Le testimonianze dei Fondatori
Chiara Lubich, Kiko
Arguello, Jean
Vanier, Monsignor Luigi Giussani
Di Chiara
Lubich
Il Movimento dei Focolari ha avuto origine a Trento nel 1943. È nel clima
di odio e di distruzione della seconda guerra mondiale che Chiara Lubich fonda
il Movimento dell'Opera di Maria, fin dall'inizio chiamato "dei Focolari".
Oggi è presente in 182 Nazioni dei cinque Continenti. I membri sono 110'000
mentre sono quasi cinque milioni gli aderenti ed i simpatizzanti. Ecco l'intervento
di Chiara Lubich.
Dovrei esporle, Beatissimo Padre, una mia testimonianza sul Movimento dei Focolari
o Opera di Maria. Ma giacché lei conosce molto bene, da decenni, questa
realtà ecclesiale, permetta che la consideri dal suo cuore, che la veda
con i suoi occhi. Lei ha individuato nell'amore la "scintilla ispiratrice"
di tutto quello che si fa sotto il nome del Focolare. Ed è proprio così,
Santo Padre. È quella la forza del nostro Movimento. Essere amore e diffonderlo
è lo scopo generale dell'Opera di Maria. Un'invasione d'amore, infatti,
essa è chiamata a portare nel mondo. Anzi lei, Santità, ha affermato
di individuare qui, ricordando altri Movimenti spirituali della storia, un "radicalismo
dell'amore". E come non può essere così se lo sguardo di
tutti coloro che fanno parte del Movimento è sempre puntato, come a modello,
su Gesù crocifisso nel suo grido d'abbandono? L'amore più radicale
è proprio lì, dove è il culmine del suo patire. È
in Lui che abbandonato dal Padre si riabbandona al Padre, che sentendosi disunito
dal Padre con Lui si riunisce il nostro segreto per ricomporre in unità
ogni divisione, ogni separazione, dovunque. In un'altra circostanza mi sono
permessa di chiederle, Santo Padre, come vede il nostro Movimento, quale la
sua finalità. E lei mi ha risposto senza esitazione (sottolineando il
nostro scopo specifico "ut omnes unum sint"): "Ecumenico",
dando a questo aggettivo il senso più vasto. Ed è così.
Per poter raggiungere il nostro scopo: "Che tutti siano uno", tipici
per noi sono i 4 dialoghi: quello all'interno della nostra Chiesa fra singoli,
fra gruppi, Movimenti, eco., dialogo questo che rafforza pure l'unità
dei fedeli con i Pastori, con il Papa e fra di loro. Poi il dialogo con cristiani
non cattolici, che vuol concorrere alla piena comunione fra le varie Chiese.
Il dialogo interreligioso, che intreccia rapporti con i fedeli delle varie religioni.
E, infine, quello con uomini senza un preciso riferimento religioso, ma di buona
volontà.
Nessuno poi, Santo Padre, potrà toglierci dal cuore la sua visione del
nostro Movimento espressaci in quella memorabile visita al nostro Centro di
Rocca di Papa dell'agosto 1984. Dopo che i membri del Consiglio dell'Opera avevano
presentato il loro servizio specifico alle sue 17 diramazioni, che raccolgono
ogni specie di vocazione laica e religiosa; dopo aver descritto i vari aspetti
di quest'Opera (spirituale, apostolico, culturale e altri) ed aver parlato delle
quattro segreterie per i dialoghi, lei ha affermato che in questo Movimento
scorgeva la fisionomia della Chiesa post conciliare: "Voi ha detto intendete
seguire autenticamente quella visione della Chiesa, quella autodefinizione che
la Chiesa ha dato di se stessa nel Concilio Vaticano II". E la nostra gioia
è stata immensa.
Più volte ancora, venendo a conoscenza della consistenza e della diffusione
mondiale di questo Movimento, lei ha esclamato: "Siete un popolo!".
Sì, Santo Padre, siamo un popolo, un piccolo popolo, parte del grande
popolo di Dio. E quando, specie i nostri giovani, hanno comunicato a lei il
loro desiderio di concorrere a far dell'umanità una sola famiglia, anzi
di sognare e lavorare per un mondo unito, lei li ha sempre compresi e sostenuti
in questo ideale, che a molti sembrava utopico.
Più volte, ancora, ci ha parlato di Maria. Una, indimenticabile, è
stata quando volle spiegare a me il "principio mariano" della Chiesa,
in rapporto a quello petrino. "Principio mariano" di cui anche il
nostro Movimento poteva essere un'espressione. Lei certamente non sapeva, quel
giorno, che nei nostri Statuti è scritto che l'Opera di Maria "desidera
essere una presenza di Maria sulla terra e quasi una sua continuazione".
Grazie, Santo Padre di tutte le conferme che ci ha dato nel tempo.
E, per concludere, una promessa Sappiamo che la Chiesa desidera la comunione
piena fra i Movimenti, la loro unità che, del resto, è già
iniziata. Ma noi vogliamo assicurarla, Santità, che, essendo il nostro
specifico carisma l'unità, ci impegneremo con tutte le nostre forze a
contribuire E realizzarla pienamente. Che Maria da lei tanto amata, la ricompensa
adeguatamente di tutto quello che ha fatto per i Movimenti: è uno dei
capolavori del suo Pontificato.
L'esperienza
del Cammino Neocatecumenale ha preso avvio negli anni '60 nei sobborghi poveri
di Madrid, per iniziativa di Kiko Arguello e di Carmen Hernandez. È un
itinerario di conversione attraverso il quale si riscoprono le ricchezze del
Vangelo. Il Cammino è oggi diffuso in 850 Diocesi di 105 Nazioni, con
15.000 comunità presenti in 4.500 parrocchie. Ecco l'intervento di Kiko
Arguello.
Siamo contentissimi, Santo Padre, perché Lei ci ha convocato per ringraziare
il Signore per i doni meravigliosi di apostolato, di evangelizzazione, di santità
che lo Spirito Santo sta suscitando nella Chiesa, come frutto del Concilio per
prepararla all'evangelizzazione del mondo secolarizzato, per renderla capace
di attuare la nuova evangelizzazione.
Grazie per l'occasione che mi viene data per ringraziare Dio davanti a Pietro
e con me a tanti di questi fratelli che nella grande maggioranza erano lontani
dalla Chiesa, che per la paura della morte vivevano, come me, schiavi del demonio.
Come dice la Lettera agli Ebrei: ma Dio ha inviato suo Figlio per liberarci,
Cristo con la sua morte e risurrezione ha tolto il potere al demonio, risorto
e asceso al Cielo presenta al Padre le sue piaghe per tutti gli uomini e ci
invia lo Sprito Santo, questo Spirito rende testimonianza al nostro Spirito
che siamo Figli di Dio, uomini salvati dal potere del peccato e della morte,
salvati dalla seduzione della carne, dagli inganni dei mondo. Soprattutto dalla
condanna a cercare in tutto noi stessi. Lui, Cristo, ci ha resi partecipi della
sua natura. Possiamo amare come Lui ci ha amati, amare oltre la morte perché
ci ha dato la sua vita, ci ha dato la vita eterna.
Ma come portare questa ricchezza immensa a tutti gli uomini? Ecco il Cammino
Neocatecumenale. Dio ha mandato me e Carmen Hernandez a vivere tra i poveri.
Il Signore ci ha inviato a vivere tra i poveri dove, insieme ai più miserabili,
ci ha fatto trovare una sintesi di predicazione, un kerygma: la riscoperta del
Mistero pasquale in una liturgia viva che trasforma la vita delle persone e
soprattutto fa apparire la piccola comunità cristiana, tutto partendo
dal Concilio Vaticano ll. Ecco che siamo uno strumento per aiutare a portare
il rinnovamento del Concilio alle parrocchie. È stato il Concilio, pensiamo
noi, la risposta dello Spirito Santo alle sfide del Terzo Millennio, soprattutto
alla sfida della secolarizzazione.
Lei, Santo Padre, nel Simposio dei Vescovi europei dopo aver parlato della secolarizzazione
dell'Europa che distrugge la famiglia, ha detto ai Vescovi: lo Spirito Santo
ha risposto già a tutti questi problemi perché Cristo è
Lui che salva la sua Chiesa. Invitava i Vescovi a cercare i segni dove lo Spirito
Santo stava già soffiando. Diceva che era urgente una nuova evangelizzazione
che prendesse esempio dal primissimo esempio apostolico. Ecco, Santo Padre,
veda questa Piazza piena di tanti fratelli. Veda quante realtà ecclesiali.
Le sue parole di tredici anni fa sono state profetiche. Ecco il soffio dello
Spirito Santo che vuole aiutare a rinnovare la sua Chiesa.
Per evangelizzare l'uomo contemporaneo ci vogliono segni che chiamino alla fede.
Dice Cristo: amatevi come io vi ho amato e il mondo conoscerà che siete
miei discepoli, siate perfettamente uno e il mondo crederà. Ma noi domandiamo:
dove nelle parrocchie si trova questa statura di fede che si possa fare sacramento,
segno, per l'uomo secolarizzato? Dove sta questo amore al nemico reso visibile,
come Cristo ci ha amato quando noi eravamo i suoi nemici? Il Cammino Neocatecumenale
vuole essere anche, come tante altre realtà cristiane, un itinerario
nelle parrocchie per far crescere la fede battesimale e arrivare a formare comunità
cristiane che visibilizzano l'amore di Cristo per tutti gli uomini, un amore
nuovo, una vera novità per il mondo, l'amore per il nemico, l'amore nella
dimensione della Croce.
Per arrivare a questa statura della fede noi diciamo che dobbiamo fare comunità
come la Santa Famiglia di Nazareth dove il battesimo che abbiamo ricevuto possa
crescere, com'è successo al Figlio di Dio che ha avuto bisogno di una
comunità per crescere come uomo e diventare adulto. Occorre che la nostra
fede divenga adulta e possa dar segni all'uomo moderno. Santità, frutti
enormi abbiamo visto sorgere in questo itinerario di fede: famiglie ricostruite;
famiglie aperte alla vita con più di sei sette figli, anche nove figli;
tanti giovani salvati dalla droga; migliaia di vocazioni per i seminari e per
la vita consacrata e contemplativa; famiglie che si offrono per evangelizzare
le zone più difficili. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza
l'aiuto dei Vescovi, ma soprattutto senza l'aiuto di Pietro.
Pietro! Paolo VI la prima volta che ci ha visto ci ha difeso da tante accuse
dicendo: voi fate dopo il battesimo quello che la Chiesa primitiva faceva prima
del battesimo. E aggiunse: il prima e il dopo è secondario, l'importante
è che mirate all'autenticità, alla pienezza della vita cristiana
e questo è merito grandissimo che ci consola enormemente.
Ma soprattutto Lei, Santità, visitando le parrocche di Roma più
di duecento volte ci ha parlato con tanto coraggio, inviando famiglie, incoraggiandoci
ad aprire seminari "Redemptoris Mater". Lei, confermandoci, aiutandoci,
camminando con noi, accettando di lasciarsi fotografare con ogni famiglia inviata
in missione perché tutti sapessero che erano famiglie inviate dal Papa,
aiutandoci con la liturgia, venendo Lei stesso a celebrare l'Eucaristia con
noi per dare coraggio a tutti i Vescovi e soprattutto riconoscendo il Cammino
nella sua Lettera a Monsignor Cordes dicendo: riconosco il Cammino Neocatecumenale
come un itinerario di formazione cattolica valida per i tempi odierni e per
l'uomo di oggi.
Ecco, Santità, continui ad aiutarci perché questa opera ci supera
e noi ci sentiamo poverissimi, servi inutili, peggio totale impedimento. Senza
Pietro, non potremmo continuare ad andare avanti.
JEAN VANIER
La "Communauté de l'Arche" è stata fondata nel
1964 in Francia da Jean Vanier, iniziatore anche dell'esperienza di "Foi
et Lumière". Queste comunità accolgono i malati di mente
e persone con problemi di inserimento sociale. "L'Arche" è
presente con 108 comunità in 28 Nazioni, mentre "Foi et Lumière"
ha 1.300 comunità in 70 Nazioni. Ecco la testimonianza (nostra traduzione
dal francese) di Jean Vanier.
Aveva un handicap mentale ed era la sua prima comunione. Molto bella la
liturgia. Al termine, nel corso di un momento di festa tra parenti, lo zio del
ragazzo è andato dalla madre: "Che bella liturgia! Peccato ch'egli
non abbia capito nulla". Il ragazzo aveva inteso le parole dello zio e
con le lacrime agli occhi si è rivolto alla madre: "Non preoccuparti,
mamma, Gesù mi ama così come sono". Questo ragazzo ha compiuto
il mistero che san Paolo rivela nella sua Lettera ai Corinti: Dio ha scelto
i folli di questo mondo per confondere i saggi, Dio ha scelto i deboli per confondere
i forti, Dio ha scelto chi tra gli uomini è più disprezzato. È
questo il mistero che noi cerchiamo di vivere nell'Arche e in Foi et Lumière.
È vero: nel 1964, ispirato dal padre Thomas Philippe, domenicano, ho
accolto nella mia casa Raphaél e Philippe. Ho scoperto che le persone
con un handicap mentale e fisico sono tra le più oppresse e le più
povere di questo mondo. Le si mettono a margine, non ci si vuole occupare di
loro. Non ci si accorge della verità di ciò che san Paolo dice,
che cioè le parti più deboli e meno nobili del corpo sono necessarie
al corpo stesso e devono perciò essere onorate.
Abbiamo cominciato a vivere vicino a loro. Non avrei mai immaginato di generare
un movimento. Volevo semplicemente vivere con alcuni poveri. Poi ho di nuovo
scoperto il Vangelo. Ho scoperto che i poveri sono davvero i nostri maestri.
Gesù dice: "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi
amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi
vicini. Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi,
ciechi; e sarai beato" (Lc 14, 12 14). Larche, Foi et Lumière, così
come gli innumerevoli altri movimenti, sono la nostra benedizione. È
qualcosa di molto dolce vivere con persone molto umili. E nella mia comunità,
qualche anno fa, abbiamo accolto Antonio.
Antonio aveva passato vent'anni in ospedale. Non camminava, non parlava, non
poteva utilizzare le sue mani, ma era di una bellezza straordinaria, di una
trasparenza tale per cui non un benché minimo segno di collera o di depressione
era rintracciabile in lui. Aveva accettato se stesso e nella nostra comunità
ci dicevamo sempre ch'egli era per noi un maestro, un maestro che insegna a
ciascuno come accettare se stesso per quello, che è, con le sue proprie
povertà e i suoi propri limiti. Antonio era un uomo umile e molto affettuoso:
noi pensiamo sempre che, nel cuore della Chiesa, il suo posto sia stato l'amore.
Era dotato di un amore stupefacente, non un amore di generosità. La generosità
si ha allorché si ha molto e ci si china verso chi ha meno. Antonio ci
ha insegnato un'altra forma d'amore: la confidenza, la consegna degli uni aglì
altri, la comunione dei cuori. Ci ha insegnato ad essere in comunione gli uni
con gli altri: e in questa comunione Gesù è presente. Questo è
il mistero dei poveri. Gesù ha detto: "Quando accogli uno di questi
piccoli nel mio nome, accogli me, e colui che accoglie me, accoglie Copre di
più, Maria ai piedi della Croce; sappiamo che in molte nostre comunità
molti uomini e donne che accogliamo con gravi handicap non guariranno mai e
molti portano con sé fatica e sofferenze, ma Maria è un modello
per insegnarci a rimanere in piedi, ai piedi della Croce.
Accogliendo persone con handicap provenienti da confessioni cristiane diverse,
accogliendo anche persone musulmane, ebree o indù, abbiamo scoperto quanto
il povero possa unirci. Uomini e donne appartenenti a diverse Chiese e a differenti
religioni ci fanno scoprire il mistero della nostra comune umanità. E
noi sappiamo di essere fragili e deboli. Noi non siamo grandi, siamo piccoli,
ma vogliamo essere un segno, un piccolo segno, non una soluzione, dell'amore
di Dio per ciascun essere umano. Qualunque sia il suo handicap, qualunque sia
la sua religione o cultura, l'amore di Dio è per ciascun essere umano
e noi vogliamo essere un piccolissimo segno che, se ciascuno di noi tende la
mano a un povero e diventa amico di un povero, assieme scopriamo che il povero
è presenza di Gesù e le nostre vite verranno cambiate. Scopriamo
che, se accogliamo un povero, egli ci conduce verso il Dio dell'amore, ci conduce
verso Gesù.
MONSIGNOR LUIGI GIUSSANI
Comunione e Liberazione ha origine nel 1954 a Milano per iniziativa
di Mons. Luigi Giussani. Inizialmente si chiamava Gioventù studentesca
e dal '69 Comunione e Liberazione. È un Movimento educativo che forma
personalità mature attraverso una catechesi permanente. È oggi
presente in 70 Nazioni. Ecco la testimonianza di Mons. Luigi Giussani.
"Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, il figlio dell'uomo
perché te ne curi?" (Sai 8). Nessuna domanda mi ha mai colpito,
fin dagli anni di Seminario, così come questa. C'è stato solo
un Uomo al mondo che mi poteva rispondere, ponendo una nuova domanda: "Qual
vantaggio avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà
se stesso? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio di sè?"
(Mt 16, 26; cfr. Mc 8, 36ss; Lc 9, 25s). Nessuna domanda mi sono sentito rivolgere
così che mi abbia lasciato il fiato mozzato come questa di Crìsto!
Nessuna donna ha mai sentito un'altra voce parlare di suo figlio con una tale
originale tenerezza e una indiscutibile valorizzazione del frutto del suo seno,
con affermazione totalmente positiva del suo destino; è solo la voce
dell'Ebreo Gesù di Nazareth. Ma più ancora, nessun uomo può
sentire sé stesso affermato con dignità di valore assoluto, al
di là di ogni sua riuscita. Nessuno al mondo ha mai potuto parlare così!
Solo Cristo si prende tutto a cuore della mia umanità. È lo stupore
di Dionigi l'Aeropagita (V secolo): "Chi ci potrà mai parlare dell'amore
all'uomo proprio di Cristo, traboccante di pace?". Mi ripeto queste parole
da più di cinquant'anni! Per questo la "Redemptor hominis"
è entrata nel nostro orizzonte come bagliore in piene tenebre avvolgenti
la terra oscura dell'uomo di oggi, con tutte le sue confuse domande.
È una semplicità del cuore quella che mi faceva sentire e riconoscere
come eccezionale Cristo, con quella immediatezza certa, come avviene per l'evidenza
inattaccabile e indistruttibile di fattori e momenti della realtà, che,
entrati, nell'orizzonte della nostra persona, colpiscono fino al cuore. Riconoscere
che cosa sia Cristo nella nostra vita investe allora la totalità della
nostra coscienza del vivere: "lo sono la Via, la Verità, la Vita"
(Gv 14, 6). "Domine Deus, in simplicitate cordis mei laetus obruli universa"
(Signore Dio, nella semplicità del mio cuore lietamente Ti ho dato tutto");
che il riconoscimento sia vero si vede dal fatto che la vita ha un'ultima, tenace
capacità di letizia. Come questa gloria di Cristo, che mi riempie cuore
e voce in questi momenti, può essere scoperta vera, come può essere
ragionevole all'uomo di oggi? Perché quell'Uomo, l'Ebreo Gesù
di Nazareth, è morto per noi ed è risuscitato. Quell'Uomo risorto
è la Realtà da cui dipende tutta la positività dell'esistenza
di ogni uomo. Ogni esperienza vissuta nello Spirito di Gesù, Risorto
da morte, fiorisce nell'Eterno, Questa fioritura non sboccherà solo alla
fine del tempo, essa si è iniziata nel crepuscolo della Pasqua. La Pasqua
è l'inizio di questo cammino alla Verità eterna di tutto, cammino,
quindi, che è già dentro la storia dell'uomo. Cristo, come Verbo
di Dio incarnato, si rende infatti presente, in quanto Risorto, in ogni tempo,
attraverso tutta la storia, per arrivare dal mattino di Pasqua alla fine di
questo tempo, di questo mondo. Lo Spirito di Gesù, cioè del Verbo
fatto carne, si rende sperimentabile per l'uomo, nella Sua forza redentrice
di tutta l'esistenza del singolo e della storia umana, nel cambiamento radicale
che produce in chi si imbatte in Lui e, come Giovanni e Andrea, lo segue.
Come per me la grazia di Gesù, nella misura in cui ho potuto aderire
all'incontro con Lui e comunicarLo ai fratelli nella Chiesa di Dio, è
diventata l'esperienza di una fede, che nella Santa Chiesa, cioè nel
popolo cristiano, si è svelata come chiamata e volontà ad alimentare
un nuovo Israele di Dio: "Populum Tuum, vidi, cum ingenti gaudio, Tibi
offerre donario" ("Ho visto il Tuo popolo, grandissima gioia, riconoscere
l'esistenza come offerta a Te"). Ho visto così succedere il formarsi
di un popolo, in nome di Cristo. Tutto in me è diventato veramente più
religioso, fino alla coscienza tesa a scoprire che "Dio è tutto
in tutto" (1 Cor 15, 28). In questo popolo la letizia è diventata
"ingenti gaudio", fattore decisivo, cioè, della propria storia
come positività ultima e come gioia. Quello che poteva sembrare al massimo
un'esperienza singolare diventava un protagonista nella storia, perciò
strumento della missione dell'unico Popolo di Dio. Conclude il prezioso testo
della liturgia ambrosiana: "Domine Deus, custodi hanc voluntatem cordis
eorum". "Signore Dio, salva questa disposizione del loro cuore".
L'infedeltà sempre insorge nel nostro cuore anche di fronte alle cose
più belle e più vere, in cui, davanti all'umanità di Dio
e alla originale semplicità dell'uomo, l'uomo può venir meno per
debolezza e preconcetto mondano, come Giuda e Pietro. Pure l'esperienza personale
dell'infedeltà che sempre insorge, rivelando l'imperfezione di ogni gesto
umano, urge la continua memoria di Cristo. Al grido disperato del pastore Brand
nell'omonimo dramma di lbsen ("Rispondimi, o Dio, nell'ora in cui la morte
m'inghiotte: non è dunque sufficiente tutta la volontà di un uomo
per conseguire una sola parte di salvezza") corrisponde l'umile positività
di santa Teresa di Gesù Bambino che scrive: "Quando sono caritatevole
è solo Gesù che agisce in me".
Tutto ciò significa che la libertà dell'uomo, sempre implicata
dal Mistero, ha come suprema, inattaccabile forma la preghiera. Per questo la
libertà si pone, secondo tutta la sua vera natura, come adesione all'Essere,
perciò a Cristo. Nell'incapacità, dentro la debolezza grande dell'uomo,
è destinata a perdurare l'affezione a Cristo. In questo senso Cristo,
Luce e Forza per ogni suo seguace, è il riflesso adeguato di quella parola
con cui il Mistero appare nel suo rapporto ultimo con la creatura, come misericordia:
Dives in Misericordia. Il mistero della misericordia sfonda ogni immagine di
tranquillità o di disperazione; anche il perdono è dentro questo
mistero di Cristo. Questo è l'abbraccio ultimo del Mistero, contro cui
l'uomo anche il più lontano e il più perverso o il più
oscurato, il più tenebroso non può opporre niente, non può
opporre obiezione: può disertarlo, ma disertando se stesso e il proprio
bene. Il Mistero come misericordia resta l'ultima parola anche su tutte le brutte
possibilità della storia. Per cui l'esistenza si esprime come mendicanza.
Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante
del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo.