Leconomia presente, basata essenzialmente sullagricoltura di sussistenza e di piccolo allevamento, non può soddisfare ulteriori carichi di bisogni alimentari, tantomeno di servizi
Ecco, dentro questo quadro, noi finanziamo dei progetti per ragazzi che stanno
studiando per diventare infermieri, maestri o professori. In questa situazione,
lo stipendio ai futuri lavoratori del settore dei servizi potrà essere assicurato
solo se le nazioni ricche porteranno ancora soldi per costruire e gestire ospedali,
scuole ecc. (I ruandesi soldi per i servizi non ne hanno). Diversamente noi
avremo formato diplomati con la sola prospettiva della disoccupazione, cioè
senza prospettive.
Il Ruanda è piccolissimo, in rapporto ai paesi africani, con una densità di
popolazione di 300 abitanti per chilometro quadrato, (quasi come la Lombardia,
il Ticino ne conta circa 100).
Inoltre il territorio è al 90% di tipo collinare, non terrazzato, con dilavamento
connesso al disboscamento, il terreno è sottoposto a continuo impoverimento.
Io non credo che in economia, nella produzione, nella cultura si possano fare
miracoli o salti depoca; poiché, da una situazione sociale tribale, anni
20, le cose non sono molto cambiate, mentre la popolazione è triplicata
e i nostri cosiddetti aiuti umanitari dovranno per forza cambiare, pena il riproporsi
di situazioni conosciute .
Aiuti umanitari per creare una dipendenza?
Sicuramente un intervento umanitario di sostegno alla salute, aumenta la
possibilità di vita delle persone. Noi, aiutando i bambini perché non muoiano
o muoiano molto meno di diarrea, o di malnutrizione, riduciamo sì la mortalità
infantile, ma in questo contesto peggiorando la loro possibilità di "speranza
di vita". La durata media della vita, in Ruanda, è di 22 anni, mentre la
speranza di vita è di 50 anni. Visitando un centro sanitario, di fronte ad una
"sala parto" sono rimasto sconcertato per la scarsa presenza di strumenti
di pronto intervento e soprattutto per il livello igienico della stanza, (un
nostro mattatoio è decisamente molto più asettico e decoroso).
Ripensare gli aiuti, significa anche valutare le conseguenze degli stessi
Il Ruanda oggi sopravvive anche grazie agli aiuti alimentari dei cosiddetti paesi ricchi, che oltre a sfamare le persone, stanno creando anche una cultura del bisogno, della dipendenza.
Se noi occidentali abbiamo il problema della dipendenza dai prodotti "inutili", là si sta creando la dipendenza dai prodotti provenienti dagli aiuti umanitari
Questo
fatto porta con sé la scarsa attivazione delle persone nella ricerca di soluzioni
interne ai propri bisogni, alle proprie possibilità e alle proprie risorse.
Questo è quanto ho vissuto nel mio breve periodo di permanenza e che mi ha portato
a questa riflessione: lanno prossimo noi possiamo ancora finanziare questi
450 ragazzi che aiuteremo ad arrivare al diploma ma poi dovremo sostenerli a
vita?
Un ragazzo esprimeva la sua grande soddisfazione, perché questanno aveva
incontrato certi autori di psicologia. Era entusiasta e io, da cattivo che sono,
gli ho detto: "sicuramente una bella esperienza questincontro, ti
aiuterà a zappare meglio i fagiolini vicino a casa, che sono la tua risorsa
di oggi, per te e la tua famiglia e probabilmente la tua speranza per domani".
Altro problema sono le attrezzature scolastiche, in particolare abbiamo visitato
una scuola di agraria, dove non cè, non dico un laboratorio, ma assolutamente
niente. Lì la formazione viene fatta esclusivamente a livello teorico e lesperienza
pratica attraverso dei tirocini presso contadini della zona. Se dal un punto
di vista organizzativo la soluzione presa è senzaltro valida, dal punto
di vista formativo no. I contadini continuano a riprodurre tecniche di coltivazione
ferme allanno 1000. La scuola come incentivo allinnovazione non
esiste, la tecnologia costa tantissimo; i nostri prodotti e le nostre tecnologie
sono per loro proibitive.
Là non si fanno scuole di tipo tecnico, perché non si possono permettere attrezzature
e laboratori. Questa considerazione è stata confermata anche dagli interlocutori
della Caritas locale.
Per fare una scuola con indirizzo umanistico servono dei locali, i docenti che
insegnano il latino, linglese, il francese, la pedagogia, ecc. e te la
sei cavata.
Per programmare scuole tecniche servono laboratori, attrezzature che costano troppo per una economia di sussistenza
Quasi, quasi, la guerra ...
Se
gli aiuti non saranno ripensati, se laiuto alimentare continuerà, quello
sanitario salverà ancora bambini, diversamente destinati a morire, se la crescita
demografica continuerà con questo ritmo, se i confini del Ruanda e laccoglienza
di altri paesi si fermeranno dove sono, se le tecnologie non verranno messe
a disposizione a costi accessibili o in sostituzione degli attuali aiuti ecc.,
non vedo quale altra soluzione se non il ripetersi di genocidi come mezzo di
riequilibrio fra possibilità di sussistenza e crescita demografica, fra cultura
colonialista e cultura della crescita, fra cultura tribale e cultura della liberazione
.
Ripensando gli attuali aiuti internazionali, per la maggior parte di tipo alimentare,
(mais e soia inviati dallAmerica , legumi e riso dallEuropa e dal
Giappone), aiuti che per i paesi ricchi sono di fatto a costo zero; sono per
lo più eccedenze di produzione che messe sul mercato potrebbero squilibrare
i prezzi internazionali e quindi recare danni alle economie di quei paesi. Messi
invece come aiuti umanitari fanno fare bella figura ai ricchi, salvando i relativi
mercati ed economie. Diversi sono gli aiuti di prodotti tecnologici; questi
solitamente creano il debito ai paesi in via di sviluppo e per il Ruanda limpossibilità
a qualsiasi ammodernamento produttivo.
Ci sono prigioni e prigioni
In Ruanda attualmente ci sono ancora più di 100000 persone in attesa
di giudizio per presunta partecipazione al genocidio. I fascicoli istruttori
sono predisposti dalla polizia locale (comunale) prima di passare in giudizio.
I tribunali sono paralizzati, sia quelli nazionali che quelli internazionali.
Le prigioni sono in situazioni indescrivibili, con una densità di presenze talmente
alta da non permettere ai detenuti di potersi sdraiare contemporaneamente, per
mancanza di spazio. Le prigioni comunali non prevedono la somministrazione dei
pasti; i detenuti che non hanno parenti che li possano alimentare giornalmente
muoiono di fame. Peraltro in queste prigioni la fuga sarebbe una cosa facile
viste le scarse misure di controllo. Fuori però, il fuggiasco avrebbe vita breve,
perché sarebbe ucciso in breve tempo, magari a colpi di macete dalle stesse
persone che lo hanno denunciato. Quindi, la prigione risulta essere un luogo
di protezione in attesa di giudizio; purtroppo senza limiti di tempo. Oggi,
è ancora possibile perdere la propria casa per una denuncia anche interessata.
Basta la complicità di un miliziano, che per soldi, rancori o vendetta, convalidi
una denuncia.
La milizia è composta prevalentemente da ragazzi si e no diciottenni con grandi
poteri di controllo, valutazione e giudizio su fatti e persone.
Mentre si lavora per la costruzione di organismi più rappresentativi e "democratici", per la soluzione del problema della sicurezza della persona, lo sforzo maggiore resta quello della costruzione di una economia e cultura che superi il livello della sussistenza
Necessita
la costruzione di opportunità di produzione, di scambi di beni primari che modifichino
i rapporti fra le persone e che dia loro una prospettiva di vita.
Attualmente, la cultura di sussistenza è la prigione di questa gente, incatenata
allassenza di prospettiva e di futuro.
Lincomprensione di queste realtà non riguarda solo i mass-media,
riguarda anche noi. La domanda rimane quella iniziale: noi stiamo facendo forse solo dellassistenzialismo?
La politica del potere e della sopravvivenza.
Lo scontro etnico, così come propagandato e sobillato, nascondeva e tuttora nasconde, il controllo del potere e dei privilegi
La tribù,
famiglia o dittatura, che controllava il paese, disponeva di poteri totalitari
su governo, esercito, milizia e gerarchia amministrativa e giudiziaria.
Il maggior introito del paese è dato dal controllo dellaeroporto di Kigali,
porto franco per il traffico di armi, droga, diamanti e di commerci illeciti.
Il suo controllo garantisce potere nazionale e internazionale.
La crisi commerciale internazionale del caffè e del tè ha messo in ginocchio
lunica risorsa desportazione del paese.
Lindustria più fiorente è quella che produce mattoni di argilla, cotti
con il fuoco di legna, utilizzati però, solo nelle costruzioni finanziate dalle
associazioni umanitarie (ospedali, scuole, chiese, ecc.).
Il lavoro dipendente è dato, per la maggior parte, dallo Stato e dalle associazioni
umanitarie per lo svolgimento di propri progetti.
Il piano dintervento del governo per il risanamento ambientale delle abitazioni
è quello della costruzione di "latrine" presso le abitazioni stesse.
Ho visto persone senza unetà precisa, mi era impossibile definirne gli
anni, che andavano al mercato con una gallina in mano e tornare la sera con
la stessa gallina, con la consapevolezza di non avere altro che questo animale
da poter scambiare con altri prodotti alimentari per il sostentamento della
famiglia. Al mercato si va per scambiare qualcosa, non per acquistare con denaro,
perché la gente in Ruanda di soldi non ne ha.
Anche le capre e le mucche, poche per la verità, sono un bene prezioso da considerare
per la sopravvivenza, tanto da essere custodite accanto alla propria stanza.
Una mucca, in situazione normale, produce un litro di latte al giorno. Questo
ci dimostra quanto povera sia leconomia domestica di queste persone.
Ora, un governo di pacificazione nazionale, tutzi e hutu, cerca la normalizzazione
e la riconciliazione, con la supervisione di organismi internazionali dellOnu,
peraltro molto deboli o quasi inesistenti.
Un quadro come questo è senza speranza?
Risposte io non ne ho, ho questa grande sensazione dimpotenza da un
lato, e buona volontà dallaltra ma decisamente piena di grandi interrogativi,
anche riguardo alla possibilità che queste persone hanno di poter sperare nella
vita.
Considerati i vari problemi esistenti: la salute, la scuola di base, la scuola
secondaria, lemancipazione economica, culturale e politica, si possono
esaminare diversi progetti che permettano di superare il livello di sopravvivenza
e che possa permettere relazioni umane basate sulla prospettiva di un cambiamento.
Insieme potremmo confrontarci per una verifica che vada aldilà dei buoni sentimenti
ma nello stesso tempo possa "comprendere" i bisogni di queste persone
e della situazione generale.
L'obbiettivo più importante è riuscire ad incidere sulleconomia domestica,
permettendo un surplus, quello che noi chiamiamo guadagno.
Si tratta di poter avere un chilo di fagioli per la sopravvivenza più un etto
che possa essere accantonato per poterlo scambiare, dando inizio così ad una
piccola economia.
Sul piano culturale-economico si dovranno: "permettere prestiti sulla fiducia,
prestiti alla persona, alluomo, non prestiti con ipoteche, ecc."
"Io oggi ti do una capra, tu domani mi darai un capretto, che io poi darò
ad un altro" e così via.
"Io oggi ti do 50 chili di semi di patate e tu me ne darai 50 con il successivo
raccolto".
"Io ti offro formazione, strumenti, tecnologia perché tu possa essere autonomo
nelle tue scelte future e non dipendente e debitore a vita".
Questi progetti sono ancora troppo pochi, rispetto allintervento di assistenza
alimentare. Per noi è facile portare gli avanzi del riso, non sappiamo cosa
farne; lo stesso per la soia, ecc. Ci costa ancora troppo rinunciare ai guadagni
sui trattori, sulle tecnologie, sui generatori di corrente, sul petrolio, ecc.
Attualmente, è difficile la costruzione di relazioni umane, anche perché linvidia
di beni posseduti da altri, in situazioni limite, fa sì che la vita stessa venga
minacciata.
Tutsi o Hutu diventano cosi entità economiche di sfruttamento piuttosto che
elementi di valore etnico.
Lincomprensione di queste realtà non riguarda solo i mass-media, riguarda anche noi. La domanda rimane quella iniziale: noi stiamo facendo forse solo dellassistenzialismo?