Se
la disoccupazione è finita
CHIUDIAMO il PO di CARITAS TICINO
Fra
interpretazioni fantasiose delle statistiche e mancanza di coraggio politico
si rischia lo smantellamento di strutture di qualità per la lotta alla disoccupazione
Di Roby
Noris
La
disoccupazione è finita e il Programma occupazionale (PO) di Caritas Ticino
non serve più? Guardando cosa sta succedendo si potrebbe anche pensare di sì.
Da un programma per il reinserimento dei disoccupati con la capacità di impiegare
temporaneamente fino a 180 disoccupati, stiamo girando sul centinaio e si continua
a parlare di diminuzione di posti nei PO. Tagli e pressioni da Berna sulla base
di interpretazioni discutibili dei dati statistici, e poco coraggio e fantasia
per quanto riguarda le prospettive di politica sociale cantonale a medio e lungo
termine: i risultati non possono che essere scelte quantitative, cioè tagli
lineari senza nessun criterio qualitativo.
Se davvero il ruolo di Caritas Ticino sul fronte della lotta alla disoccupazione fosse esaurito saremmo i primi a ritirarci in buon ordine, perché non abbiamo mai creduto nel lavoro sociale che crea o mantiene artificialmente i bisogni, cronicizzandoli solo per poter continuare a lavorare ottenendo sussidi statali. E non cominceremo certo oggi.
Chi ci segue ricorderà che qualche anno fa abbiamo completamente abbandonato il settore dellasilo politico, settore completamente sussidiato dalla Confederazione, chiudendo un centro di accoglienza e i nostri servizi sociali, solo perché consideravamo compiuto il nostro ruolo in quel campo dove erano comunque presenti altre organizzazioni interessate a continuare quel lavoro. Per quindici anni eravamo stati presenti nel dibattito politico sullasilo politico essendo credibili nelle nostre prese di posizione anche grazie ad una cappillare presenza sul terreno con numerose strutture. Solo sulla base di una valutazione approfondita in termini di prospettive di politica sociale e di nostro ruolo come organizzazione socio-caritativa cattolica, abbiamo deciso di abbandonare completamente il settore, concentrando i nostri sforzi su altri fronti.
Anche sul tema della lotta
alla disoccupazione abbiamo fatto unanalisi approfondita ma siamo convinti
che la disoccupazione non sia finita e il nostro ruolo sia ben lungi dallessere
esaurito (purtroppo!) e che il nostro programma occupazionale possa servire
ancora molto alla lotta alla disoccupazione in Ticino.
Eppure dopo dieci anni di PO potremmo anche rischiare di chiuderlo per una serie
di motivi tecnico-politici che vogliamo provare a spiegare anche a chi non è
un addetto ai lavori ma ci legge e si interessa allevoluzione del quadro
sociale ed economico ticinese.
La disoccupazione diminuisce, ma anche l'occupazione
Le statistiche da tempo sottolineano che la disoccupazione è diminuita,
ma dicono anche che una buona parte delle persone senza lavoro hanno cambiato
categoria e ora sono chiamate cercatori di impiego. Fra i cercatori di impiego
ci sono tutti coloro che essendo senza lavoro da anni non possono più usufruire
di quelle misure di sostegno previste dallassicurazione federale contro
la disoccupazione, quella forma di protezione finanziata dalle quote mensili
relative al salario di tutti i lavoratori. Non si parla più di queste persone
come disoccupati - di cui leconomia doveva prima preoccuparsi - ma semmai
di persone che pongono dei problemi al sistema sociale. E di conseguenza anche
dal punto di vista delle competenze, la separazione dei due gruppi è netta anche
se sono sempre le stesse persone, e ad occuparsene sono dipartimenti separati
con leggi e modalità di intervento completamente diverse.
Comunque al di là di questo meccanismo discutibile che fa scomparire una parte
di disoccupati, sicuramente cè una diminuzione effettiva della disoccupazione
in Svizzera di cui ovviamente ci rallegriamo. Stranamente però loccupazione
non è aumentata molto, anzi in Ticino è persino diminuita. Sembra un controsenso,
e lo è; non riuscendo ad avere una spiegazione esauriente, se non nel gioco
poco trasparente delle statistiche, non ci resta che constatare che una parte
dei disoccupati non è più tale, è scomparsa. Qualche ipotesi, anche se poco
verificabile, è legittima: è finita la fase allarmistica e ora si ritiene più
interessante ridurre gli effetti collaterali della psicosi da disoccupazione?
Si giudica sufficiente il giro di vite che ha permesso ridimensionamenti e massimizzazione
dei profitti di molte ditte, come pure lo scossone a tutto il sistema di protezione
contro la disoccupazione con la relativa riduzione delle prestazioni? Vi è unarea
di disoccupati che di fatto non sono alla ricerca di un posto, ma che hanno
utilizzato le misure contro la disoccupazione e il diritto alle indennità finché
era possibile e adesso scompaiono perché ora è finita la festa?
Disoccupati che non cercano un lavoro
Questultimo interrogativo apre un tema tabù che bisogna avere il coraggio
di affrontare rischiando interpretazioni indebite e strumentalizzazioni varie.
Prendiamo i dati relativi alle assunzioni nel nostro PO questanno (vedi
tabella). Su 315 segnalazioni di nominativi di disoccupati che avrebbero, secondo
il parere dei collocatori degli uffici regionali, dovuto essere assunti a lavorare
nel PO, 51 non si sono presentati e 46 hanno trovato lavoro nel brevissimo intervallo
di tempo fra segnalazione e inizio del PO; il 30% quindi dei disoccupati segnalati
al nostro PO o non si presenta o evita lassunzione, uscendo dalla categoria
perché ha trovato inaspettatamente lavoro. A questo gruppo si possono aggiungere
anche una parte di quei 68 non assunti perché assolutamente non interessati
alla proposta di lavoro che rifiutano adducendo motivazioni di salute inconsistenti
o altre difficoltà aleatorie, ad esempio relative al trasporto da casa al luogo
di lavoro (in Ticino il Ceneri sembra una montagna insormontabile per molti
disoccupati).
Quante
volte abbiamo sentito losservazione "ma da voi si lavora sul serio"
magari da chi decideva poi di andarsene
uscendo dalla categoria dei disoccupati
Salvo eccezioni la questione
qui rilevata dal nostro osservatorio è estensibile al quadro generale della
disoccupazione, sicurametne per quanto riguarda la fascia dei generici, ma probabilmente
anche ad altri gruppi di disoccupati ed è semplicissima: una buona fetta di
disoccupazione non è reale anche se è difficile identificarla e smascherarla.
In questo senso il PO di Caritas Ticino con attività e ritmi produttivi simili
a quelli del mercato normale, si è rivelato un deterrente interessante che ha
messo alle strette numerosi pseudo-disoccupati. Quante volte abbiamo sentito
losservazione "ma da voi si lavora sul serio" magari da chi
decideva poi di andarsene uscendo dalla categoria dei disoccupati.
Un PO come una vera impresa
La caratteristica su cui si è fondata tutta limpostazione del programma
occupazionale di Caritas Ticino in questi dieci anni, è il tentativo di proporre
ai disoccupati un posto di lavoro vero, con le connotazioni essenziali che si
ritrovano nel mercato del lavoro in cui si vuol far rientrare chi ne è stato
escluso. Attività a carattere imprenditoriale, utili, produttive, legate il
più possibile al mercato anche senza concorrenziare nessuno, che abbiano dei
ricavi relativi alla produzione. Così si sono sviluppati i due filoni di attività:
il riciclaggio e lorticoltura.
Inutile negarlo, sono pochi i PO in Svizzera con queste caratteristiche, la
maggioranza infatti per evitare i problemi di concorrenza propongono attività
fuori dal mercato che non crediamo possano sufficientemente riattivare quelle
capacità lavorative necessarie per ritrovare lavoro. La nostra scelta per i
disoccupati generici, senza formazione professionale, ci ha fatto incontrare
una realtà disastrata e diseducata, di disoccupati esclusi dal mercato del lavoro
perché poco competitivi, più che per mancanza di posti.
La disoccupazione è diminuita, stranamente però loccupazione non è aumentata molto, anzi in Ticino è persino diminuita
Per questo siamo convinti
che si debba proporre periodi di inserimento in PO che diventino formativi,
non nel senso tradizionale della riqualifica professionale, ma nel senso di
una sorta di rieducazione al lavoro che valorizzi quegli aspetti che rendono
nuovamente interessante e competitivo un lavoratore anche se privo di particolari
qualifiche professionali: cioè affidabililità, senso di responsabilità, ritmo
produttivo, flessibilità, disponibilità ad imparare procedure nuove, ecc. Chi
cerca un magazziniere ci chiede se la persona che gli proponiamo è affidabile
e sveglia; il fatto che sia puntuale e abbia un buon ritmo nella raccolta di
pomodori diventano i fattori determinanti per lassunzione e non leventuale
diplomino di qualche corso strano da allegare al curriculum.
Per questo il nostro PO ha ancora molto da dire e da dare a questo folto gruppo
di disoccupati che rischiano di essere tagliati fuori definitivamente dal mercato
del lavoro, persone che non hanno bisogno di attività palliative per riempire
le giornate, ma di un bagno in un simulatore delle condizioni vere di lavoro,
che funzioni da palestra di allenamento per poi correre davvero la propria gara.
E questo crediamo funzioni nel PO di Caritas Ticino perché la proposta di lavoro
è autentica e credibile prima di tutto per i disoccupati inseriti: è credibile
perché ogni anno si producono 250 tonellate di ortaggi, si selezionano 1000
tonellate di tessili e si smontano 4000 frigoriferi, si frazionano 160 tonnellate
di rifiuti elettronici e non da ultimo perché ad esempio, dalla vendita dei
prodotti orticoli si ricava mezzo milione di franchi.
Il coraggio politico di scelte qualitative
Per questi motivi crediamo che di fronte alla possibilità di ridurre il
numero dei posti nei PO si dovrebbe fare una scelta qualitativa e non solo quantitativa
come avvenuto lo scorso anno: di fronte alla nostra proposta di ampliare il
PO a 180 posti, la decisione cantonale di una riduzione uniforme di tutti i
programmi in Ticino ci ha portato a 114 posti rispetto ai 150 dellanno
precedente.
Ora aspettiamo il verdetto per il PO del 2000, e nonostante le assicurazioni
che questa volta le valutazioni qualitative si faranno, staremo a vedere se
le pressioni politiche non avranno ancora una volta il sopravvento; con una
sommaria comunicazione ufficiale saremo messi di fronte alla riduzione ulteriore
della struttura che questa volta potrebbe davvero voler dire la chiusura del
programma occupazionale.
La struttura di un PO con unofferta di attività come questo non ha la
flessibilità a fisarmonica di uno che propone attività più semplici e indipendenti
dal mercato, dalla produzione e dalle infrastrutture: le ventilate riduzioni
di posti nei PO potrebbero non essere attuabili con le nostre attività e causarne
invece larresto totale. Lazienda orticola Isola Verde di Cadenazzo
ad esempio non può funzionare a metà chiudendo ipoteticamente mezza serra horsol,
come non si può ad esempio avere a disposizione un tecnico del riciclaggio tessili
che segue la qualità della selezione nel nostro PO nella sede di Giubiasco,
stipendiato da Texaid, se si riduce a metà la produzione di tessili selezionati.
Evidentemente i PO per la pulizia dei sentieri non hanno questi problemi.
Si tratta allora di scegliere che cosa sia più efficace per la lotta alla disoccupazione
e ci auguriamo che si faccia davvero questa scelta qualitativa.
PO con l'assistenza: non ci sono soldi
Un altro capitolo a sé è costituito dai disoccupati a carico dellassistenza
che questanno sono stati inseriti a titolo ancora sperimentale nel PO
di Caritas Ticino nellordine della cinquantina di persone. Il PO per quanto
espresso sopra mantiene a maggior ragione tutta la sua validità per chi finisce
in assistenza. Dopo anni di disoccupazione è ancora più difficile ridiventare
nuovamente collocabili sul mercato del lavoro, si tratta quindi di proporre
a queste persone una sorta di riabilitazione attraverso una esperienza attiva
di lavoro che non sia in nessun modo un palliativo o un parcheggio occupazionale.
È prematuro tirare somme dopo un solo anno di inserimenti regolari di disoccupati
in assistenza nel PO di Caritas Ticino, ma possiamo già affermare che la pista
è quella giusta.
Unimpresa come la nostra se vuole evitare attività che entrano in concorrenza e offrire un accompagnamento tecnico adeguato agli obiettivi e alla tipologia particolarmente problematica di questi disoccupati, deve essere sussidiata in buona parte nonostante i ricavi dalle attività
Si potrebbe quindi anche
immaginare una trasformazione del PO per i disoccupati in assistenza tenendo
conto del fatto che, ammessa pure una sensibile diminuzione dei disoccupati
secondo la definizione classica, la categoria di quelli in assistenza non farà
che aumentare. Questa ipotesi di trasformazione del PO, però oggi è completamente
impraticabile, perché finanziariamente non esiste ancora nessuna base ragionevole
su cui impostarla: unimpresa come la nostra infatti se vuole evitare attività
che entrino in concorrenza e offrire un accompagnamento tecnico adeguato agli
obiettivi e alla tipologia particolarmente problematica di questi disoccupati,
deve essere sussidiata in buona parte nonostante i ricavi dalle attività. Questo
avviene già da molti anni con i programmi occupazionali sovvenzionati dalla
legge federale (LADI) e dovrebbe essere realizzato anche per le misure sostenute
dal Cantone (LAS). Oggi invece gli inserimenti dei disoccupati in assistenza
non sono sussidiati assolutamente e sono stati possibili nel nostro PO solo
grazie allelasticità della struttura: il PO con la stessa organizzazione
può infatti sopportare molti disoccupati in più del previsto, quindi oltre ai
114 posti preventivati (legge LADI), senza aumentare i costi, abbiamo potuto
offrire gratis al Cantone i 50 posti per i disoccupati in assistenza (legge
LAS). Questa situazione transitoria però non potrà durare a lungo e si dovrà
arrivare a una forma di finanziamento cantonale - giustificato pienamente dalle
prestazioni offerte -, oppure rinunciare a questa collaborazione.
Protezione ambiente, sostegno all'orticoltura e lotta alla disoccupazione
Unultima considerazione per completare il quadro riguarda le sinergie
che si sono sviluppate nel PO fra le attività e gli obiettivi a carattere sociale
ed economico. Infatti il tema della protezione dellambiente, attraverso
le attività di riciclaggio, e il sostegno allorticoltura ticinese che
può contare su unazienda dove la produzione è pianificata secondo le esigenze
del mercato ticinese - coprendo i buchi di produzione -, si sono declinati con
lobiettivo primario del reinserimento dei disoccupati.
È un aspetto particolare che potrebbe essere ancor più sviluppato in futuro
permettendo forse di creare anche forme più stabili di inserimento per chi è
escluso definitivamente dal mercato del lavoro, pur avendo ancora delle capacità
produttive da esprimere. Ma se queste sono mete lontane, ora si tratta di trovare
la formula a corto termine che permetta di usare a fondo le potenzialità del
PO di Caritas Ticino. Per questo sono urgenti decisioni cantonali coraggiose
sul futuro di questo programma e di questo tipo di impostazione più in generale.
Fra qualche mese la prossima puntata, quella del 2000.
I disoccupati che non hanno bisogno di attività paliative per riempire le giornate ma di un bagno in un simulatore delle condizioni vere di lavoro, che funzioni da palestra di allenamento per poi correre davvero la propria gara
PROGRAMMA OCCUPAZIONALE MERCATINO DI CARITAS TICINO | % |
|
Disoccupati segnalati al PO dal 1.1.99 al 7.9.99 dagli URC | 315 |
100 |
Non presentatesi per l'assunzione al PO | 51 |
16.90 |
Non assunti per diversi motivi (salute, fanno altro PO o corsi) | 68 |
21.59 |
Trovato lavoro tra la segnalazione e l'inizio del PO | 46 |
14.60 |
In attesa | 3 |
0.95 |
Assunti | 147 |
46.67 |
315 |
100.00 |
|
Persone
disoccupate ricollocate durante o alla fine del PO (riferite a coloro che hanno ultimato il PO, cioè 168 persone) |
54 |
32 |