[ 1.
Chiesa e mass-media ] [ 2.
Verso un marketing del sociale ][ 3. Comunicare l'invisibile ][ 4.
Solidarietà e inganno ]
[ 5.
I soldi dei poveri per fare informazzione ] [ 6.
La testata informativa "Caritas Insieme" ] [ Un
pò di storia ]
Per l''informazione valgono le stesse leggi dell'economia, per cui vi sono
potenti che impongono la loro cultura, penetrandoci fin nelle midolla, senza
che noi ci possiamo apparentemente fare granché. Da un lato il villaggio
si globalizza sempre di più, mentre dall'altro, gli esclusi sono sempre
più tagliati fuori dalla possibilità di dire la loro. La Chiesa,
nonostante le mondo-visioni e la sua presenza nei media, rischia di essere,
fra questi esclusi.
Ma come dice Giovanni Paolo II, le colpe non sono tutte da una parte sola. Se
è vero che la cultura dominante ha tutto l'interesse ad ingoiare la Chiesa
fra le miriadi di istanze che si muovono nel vortice dell'informazione, utilizzando
prevalentemente lo strumento della derisione della minimizzazione, anche nella
Chiesa si rischia di perdere il treno perché si tenta di usare la cultura
della comunicazione con lo stesso criterio che andava bene per parlare dal pulpito.
Abbiamo un'occasione incredibile di diffusione del Vangelo, ma dobbiamo cambiare
testa, convertirci alla cultura dei media, con realistica presa d'atto che il
mondo cambia e, o cambiamo con lui, o saremo fuori dal gioco.
Shakespeare diceva: "Non basta solo parlare, si deve anche saperlo fare
nella giusta maniera." A duecento anni di distanza Giovanni Paolo II dice
la stessa cosa: la comunicazione così come si è evoluta negli
ultimi decenni è un'occasione straordinaria di annuncio dell'unica verità
che conta per l'uomo, purché lo si faccia senza timore dei mezzi e stando
dentro al gioco.
La battaglia sembra più drammatica, perché di vaste proporzioni,
ma è quella di sempre: dire l'invisibile, testimoniare una verità
che pochi vogliono ascoltare, giudicare il mondo e le sue regole con l'autorità
di una identità che non ci siamo costruiti noi, ma ci è stata
donata e di cui noi siamo solo messaggeri fragili, incoerenti, ma rapiti dall'abbondanza
di una vita che non può tacere dinanzi ai progetti di morte che ci sovrastano.
Nel mondo non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, nemmeno nel
campo dell'informazione. Una cattiva informazione cristiana è peggio
di una buona disinformazione laicista.
Se lo scopo di Caritas Ticino è di sostenere gli esclusi, non vi è
spazio migliore dell'informazione in cui agire. Qui non solo la Chiesa è
relegata nelle catacombe del ridicolo pubblicitario o degli scandali a sfondo
più o meno sessuale, ma la cultura della solidarietà è
minacciata dalle onde dell'odiens, dalle mode della bontà di massa o,
peggio, semplicemente dalla fretta di un'informazione che viaggia al ritmo delle
valanghe dei dispacci di agenzia. Di fronte a questa sfida Caritas Ticino, aveva
due strade da scegliere:
1. Poteva tirare a campare e buttare tra gli altri anche il suo manifesto per
la colletta nelle bucalettere straripanti dei poveri parroci, tentando così
di raggranellare qualche spicciolo, o pubblicare il bollettino sperando che
qualche anziano di buon cuore, leggendolo mandasse un obolo. Forse per un po'
di tempo sarebbe sopravvissuta, poi sarebbe stata inghiottita dalla macchina
inesorabile dell'invecchiamento e dell'assenza dagli spazi di comunicazione
sociale.
2. L'altra possibilità che invece ha scelto è stata quella di
accettare il rischio di sporcarsi le mani, di cacciarsi nel groviglio dei sistemi
di comunicazione, con un unico progetto sul tavolo: dar voce agli esclusi, sia
perché poveri e senza mezzi per essere ascoltati, sia perché ricchi
di umanità ma incapaci di adeguarsi al linguaggio mediatico.
La posta in gioco è altissima: la sopravvivenza, non solo come strumento
di informazione, ma come Caritas Ticino, organo di servizio della Chiesa locale
per i poveri. Il metodo scelto è rischioso: fermare nella corrente quotidiana
dell'informazione quelle notizie che rimangono sommerse, quelle speranze che
rimangono inascoltate, per amplificarle il più possibile, con i poveri
mezzi che Caritas Ticino dispone: un'ora di televisione a settimana, 15 minuti
di radio e 48 pagine di rivista ogni due mesi. La crescita esponenziale di Caritas
Insieme nei suoi indici d'ascolto dice comunque che il rischio valeva il gioco.