Progetto
Sigrid Undset. Per una reale parità nella vita professionale
La
mia bottega dell'orefice
Di Marzia Banci
È
questa una buona opportunità che ho di poter esprimere le qualità della mia
attività orafa.
La richiesta che mi
è stata fatta, è quella di esporre come una donna intraprende una professione
maschile, la porta avanti in maniera personale, la svolge al femminile.
Posso affermare che da sempre le emozioni, le capacità, le possibilità che sento
svilupparsi o sottacere in me, nutrono il contenuto espressivo, che è nei gioielli
che produco.
La vocazione è scaturita alletà di cinque anni, unintuizione interiore
si è espressa con: "da grande farai lorafa e larchitetto".
Considero una fortuna aver avuto, sin da piccolissima, ben chiare le mie due
mete (perché sono sempre state due insieme) ambivalenti, così ho potuto lavorare
subito e da lontano per poterle raggiungere.
Questo mi ha fatto credere di poter portare avanti i miei desideri investendo
molto in costanza, resistenza, volontà.
Non ho investito in aspettative, in pretese dagli altri.
In questa retrospettiva che mi sono fatta, ho sentito che la pari opportunità
cera allinterno della mia famiglia di origine.
Universo e
diverso, (universo col senso del divenire, procedere e diverso con la grande
opportunità della dualità, della diversità dellambivalenza); sono stati
da quando ho memoria dentro di me, mi hanno sostenuto e permesso di apprezzare
molto di quel che mi veniva incontro o verso cui mi muovevo.
Mi è sempre piaciuto osservare la natura e ascoltare i grandi (per grandi intendo
i più grandi di me quando ero piccola, e poi i grandi dellarte e della
cultura).
Giocavo volentieri da sola, in perfetto silenzio, il silenzio è stato la mia
culla, la mia vera parola, lì dentro trovo la mia vita.Dopo
lascolto in silenzio elaboro, creo, attivando il "come di volta in
volta".
"Sento la necessità di creare"
Credo si riveli in questa frase la forza e limpegno che profondo per
superare ogni difficoltà pur di riuscire a farlo.
Attivo litinerario del mio femminile, che lavora senza esclusione (né
di quel che conosce, né dellimprevisto che si presenta), non si esclude
allo sforzo di trovare lopportunità per procedere qui ora.
Ho iniziato
a lavorare a 17 anni, nel periodo delle vacanze estive frequentavo un laboratorio
orafo il cui proprietario era uno scultore orafo e insegnante alla belle arti
di Camerino.
Avevo provato nei diversi laboratori artigianali di Fano a cercare lavoro, per
confrontarmi con la manualità, che si sa, nella scuola è sempre esigua. Non
mi hanno accettato perché sapevo fare troppo poco, mentre lui, forse perché
insegnante, mi ha dato lopportunità di provare. Nel suo laboratorio lavoravano
sette ragazzi. Lo ringrazierò sempre perché mi ha dato quellopportunità
di vita, il SI a continuare con serenità.
Ho iniziato la scuola negli anni 63/64 ed ho terminato di frequentarla nel 1984, sono stata studentessa per 20 anni, i quali sono stati molto caldi (ero presente, anche se piccola, alle dinamiche che hanno fatto scaturire il 1968, con tutta la confusione e innovazione che hanno espresso) e molto freddi (dalla crisi petrolifera, luccisione di Moro e la bomba di Bologna).
Dico questo
perché in quegli anni di impatto fisico, culturale, emotivo, non mi sono mai
posta il quesito se stavo vivendo in pari opportunità con i miei coetanei maschi.
Fra laltro ero molto in contatto con loro perché, dato il mio corso di
studio allIstituto dArte di Fano, per cinque anni ho frequentato
le lezioni nel rapporto di una ragazza e dieci ragazzi e dopo, allUniversità
di Venezia era di due ragazze su dieci ragazzi. Con i coetanei non cè
stato conflitto, perché un ruolo assegnato dovesse essere abbattuto o rivendicato.
Ho appreso che per lavorare loro, ci vuole energia, non forza, esso è duttile e malleabile; colui che opera deve avere le stesse caratteristiche. Il lavoro orafo è molto simile a quello della ricamatrice, richiede attenzione, pazienza, tecnica, conoscenza della materia, rispetto, se si è fortunati, di avere anche larte, la combinazione è perfetta. È la differenza di preziosità dei materiali che hanno fatto ricamatrice solo la donna e orafo solo luomo
A 23 anni aprivo il laboratorio
orafo in Montegrotto Terme, quando mi mancavano due esami e la tesi per la
laurea in architettura.
Montegrotto Terme è un paese di 10000 abitanti con 35 alberghi termali.
È frequentato da molti turisti, nel suo piccolo è un paese mittelleuropeo.
Questo luogo è stato molto importante per il mio lavoro, perché mi ha permesso
di avere confronti culturali veramente interessanti e diversificati.
I miei gioielli col silenzio sanno parlare molte volte lingue che io non so
pronunciare, comunicano direttamente con il cliente, con il collezionista.
Questa è la grande soddisfazione che ricevo dal mio modo di procedere.
Il pensiero si fa "prezioso" di volta in volta il progetto si
realizza ... ne preparo un altro.
Ho appreso che per lavorare loro, ci vuole energia, non forza, esso
è duttile e malleabile, colui che opera deve avere le stesse caratteristiche.
Il lavoro orafo è molto simile a quello della ricamatrice, richiede attenzione,
pazienza, tecnica, conoscenza della materia, rispetto, se si è fortunati,
di avere anche larte, la combinazione è perfetta. È la differenza di
preziosità dei materiali che hanno fatto ricamatrice solo la donna e orafo
solo luomo.
"Il prezioso è costoso, il valore dà potere, il potere è delluomo,
ciò che vale e per le sue mani".
Desidero ribadire che questo lavoro è adatto sia alluomo che alla
donna, sia per le difficoltà che presenta, che per le grandi soddisfazioni
che può portare.
Fino a qui
non ho espresso linopportuno, si potrebbe pensare che la conclusione volga
a lieto fine, che tutto è stato opportuno al raggiungimento delle mie finalità.
Concedetemi ancora pochi minuti perché per onestà, devo dire che il maschilista
lho incontrato quando ho aperto il laboratorio dei Gioielli Banci, e risponde
a quellentità dissoluta che è lo Stato, con la sua organizzazione ed economia.
Quando ho avuto i figli, è stato tutto mio il problema di gestire: lavoro, maternità,
dipendenti, negozio.
Allo Stato, tutto è dovuto, come non fosse nato nessuno, dopo quattro giorni
di ospedale (la bambina è nata di domenica), il giovedì pomeriggio ero in negozio,
non per ansia di guadagno, ma perché le scadenze corrono. Per limprenditrice
non era previsto il tempo della maternità. Questi disagi, le donne, con grande
capacità riescono a superarli, purtroppo non senza difficoltà.
Le strutture sociali, quelle che avrebbero dovuto aiutarmi, ad esempio lasilo
nido, mi sono state precluse perché imprenditrice, così mi sono dovuta affidare
a ragazze non qualificate, che in attesa di miglior occupazione potevano abbandonare
lincarico senza alcun preavviso.
Ho anche insegnato allIstituto dArte di Padova in varie riprese,
perché quale supplente annuale non avevo diritto a maternità, a malattie che
superassero i sei giorni in un anno. Per questo, quando ho avuto due figli,
in quegli anni ho smesso di insegnare, ho ripreso nel 1988; per 10 anni ho versato
contemporaneamente i contributi sia come insegnante che come artigiano, non
li riavrò mai ambedue, perché per legge non sono cumulabili.
Inoltre nel mondo della scuola, luomo maschilista si rivelava ostile quando
riusciva ad esprimersi in un gruppo. Ad esempio nel 1981, il gruppo di insegnanti
di disegno professionale dei metalli dellIstituto dArte di Padova,
quando mi ha visto arrivare, unica insegnante donna in quella disciplina, controllava,
attraverso i miei studenti, il mio lavoro, furtando i disegni dalle cartelle.
Dietro al sorriso di ognuno cera la disapprovazione del gruppo, la paura
di perdere lesclusiva. La mia laurea li intimoriva, temevano che alla
lunga potessi diventare capo, mi parlavano attraverso il preside.
Dovevo conquistare giorno per giorno la possibilità di poter esistere come insegnante,
conquistare la considerazione del preside e degli studenti.
Il femminismo che oggi da qualcuno viene guardato con distacco, come a dire della sua esagerazione, inadeguatezza e prepotenza, è stato a mio modo di vedere più indispensabile che necessario, non poteva essere più dolce, aveva davanti a sé un patriarcato nato nel neolitico e ancora molto riesumato nella nostalgia collettiva di un passato idealizzato e contraffatto.
Tutte queste
esperienze si sono integrate in me.
È vero che ho impiegato molti, forse troppi anni, nel raggiungimento
della consapevolezza. Ho sofferto della paura data dal pensare di non essere
allaltezza della situazione. Il confronto con il quotidiano, con il prossimo
(ho molto prossimo), spesso ha messo a dura prova la mia creatività, la mia
sensibilità e quella sana ignoranza che fa nuovo ogni giorno.