel mercato. Non dimentichiamo che il Ticino ci ha aiutato anche a preparare professionalmente due nostri giovani, durante due anni, con esperienze in sei imprese ticinesi, di meccanica, di metalmeccanica, quindi abbiamo delle basi sicure. Dobbiamo definire tutto l'aspetto organizzativo in modo tale che in pochi anni, nonostante le difficoltà attuali, possiamo arrivare all'autonomia. Se manca c'è il pericolo che quando se ne va la gente dell'ente che li ha promossi, l'opera non stia in piedi per mancanza di forze proprie. Questo è il nostro scopo. Dopo quindici anni e con la costruzione della chiesa abbiamo messo delle strutture nel settore delle attività sociali e religiose, sicure, che guardano al futuro. Bisogna ora consolidare il processo perché le persone del luogo possano rafforzare la loro presenza, la loro preparazione professionale, il loro impegno e continuare, non con tutte le difficoltà risolte ma con minor ostacoli da superare.

D: Dunque l'ultima parte del progetto sarà proprio quella del consolidamento in modo che non si parta lasciando delle crepe. Al di là di quello che è l'aiuto e sostegno finanziario che proviene dalla Diocesi, a Barranquilla come sentite la vicinanza della Diocesi luganese? Lei torna regolarmente ogni anno, dunque può toccare con mano la vicinanza!
R:
Abbiamo sentito la presenza del Ticino, la nostra gente. Ogni anno torno, proprio per un impegno che mi ha chiesto Mons. Corecco fin dal principio, di illustrare in Diocesi, parlare nelle parrocchie, far capire il senso di questo impegno di tutta la nostra Chiesa laggiù e ne abbiamo avuto una risposta grande, generosa. Se abbiamo potuto organizzare tutte queste opere è proprio grazie a questa partecipazione d'amicizia, di simpatia, di solidarietà della nostra gente.