D: Abbiamo avuto modo
di parlare e scrivere spesso sulla nostra rivista dei Paesi dell'Est. In questa
occasione, lo spunto ci è dato da un incontro terminato all'inizio di
luglio tra le Caritas locali russe ed i rappresentanti delle Caritas occidentali.
Come tema questo incontro aveva il titolo: "La Chiesa per la salvezza dell'umanità,
la diaconia nelle Amministrazione Apostoliche e Missioni sui iuris, tra Europa
ed Asia". Don Ubaldo cos'è emerso da questo incontro tra due realtà
diverse, ma all'interno della stessa Chiesa?
Don Ubaldo: In primo luogo è stato molto importante lo scambio di
esperienze sul lavoro che viene fatto adesso nell'Est e sull'esperienza del
lavoro in Occidente. Quello che più è stato sottolineato è
l'attività sociale della Chiesa che parte ed ha il suo cuore in Cristo,
ha il suo cuore in tutta l'azione pastorale che la Chiesa cattolica svolge nell'Est.
D: Questo cuore viene
poi tramutato nella realtà locale. Come sei arrivato in Siberia e quali
esperienze hai tratto?
Don Ubaldo: Nel 1991 mi hanno mandato (un missionario è sempre comunque
mandato), in Siberia a Novosibirsk ed ho iniziato la mia attività assieme
ad altri sacerdoti con cui vivo. Faccio parte della fraternità sacerdotale
dei Missionari di San Carlo Borromeo e abbiamo questa forma di vita comune in
una casa. Dopo un po' di tempo il Vescovo mi ha mandato in un villaggio a 300
km da Novosibirsk, distante una notte in treno. Mi aveva comunicato che c'erano
alcuni deportati tedeschi cattolici che da tanti anni non avevano un servizio
pastorale e liturgico per loro. Andando là ho conosciuto la realtà
di queste persone, che Stalin nel 1941 deportò dal Volga in queste zone
della Siberia dove la temperatura raggiunge anche meno 40 gradi. A quel tempo
non c'era assolutamente niente, sono stati abbandonati nelle foreste e per sopravvivere
hanno dovuto scavare delle buche sotto la neve, poi ricoprirle con i rami di
cedri e con la stessa neve. Lì hanno svernato, l'inverno è molto
lungo in Siberia e i morti sono stati milioni. Una vecchietta mi raccontava
che suo marito era uscito per cercare qualche cosa da mangiare per i bambini
che stavano morendo di fame, ma l'ha trovato solamente in primavera al momento
del disgelo. I bambini le sono morti in braccio e non ha potuto fare niente.
Mi diceva: "Non ho mai odiato chi mi ha posto in queste condizioni, perché
comunque le condizioni della vita in cui uno è, rivelano sempre l'amore
che Cristo ha per lui e per la sua umanità". Questo è stato
l'inizio. Il giorno in cui sono arrivato era il Giovedì Santo e questa
gente, che da tanti anni non riusciva a confessarsì, ha iniziato a venire
da me, dalle cinque di mattina fino a mezzanotte per tre giorni di seguito.
Non avevo il coraggio d'interrompere la fila delle persone che continuavano
a venire, perché dicevano che erano 40 anni che non si confessavano,
quindi per tre giorni di seguito ho confessato senza interruzione. Poi, la notte
di Pasqua erano duecento le persone presenti a Messa in questo villaggio che
è di seimila abitanti. Ci sono stati 40 battesimi di persone che si erano
già preparate, erano una novantina quelle che volevano farlo, ma non
erano ancora pronti. In seguito ho continuato a tornare in questo villaggio
per un paio d'anni, finché ìl Vescovo non mi ha dato l'incarico
dì direttore della Caritas per tutta la parte asiatica della Russia (un
territorio che è grande come quasi tutta l'Africa) inoltre mi ha assegnato
la parrocchia della città universitaria di Novosibirsk, il terzo o quarto
più importante luogo scientifico in Russia.
D: Dunque un grosso impegno
di fede e sociale. Don Roberto, hai avuto la possibilità di avere esperienze
all'Est tramite la tua precedente Parrocchia, così hai incontrato don
Ubaldo ed anche una realtà di Chiesa all'Est diversa dalla nostra. Dal
tuo osservatorio che esperienza hai tratto?
Don Ubaldo: II fattore più importante che questa esperìenza
dell'incontro con la Chiesa dell'Est europeo, Bielorussia, Lituania, Russia,
Siberia ha prodotto, è quello di essere stato provocato su un punto particolarissimo,
quando ho incontrato per la prima volta Padre George Mazur che è attualmente
Vescovo di Irkus nella Siberia orientale, già missionario in Africa,
gli ho posto una domanda: "Per te è più difficile qui in
Bielorussía oppure è stato più difficile il tuo apostolato
missionario in Africa?" La risposta immediata è stata: "Qui
in Bielorussia, qui è veramente difficile, perché in Africa il
senso religioso è ancora vivo, mentre in Bielorussía, settant'anni
di ateismo sistematico hanno come tentato in qualche modo di annullare e per
tanti aspetti ci sono riusciti, la domanda religiosa". Tuttavia la grande
eredità spirituale che tutto l'Est europeo offre alla Chiesa occidentale
è la grande eredità del martirio. Don Ubaldo ha parlato di milioni
di morti in Siberia e comunque nell'Est europeo; vescovi, religiose e religiosi,
padri di famiglia, madri di famiglia, giovani. Ebbene questo grande patrimonio
della vita della Chiesa, della Gerusalemme celeste non possiamo dimenticarlo,
dobbiamo accoglierlo perché è come il granello che sotto la terra
marcisce e darà grande frutto. Frutto non solo per la rinascita della
Chiesa nell'Est europeo, ma frutto anche per una rinascita della nostra Chiesa
occidentale che per alcuni aspetti sta subendo la forte pressione del secolarismo.
D: Ateismo, comunismo,
crescita della nostra Chiesa. Don Ubaldo, la Chiesa in Russia è rimasta
soffocata, adesso come può rinascere all'interno, anche con pastori che
provengono dal mondo occidentale?
Don Ubaldo: La prima condizione per una rinascita è la testimonianza
che una persona può dare e l'altro può incontrare. La testimonianza
appunto dell'unità della Chiesa, dell'esperienza che uno fa assieme ai
fratelli e a Cristo, in una compagnia che si propone a delle persone, a un mondo
che è caratterizzato, non da ciò che lo fa, ma da ciò che
lo distrugge e siamo in un punto dove per la Russia la cosa più importante
è l'esperienza del monachesimo che c'è stato in Europa. I punti
fermi che in Russia continueranno e che saranno di riferimento per la ripresa
religiosa, sarà non dico il monastero in sé, ma quello che è
contenuto nell'esperienza monacale.
D: Il Papa fa spesso
riferimento alla Chiesa dell'Est come un potenziale molto grande tra la propria
gente. C'è anche il rapporto con la Chiesa ortodossa, don Ubaldo, come
è vissuto ora questo rapporto?
R: Attualmente a Novosibirsk abbiamo un rapporto molto buono con la gerarchia
della Chiesa ortodossa e anche con persone che non se ne intendono di teologia
ma che sono interessati a quella che è semplicemente un'esperienza di
fede. Perché l'uomo che cerca la felicità, l'amore, la giustizia,
la verità è comunque uguale dappertutto. Quindi dove incontra
una risposta a questi suoi desideri profondi, o dove incontra qualcuno che gli
fa riscoprire il senso della vita quell'uomo rinasce, quell'uomo è disposto
ad un'apertura con chiunque vede ed incontra.
Don Roberto: Queste espressioni di cui dice don Ubaldo, hanno una valenza
esistenziale tremenda a Novosibirsk, perché sono pochissimi i sacerdoti,
sono pochissime le suore, quindi quando don Ubaldo dice: "l'incontro dell'uomo
siberiano con la Chiesa" pensa al suo volto, al volto dei vari sacerdoti
e laici, al volto di pochi altri. Quando il 30 maggio sono stato a Novosibirsk
per l'ordinazione episcopale di padre George, dove ho incontrato don Ubaldo,
ho avuto un fremito pensando: "se io fossi qui, non potrei dire genericamente,
l'uomo siberiano incontra Cristo risorto mediante la Chiesa, ma dire: la Chiesa
sono io in questo momento." Allora per noi cristiani dell'Europa occidentale,
l'incontro con la Chiesa dell'Est ha la valenza dell'incontro con l'origine,
con la Chiesa di Gerusalemme. Mi sono chiesto come avranno fatto gli apostoli
usciti da Gerusalemme ad annunciare la fede? Che cosa ha voluto dire impiantare,
fare la Chiesa, se non partecipare la loro stessa umanità così
come era, cambiata dall'incontro con Cristo. Ed è per questo che io sento
come una grazia spettacolare l'incontro per noi Chiese più antiche dell'Occidente,
ritengo essere una grazia grande l'incontro con loro, con la Chiesa dell'Est
in generale.
D: Queste persone che
cercano, ritrovano anche attraverso le opere della Caritas un loro spazio. Qual
è l'attuale ruolo della Caritas che tu don Ubaldo dirigi?
Don Ubaldo: Siamo all'inizio, anche se sono sette anni che la Caritas opera
su questo vasto territorio, avendo, in diversi luoghi, volontari che aiutano
invalidi, disabili, anziani, disadattati, senza tetto. In questo momento la
Caritas e le persone che operano in essa hanno bisogno soprattutto di un aiuto
alla formazione. Vi faccio un esempio. Nel 1991 facevo la fila, (in Russia quando
c'è una fila, vuol dire che in quel negozio c'è qualche cosa)
non so cosa però mi metto in fila perché ci sarà qualcosa
da comprare. Stavano vendendo il latte, ero in fila da due ore quando quello
davanti a me ha comprato l'ultima bottiglia di latte. Non dìco due ore
per modo di dire, due ore concrete a meno trenta gradi. Non avendo potuto comprare
il latte quel giorno non abbiamo mangiato. Questa era la situazione del 1991,
oggi, nel 1998 i negozi sono aperti 24 ore su 24 e si trova di tutto, non ci
sono più file, la situazione si evolve in fretta e le leggi di conseguenza.
Per cui c'è bisogno di persone che dentro tutta questa evoluzione sappiano
muoversi, sappiano far fronte a tutti questi cambiamenti, anche legislativi.
Quindi necessitano avvocati, persone che abbiano un'esperienza manageriale,
esperti nelle costruzioni: perché, esiste una chiesa da costruire materialmente,
con ì mattoni. Molti edifici sono stati distrutti, altri trasformati.
Anche quelli che vengono restituiti, come ad esempio la chiesa di Vladivostok
che era stata trasformata in un'enorme biblioteca con gettate di cemento all'interno
che si sono dovute smantellate. O ancora bisogna riregistrare la Diocesi e le
parrocchie: la Caritas diocesana e tutte le Caritas locali vanno riregistrate
perché possano operare sul territorio. È dunque essenziale la
consulenza di un avvocato che aiuti questo facendo si che le leggi combacino
con quella che è la vita della Chiesa, perché la Caritas non è
solo un'azione umanitaria o filantropica ma è l'amore di Cristo che si
esprime nell'incontro con la persona che ha bisogno di Cristo.
D: Mi pare peraltro che
la prima emergenza che don Ubaldo ha dovuto affrontare è stata proprio
l'emergenza dei bambini, mettendo in atto quella bellissima espressione evangelica
"lasciate che i bambini vengano a me". Cosa ha voluto dire concretamente
questa accoglienza dei bambini?
Don Ubaldo: Ha voluto dire costruire un orfanotrofio, dove i bambini possono
vivere in un modo più umano. Bisogna dire che fino al 1998 gli orfanotrofi
a Novosibirsk erano tre, una città con due milioni di abitanti. Ora ne
abbiamo diciotto! Questo evidenzia lo sfascio della famiglia. Abbiamo due bambine
il cui padre ha ucciso sotto i loro occhi la madre. Abbiamo bambini con traumi
incredibili. Per me è stato un miracolo' vedere come l'ambiente che abbiamo
costruito favorisca il miglioramento. Abbiamo cercato di fare un edificio bello
e di offrire delle buone condizioni, non abbiamo fatto camerate, ma stanze per
due bambini con il loro bagno ed una piccola cucina dove possono vivere come
se fossero in un appartamentino. Questo ha fatto si che i bambini rifiorissero
in poco tempo, tanto che l'amministrazione si è meravigliata e dà
degli aiuti per il mantenimento di questi bambini. Un grosso aiuto dato dall'amministrazione
di Novosibirsk è il pagamento dei riscaldamento che è una delle
spese maggiori in una situazione come quella siberiana.
D: Dunque da una parte
le esigenze importanti di educare, dall'altra quella dell'aiuto concreto, in
questo caso l'orfanotrofio. Si ha quasi sempre bisogno all'inizio di un sostegno
dall'estero. In questo caso voi avete ricevuto, questi aiuti però a volte
possono essere anche travisati, possono essere intravisti come "merce di
scambio". Noi abbiamo bisogno anche di un'educazione all'aiuto. Don Ubaldo,
mi sembra che da parte vostra ci sia una direzione positiva in questo senso.
Don Ubaldo: Stiamo costruendo un orfanotrofio di tre edifici, ne abbiamo
finito uno e stiamo cercando di ultimare gli altri due e cerchiamo fondi per
questo. Ma quello che è importante non è che uno dia dei soldi,
ma che capisca che nel dare, lui è educato ad essere cosciente che dipende
da un Altro. Faccio un esempio, un volontario che aiuta una persona, dando il
suo tempo capisce che il tempo gli è stato dato. Quindi io aiutando un
altro capisco che dipendo da Crìsto, dipendo dal Creatore. Nel dare vengo
educato, è questo il punto principale. San Paolo dice: "Se date,
date con gioia e posso dare con gioia è proprio sono educato, e nel dare
io cresco. Se invece do qualche cosa perché ho un abito in più,
che invece di buttare nella spazzatura butto in Siberia, questo non mi aiuta,
o perlomeno, aiuta molto meno". Quello che è importante
e diventare consapevoli di ciò che io ho ricevuto da Dio: la mia vita
e tutto ciò che possiedo.
D: Don Roberto, da queste
esperienze sembra nasca qualcosa di provocatorio anche verso la Chiesa occidentale.
Possiamo dire qualcosa sull'esperienza che molti hanno già fatto o che
comunque noi come Chiesa occidentale possiamo assorbire da tutto quanto si trova
all'Est?
Don Ubaldo: La Chiesa occidentale incontra la Chiesa dell'Est su alcuni
bisogni; la salute dei bambini, il problema edilizio, bisogna ricostruire le
chiese, bisogna ricostruire le case parrocchiali, le prime scuole, i primi ambulatori.
Queste sono le circostanze che ci permettono di incontrare. Ma l'incontro avviene
con l'uomo. L'incontro avviene con la grande domanda, anche sui bambini. Il
bisogno più grande dei bambini di Novosibirsk o dei bambini di Minsk
è lo stesso bisogno dei bambini di Lugano, cioè il bisogno del
senso della vita e questo senso della vita lo incontrano mediante dei volti,
delle fraternità, delle comunità cristiane: mediante un popolo
che rinasce. Da questo punto di vista io faccio appello alle nostre Chiese,
anche parrocchiali, locali, dìocesane perché aiutino, perché
ìnvestano energie e persone, possibilità finanziarie là
dove è possibile perché la Chiesa nell'Est europeo costituisce
oggi l'unica vera speranza per la rinascita di queste popolazioni. Dopo 70 anni
in cui il partito era tutto, dove l'intelligenza, per altro brillante, di queste
popolazione è stata negata, da quelle iniziative di razionalità
che ogni regime inevitabilmente porta con se. Personalmente, sento la grande
responsabilità di vivere una comunione intensa con chi si incontra lungo
il cammino che la provvidenza pone davanti a ciascuno di noi, tenendo presente
che è molto quello che riceviamo: la testimonianza del martirio, la grande
provocazione di ritornare al metodo dell'annuncio così come era all'origine
della storia della Chiesa. Andando nell'Est europeo siamo costretti a fermarci
per un istante e domandarci che cosa significa annunciare Cristo oggi e questa
domanda immediatamente ci mette in difficoltà. Questo perché abbiamo
forse un'incrostazione, delle sovrastrutture che in qualche misura hanno indebolito
la freschezza della testimonianza, ritorniamo a quello che don Ubaldo in maniera
così commovente ci ha testimoniato raccontandoci i primi episodi del
suo ministero.