COMUNICARE?
COMUNICARE. COMUNICARE!
Di Roby Noris
Un
incontro sulla comunicazione delle organizzazioni umanitarie promosso dalla
Consono a Lugano con Marco Cameroni che presentava l'ultimo prodotto editoriale
in italiano della DSC di Berna "Un solo mondo", è stata l'occasione
per incontrarsi e riflettere assieme a un pubblico di addetti ai lavori: volontari
e professionisti di organizzazioni umanitarie ticinesi di piccole e grandi dimensioni.
Chiaro per tutti che comunicare significa sopravvivere, e non solo finanziariamente.
Le organizzazioni umanitarie, sia che cerchino fondi per realizzare progetti,
o mezzi economici per lo sviluppo della propria struttura, o forze di volontariato,
hanno bisogno del consenso di un pubblico che ne determinerà le possibilità
di intervento. Decisiva è la credibilità che attraverso i media
si riesce a veicolare, utilizzando i normali codici di comunicazione utilizzati
anche per vendere prodotti commerciali. Non bisogna scandalizzarsi del fatto
che per convincere la gente a sostenere qualcosa si debba mettersi nei panni
del "venditore" di idee che deve convincere in modo semplice di due
cose: la prima è che esiste un certo bisogno e la seconda è che
l'azione per la quale si chiede sostegno è un'efficace risposta a quel
bisogno. Evidentemente per un'organizzazione umanitaria ciò che conta
è la sostanza di quello che fa e non tanto l'immagine che riesce a vendere
di se stessa, ma per il pubblico che non può andare a verificare di persona
ogni affermazione, ciò che conta davvero è inevitabilmente l'immagine
che si è riusciti a dare di sé e del proprio operato. E se è
vero che sulla distanza solo chi ha un'etica a prova di bomba resisterà,
a corto termine succede che l'immagine costruita conti più di tutto.
Un piccolo esempio nostrano in negativo: credo, a partire da molti anni di esperienza
e da una certa conoscenza della situazione attuale, che una raccolta di abiti
per certi paesi sia completamente inutile, oltre che costosa in tasse doganali;
eppure c'è chi ne ha organizzata una recentemente, magari anche in buona
fede pensando di far del bene. Ebbene alcune foto sui quotidiani piazzate col
giusto rilievo, credo abbiano trasformato questa azione senza senso in una buona
promozione con una immagine di sicuro successo.
Un altro esempio. Qualche anno fa una raccolta di fondi della Catena della solidarietà
a favore dei disoccupati era stata un fallimento: il bisogno era chiaro e compreso
da tutti, ma nella campagna promozionale non era passata un'immagine comprensibile
e credibile di ciò che si sarebbe potuto fare con i fondi raccolti per
aiutare i disoccupati, nessuno infatti crede che con una colletta si creino
posti di lavoro: probabilmente vi erano progetti interessanti nei cassetti della
Catena della solidarietà per sostenere i disoccupati, ma il messaggio
pubblicitario non era riuscito a rendere ragione di queste prospettive di utilizzazione
dei fondi da raccogliere. Il fatto che la Catena della solidarietà sia
una grossa organizzazione, molto conosciuta e al di sopra di ogni sospetto non
ha evitato il fallimento dell'azione.
Sono le leggi spietate della comunicazione che valgono per tutte le organizzazioni,
piccole o grandi che siano.