Sinini: Noi abbiamo tante volte parlato di questo problema e tante volte abbiamo detto che non si tratta di emergenza e altrettante volte non siamo stati capiti. Certo è un problema ed è una preoccupazione seria, che dobbiamo avere, ma riteniamo che non sia emergenza perché è una cosa con la quale ci dovremo confrontare per lunghissimo tempo. Quindi non possiamo trattarla come una cosa che oggi accade e che poi scompare.
D: 16000
sono tanti o pochi?
Sinini: Se facciamo un paragone con quello che accade in altri paesi
europei è un numero ancora piccolo ma che ci deve preoccupare, non è
un problema di oggi è un problema del domani.
D: Lei
dice che non è ancora emergenza, cos'è l'emergenza.
Sinini: Emergenza è quella accaduta nel marzo 1997 quando si é
dissolto lo stato albenese e sono giunti nel giro di pochissimi giorni sedicimila
persone, che noi abbiamo ospitato nei centri di accoglienza organizzati dallo
stato, per una questione assolutamente contingente: l'emergenza anche democratica
in quel paese. Con l'elezione di giugno e con le attività di sostegno
della comunità internazionale e dell'Italia si è in qualche modo
riparato. Invece il problema dell'emigrazione è connesso all'esistenza
dell'ingiustizia e della cattiva retribuzione delle risorse sul pianeta, credo
che questo problema sia un po' più grande e di difficile soluzione.
D: L'emergenza
c'è secondo le comunità cristiane?
Monsignor Ruppi: Ho sempre detto che questo non è un problema di
oggi o di ieri , è un problema di sempre. Dobbiamo mettercelo in testa,
dobbiamo farlo capire non solo alle comunità ecclesiali ma anche alla
nostra popolazione: dobbiamo convivere con il problema dei profughi. C'è
un fenomeno molto grave, che in alcuni momenti appare più forte, più
esplicito, ed è che i poveri cercano di andare dove c'è la ricchezza.
Noi rappresentiamo. per i popoli balcanici, per i popoli mediterranei, un punto
di speranza. Allora non possiamo mettere un coperchio su una realtà che
è molto più grande e grossa di noi. In questa situazione la Chiesa
in modo particolare la diocesi di Lecce, da oltre due anni è fortemente
impegnata ad accogliere i profughi. [...]
Sinisi: Il flusso di profughi sta mutando significativamente, di Albenesi ne giungono pochi, addirittura pochissimi, questo per un accordo che abbiamo con l'Albania per cui loro arrivano sulle coste alla mattina e ritornano in Albania alla sera.. Adesso ormai è un flusso multirazziale, multietnico, sono molte le nazionalità, in special modo giungono Kossovari e Curdi. Purtroppo è un problema molto serio perché non giungono attraverso i canali legali ma perchè vengono imbrigliati dalla criminalità organizzata che mette a loro disposizione lo strumento, la logistica per giungere al sicuro. Su questa cosa noi dobbiamo riflettere molto seriamente.
D: Non
è che i poveri del mediterraneo si sono passati parola e hanno capito
che qui c'è la porta aperta.
Sinisi: Sono i delinquenti del mediterraneo che si sono organizzati e costruiscono
questi flussi per persone che vengono da paesi in cui sono effettivamente perseguitati,
discriminati o comunque in pericolo di vita. Le organizzazione che noi abbiamo
monitorato e in parte anche catturate sono organizzazioni straniere, in prevalenza
albenesi e in parte anche turche ...
i
poveri cercano di andare
dove c'è la ricchezza.
Noi rappresentiamo,
per i popoli balcanici,
per i popoli mediterranei,
un punto di speranza
Mons.
Ruppi: la maggior parte di questo traffico è gestita da Albenesi.
Noi distiamo dalla costa albanese appena 72 km. Gli scafisti coprono il tragitto
in un'ora per cui è facilissimo arrivare. Il punto di approdo più
vicino per queste masse di profughi è Valona Otranto.
D: lei è oramai solo il vescovo degl immigrati?
Mons. Ruppi: lo mi occupo di tutti i problemi come ogni vescovo deve fare, se
mi occupo degli immigrazione è perché gli emigrati ce li ho in
casa., sbarcano nella mia diocesi.
D: Secondo
me se ci fossero stati i milanesi dall'altra parte dell'Albania tutta questa
questa accoglienza non ci sarebbe stata. E' perché i poveri aiutano i
poveri?
Mons. Ruppi: Non è un problema né di porte aperte o chiuse,
intanto noi non possiamo mettere una saracinesca, abbiamo una costa lunghissima,
la gente si muove i popoli poveri vengono nelle nostre terre e noi dobbiamo
accoglierli, sia che siamo poveri o siamo ricchi. Però è necessario
andare ad aiutare l'Albania, il problema grosso è di portare lo sviluppo
dove c'è povertà. Trent'anni fa Paolo VI nell'enciclica Popolorum
Progressio ha sancito il principio che lo sviluppo dei popoli deve essere procurato
dove i popoli vivono. Bisognerebbe riuscire a spegnere la guerra del Kossovo,
eliminare il problema politico dei curdi. Però vorrei aggiungere che
per noi il problema dell'immigrazione sta sventando una grande risorsa morale
e spirituale perché sta facendo sorgere un grande volontariato; sta facendo
nascere nelle parrocchie e nelle diocesi, nelle comunità un desiderio
di collaborazione molto positivo; io vedo dei giovani che la domenica vengono
a servire nel centro Regina Pacis, questo è bellissimo.