[ 1. Chiesa e mass-media ] [ 2. Verso un marketing del sociale ][ 3. Comunicare l'invisibile ][ 4. Solidarietà e inganno ]
[ 5. I soldi dei poveri per fare informazzione ] [ 6. La testata informativa "Caritas Insieme" ] [ Un pò di storia ]


3) Comunicare l'invisibile

3.1) O si cambia o si tace

Per l''informazione valgono le stesse leggi dell'economia, per cui vi sono potenti che impongono la loro cultura, penetrandoci fin nelle midolla, senza che noi ci possiamo apparentemente fare granché. Da un lato il villaggio si globalizza sempre di più, mentre dall'altro, gli esclusi sono sempre più tagliati fuori dalla possibilità di dire la loro. La Chiesa, nonostante le mondo-visioni e la sua presenza nei media, rischia di essere, fra questi esclusi.
Ma come dice Giovanni Paolo II, le colpe non sono tutte da una parte sola. Se è vero che la cultura dominante ha tutto l'interesse ad ingoiare la Chiesa fra le miriadi di istanze che si muovono nel vortice dell'informazione, utilizzando prevalentemente lo strumento della derisione della minimizzazione, anche nella Chiesa si rischia di perdere il treno perché si tenta di usare la cultura della comunicazione con lo stesso criterio che andava bene per parlare dal pulpito. Abbiamo un'occasione incredibile di diffusione del Vangelo, ma dobbiamo cambiare testa, convertirci alla cultura dei media, con realistica presa d'atto che il mondo cambia e, o cambiamo con lui, o saremo fuori dal gioco.


3.2) Nella cultura dell'immagine "come" conta quanto "che cosa"

Shakespeare diceva: "Non basta solo parlare, si deve anche saperlo fare nella giusta maniera." A duecento anni di distanza Giovanni Paolo II dice la stessa cosa: la comunicazione così come si è evoluta negli ultimi decenni è un'occasione straordinaria di annuncio dell'unica verità che conta per l'uomo, purché lo si faccia senza timore dei mezzi e stando dentro al gioco.
La battaglia sembra più drammatica, perché di vaste proporzioni, ma è quella di sempre: dire l'invisibile, testimoniare una verità che pochi vogliono ascoltare, giudicare il mondo e le sue regole con l'autorità di una identità che non ci siamo costruiti noi, ma ci è stata donata e di cui noi siamo solo messaggeri fragili, incoerenti, ma rapiti dall'abbondanza di una vita che non può tacere dinanzi ai progetti di morte che ci sovrastano. Nel mondo non ci sono i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, nemmeno nel campo dell'informazione. Una cattiva informazione cristiana è peggio di una buona disinformazione laicista.


3.3) Caritas Ticino vive per informare, informa per vivere

Se lo scopo di Caritas Ticino è di sostenere gli esclusi, non vi è spazio migliore dell'informazione in cui agire. Qui non solo la Chiesa è relegata nelle catacombe del ridicolo pubblicitario o degli scandali a sfondo più o meno sessuale, ma la cultura della solidarietà è minacciata dalle onde dell'odiens, dalle mode della bontà di massa o, peggio, semplicemente dalla fretta di un'informazione che viaggia al ritmo delle valanghe dei dispacci di agenzia. Di fronte a questa sfida Caritas Ticino, aveva due strade da scegliere:
1. Poteva tirare a campare e buttare tra gli altri anche il suo manifesto per la colletta nelle bucalettere straripanti dei poveri parroci, tentando così di raggranellare qualche spicciolo, o pubblicare il bollettino sperando che qualche anziano di buon cuore, leggendolo mandasse un obolo. Forse per un po' di tempo sarebbe sopravvissuta, poi sarebbe stata inghiottita dalla macchina inesorabile dell'invecchiamento e dell'assenza dagli spazi di comunicazione sociale.
2. L'altra possibilità che invece ha scelto è stata quella di accettare il rischio di sporcarsi le mani, di cacciarsi nel groviglio dei sistemi di comunicazione, con un unico progetto sul tavolo: dar voce agli esclusi, sia perché poveri e senza mezzi per essere ascoltati, sia perché ricchi di umanità ma incapaci di adeguarsi al linguaggio mediatico.

La posta in gioco è altissima: la sopravvivenza, non solo come strumento di informazione, ma come Caritas Ticino, organo di servizio della Chiesa locale per i poveri. Il metodo scelto è rischioso: fermare nella corrente quotidiana dell'informazione quelle notizie che rimangono sommerse, quelle speranze che rimangono inascoltate, per amplificarle il più possibile, con i poveri mezzi che Caritas Ticino dispone: un'ora di televisione a settimana, 15 minuti di radio e 48 pagine di rivista ogni due mesi. La crescita esponenziale di Caritas Insieme nei suoi indici d'ascolto dice comunque che il rischio valeva il gioco.