Al termine di un pellegrinaggio, quando ritorneremo, gli altri doranno accorgersi
che abbiamo fatto un cammino di fede e di preghiera, che questa esperienza di
pellegrini a Lourdes ci ha un poco cambiati", commentava don Sandro Vitalini
in occasione di un pellegrinaggio. Conversione, cammino, scoperta. L'esperienza
si è rinnovata anche quest'anno: dal 23 al 29 agosto, fedeli a un appuntamento.
"Agosto: è tempo di Lourdes. Andiamo", scriveva il nostro Vescovo,
aprendo il quarantunesimo pellegrinaggio della nostra Chiesa alla Grotta sul
Gave. Oltre 700 pellegrini, fra questi 90 ammalati.
Ma cos'è Lourdes? Risponde monsignor Torti: "pregare, ascoltare,
fare silenzio, cantare, stare insieme. Costruire comunione. Con la povertà
del nostro cuore, che ha bisogno di speranza". Chiesa in cammino: povertà,
semplicità, distacco. Libertà vera: quella delle beatitudini.
"Chiedere perdono, rinnovare l'impegno, crescere nella comunione".
Che non è facile, anzi "costa fatica". Perché "significa
superare quello che ci divide e dare spazio a quello che ci unisce. Vuol dire
vincere incomprensioni, diffidenze, anche preconcetti e pregiudizi".
Lourdes è "guardare a Maria: la prima cristiana della storia, esempio
di fede, modello di vita. Per questo la vera devozione è percorrere la
strada tracciata da lei: beata perché ha creduto".
Lourdes è anche sacrificio: altrimenti non sarebbe un pellegrinaggio,
ma un comune viaggio turistico. Che è tutt'altra cosa.
Alla fine rimane un sentimento essenziale: la gratitudine. Ha scritto il nostro
Vescovo sintetizzando l'esperienza vissuta e "rientrando nella vita di
tutti i giorni". "Ringraziare vuol dire riconoscere il bene ricevuto
in tutte le sue espressioni: gioia e dolore, speranza e delusioni, attese e
sofferenze". Gratitudine per "aver percepito il dono grande del pellegrinaggio".
Con l'invito a "guardare in alto", trovando "motivi forti di
spiritualità in un cammino di fede e di ascesa, che lentamente ci distoglie
dall'effimero". Infatti Lourdes non finisce: l'esperienza vissuta diviene
luce che "ci accompagna nel nostro pellegrinaggio di tutti i giorni, per
vivere la nostra vita nelle diverse situazioni in cui ci troviamo, superare
le difficoltà, offrire le nostre sofferenze, partecipare agli altri la
nostra gioia e la nostra speranza". Con nel cuore la nostalgia di infinito
che è la dimensione del pellegrino. Di tutti. Un pellegrinaggio e un
augurio: "ritornare da Lourdes convertiti". E per quelli che non sono
partiti: "incontrare nelle loro case, nei loro gruppi, nelle loro comunità
dei cristiani segnati dai giorni di Lourdes". Ma è possibile? "È
inutile che ci lamentiamo che dopo Lourdes tutto finisce", ha scritto don
Italo Molinaro, commentando il pellegrinaggio. "Se volessimo veramente
che non finisse, saremmo obbedienti all'invito del Vescovo, e proveremmo il
silenzio". Il dopo Lourdes diviene così la verifica sull'esperienza
vissuta. "Chi vuole veramente ciò che ha assaggiato, fa di tutto
per raggiungerlo", commenta ancora don Italo. "Dalla serietà
di questo impegno esce la prova che per noi, Lourdes non è stato un miraggio".
Ma un'esperienza per ripartire. Sempre. Per questo "chi ha salutato i pellegrini
alla partenza", avrà cercato, attendendoli al ritorno nelle stesse
stazioni, "un qualcosa che prima non c'era". È il desiderio
di Lourdes non un miraggio chiamato a diventare cammino quotidiano. Le coordinate
rimangono quelle tracciate dal Vescovo: pregare, ascoltare, fare silenzio, cantare,
stare insieme. È uscire dalla "terra di se stessi" per andare
verso gli altri. Nella povertà del pellegrino, come Maria. "Beata
perché ha creduto". È conversione.