DISOCCUPAZIONE:
una
diminuzione preoccupante
A cura di Roby Noris
Il
tasso di disoccupazione in Ticino è al 3,6%, con un numero di disoccupati sotto
la soglia delle 5000 unità. Un numero così basso di disoccupati non si
registrava dal mese di dicembre del 1991. Dalle notizie degli uffici competenti,
che ci forniscono i dati statistici, potremmo concludere che il fenomeno disoccupazione
è ormai in via di estinzione. La disoccupazione sta veramente finendo? Labbiamo
chiesto a Meinrado Robbiani, segretario cantonale dellOCST, che ha recentemente
presentato alla stampa una lettura approfondita degli ultimi dati statistici,
dimostrando che non basta fermarsi alle cifre presentate dai giornali. In verità,
il fenomeno disoccupazione è molto più complesso e numericamente molto più ampio
di quanto le statistiche mettono in evidenza.
D: Di fronte
ai dati che sembrerebbero dire che la disoccupazione in Svizzera sta finendo,
dobbiamo rallegraci senza porci altre domande?
R: Innanzitutto cè un sentimento di soddisfazione nel vedere le
cifre scendere, però è anche necessario mantenere una posizione di prudenza,
per capire levoluzione bisogna interpretare i dati e andare un po
oltre queste cifre crude. Se lo facciamo, possiamo affermare che, seppure in
un momento favorevole di tendenziale riduzione, la disoccupazione rimane comunque
un fenomeno profondamente ancorato e anche di rilevanti dimensioni.
D: Il dato che forse
passa un po inosservato è quello dei cercatori di impiego. Questi non
sono diminuiti così tanto!
R: Quando analizziamo i dati sulla disoccupazione, dovremmo tenere presente
che esistono tre livelli di situazioni, e quindi anche di cifre. Cè un
primo gruppo che sono i disoccupati che normalmente si sottopongono al controllo
della disoccupazione, ed è la cifra in generale che viene recepita maggiormente,
quindi per quanto riguarda il nostro Cantone, è attorno al 3,6%. Cè però
una fascia di persone tuttaltro che esigua alla ricerca di un impiego,
che sono però disoccupate, anche se non tutti beneficiano delle indennità. Dentro
questo livello troviamo per esempio le persone che usufruiscono delle cosiddette
misure attive (programmi di occupazione, corsi di formazione) che sono un numero
rilevante. Quindi se noi conteggiassimo anche queste persone, raddoppieremmo
quasi la cifra dei disoccupati che ci viene fornita. Se poi prendiamo in considerazione
anche le persone cosiddette in guadagno intermedio, avremmo una disoccupazione
attorno all8%. Ma cè poi un terzo livello costituito dalle persone
che hanno rinunciato ad avere un contatto con gli uffici del lavoro. È difficile
quantificare queste persone, ma sicuramente esistono. Noi per esempio annualmente
tentiamo di fare un rilevamento delle persone che hanno esaurito le indennità,
per capire dove sono, cosa fanno, se hanno ripreso un lavoro. Da questi rilevamenti
emerge che circa un quarto di quelli che sono usciti dal loro periodo di disoccupazione
sono tuttora alla ricerca di un posto di lavoro o non sono più sul mercato del
lavoro. Una porzione di lavoratori, anche se difficilmente quantificabile, non
rientrano più nemmeno nel rilevamento statistico. Rispetto al dato ufficiale,
non so se si può parlare di una dimensione tripla, comunque penso che non siamo
lontani. Il fenomeno della disoccupazione è quindi sempre più offuscato da questa
mancanza di controllo. Ribadisco, soddisfazione per unevoluzione che sembrerebbe
attenuare il numero di disoccupati, però la preoccupazione rimane.
D: Come leggere quindi
il miglioramento della situazione del mercato del lavoro. È reale per tutti?
R: Devo dire che non è così trasparente il funzionamento del mercato
del lavoro e quindi si rilevano, in fondo, situazioni molto contraddittorie
ed è difficile stabilire dei criteri precisi che diano un quadro chiaro della
situazione. Ci sono dei segnali di miglioramento, di una certa ripresa, ma sono
differenziate. Da un lato cè una tendenza al miglioramento, sicuramente
anche con un beneficio per il mercato del lavoro, ma una fetta comunque consistente
di lavoratori, rischia di essere esclusa da questo mercato del lavoro. Penso
in particolare ai lavoratori meno equipaggiati, a quelli con minore qualifica
o anche con delle difficoltà, anche personali, di salute, di età, ecc. Cè
il rischio di immettersi su delle strade divergenti, caratterizzate da una polarizzazione:
da un lato cè una certa crescita, ci sono anche offerte per posti di lavoro,
ci sono ditte che non riescono nemmeno a trovare collaboratori qualificati,
e dallaltra, però, una disoccupazione persistente formata da persone che
perdono il contatto con il mondo del lavoro. Chiaramente questa situazione fa
riflettere e domanda degli interventi. Altrimenti assisteremo ad una spaccatura
della stabilità, della coesione sociale, della giustizia sociale stessa. Sono
elementi che vanno tenuti sotto osservazione. Diciamo che il manto, così favorevole
di queste cifre, della disoccupazione deve esser letto con più attenzione, con
più prudenza e soprattutto anche cercando di scorgere quelle che sono le tendenze
di fondo, che rischiano di essere pesanti soprattutto dal profilo sociale.
"Una porzione di lavoratori, anche se difficilmente quantificabile, non rientrano più nemmeno nel rilevamento statistico. Rispetto al dato ufficiale del tasso di disoccupazione, non so se si può parlare di una dimensione tripla, comunque penso che non siamo lontani"
D: Per molte di queste persone il miglioramento della situazione occupazionale
generale non corrisponde quindi alla realtà personale, esse continuano ad essere
tagliate fuori dal mercato, indipendentemente dal valore del tasso di disoccupazione.
Che cosa si può ipotizzare per non dare per scontato che nella nostra società
avremo sempre una fascia di persone escluse in modo definitivo dal mondo del
lavoro?
R: Innanzitutto tenere sotto controllo questa situazione. Cioè è importante
avere consapevolezza che è un problema grave e che quindi va seguito, va rilevato,
va anche quantificato, proprio per poter mettere in atto delle misure concrete.
Per quanto riguarda queste misure, chiaramente una è quella di garantire a queste
persone un collegamento con il mercato del lavoro, che può passare non attraverso
lazienda come noi la concepiamo normalmente, ma attraverso delle strutture
particolari, capaci di mantenere un collegamento con il mondo del lavoro e quindi
la possibilità di un futuro reinserimento. Lasciando invece queste persone alla
deriva, sarà sempre più difficile rimetterle nel mondo del lavoro. Sono evidentemente
pensabili anche altre misure, come del resto la stessa assicurazione disoccupazione
già oggi prevede, chiaramente bisognerebbe estendere queste misure anche alle
persone che sono fuori dalla assicurazione disoccupazione. Si tratta oggi di
potenziare tutti questi strumenti, per evitare questa chiusura, questa spaccatura,
che rischia di avere dei contraccolpi sociali anche molto rilevanti e gravi
per la nostra coesione. Ben vengano quindi iniziative in questa direzione, come
del resto anche voi state conducendo, che consentano a questi lavoratori di
non essere emarginati.
Possono essere chiaramente intraviste anche altre soluzioni. Una di queste,
spesso invocata, anche se di difficile applicazione, è il pre-pensionamento.
Chiaramente i lavoratori più anziani sono spesso quelli che vivono maggiori
difficoltà di reinserimento. Sarebbe opportuno facilitare anche unuscita
dal mercato del lavoro coperta sufficientemente in termini assicurativi.
Di per sé gli strumenti ci sono, vanno affinati e ci vuole soprattutto la volontà
di lavorare in questa direzione.